Io mi ricordo tutto. È ‘na strunzata che la cocaina ti scassa la memoria, so trent’anni che la tiro e non mi sono dimenticato niente. Io me la ricordo tutta la cocaina che mi sono tirato. Del resto tutti hanno tirato in questi anni di merda, chi è che non l’ha fatto? Soltanto i poveri non hanno pippato, e non sanno quello che si sono persi.
La vulgata vuole che dopo tre-quattro giorni nel sangue non ne resti traccia. E che non ti aiuti neanche tanto, al massimo qualche manciata di minuti di iperattività. Poi arrivano gli effetti negativi, soprattutto a lungo termine. Così dicono. Una droga ricreativa, una droga per ricchi. Ma neanche questo è sempre vero.
Per rendersene conto basta guardare i primi due casi noti di calciatori italiani con problemi di cocaina, forse i due più tragici in assoluto. È la storia di due semisconosciuti, due giovani promesse che finiscono nel peggiore dei modi, che proprio peggio non si potrebbe. Michele Rogliani nasce a Venezia nel 1961 e l’etichetta di nuovo Paolo Rossi lo raggiunge a neanche vent’anni, quando gioca nella giovanili del Lanerossi Vicenza. Coca, poi eroina (passaggio raro, almeno sembra, tra i calciatori) e una terrificante morte per asfissia nell’85, dopo essersi addormentato con la sigaretta.
L’altro caso è quello Edoardo Bortolotti, giovane stopper del Brescia a inizio anni ’90. Entrato nel giro dell’Under 21 di Cesare Maldini si distrugge un ginocchio in uno scontro con Paci della Lucchese. Al rientro in campo, anzi semplicemente in panchina, alla fine della stagione ’90-’91, risulta positivo all’antidoping. Dopo i falliti tentativi di rilanciarsi nelle categorie inferiori finisce per buttarsi dalla finestra, morendo sul colpo. Una storia quasi esemplare, in negativo, o almeno così è stata raccontata: la promessa che s’infortuna, si deprime e comincia a drogarsi, finendo per togliersi la vita.
La cocaina è la droga latinomericana per eccellenza, e se ad abusarne è un calciatore che viene da quelle parti la riprovazione morale è attenuata, come se laggiù si usasse così. Nessuno quindi in Italia si stupisce troppo quando Pato Aguilera viene arrestato nel 1994 per sfruttamento della prostituzione e cessione gratuita di un grammo di cocaina.
Continua a leggere su Valderrama