Vanilla LatteBurundi, il governo uccide gli oppositori casa per casa

La denuncia dell’attivista Marguerite Barankitse, simbolo dell’opera umanitaria in Africa e oggi minacciata di morte dal regime burundese: «Stanno ammazzando tutti gli oppositori»

Nel suo rapporto sullo stato di salute dei diritti umani nel mondo per il 2014/15, in riferimento allo stato africano del Burundi, Amnesty International evidenziava l’intensificarsi della «repressione delle voci dissidenti da parte del Governo», di aumento delle «violazioni dei diritti di libertà di espressione, di associazione e di pacifica assemblea pubblica» e maggiori restrizioni verso «opposizione, attivisti, legali e giornalisti», aggiungendo che gli incontri e le marce non erano autorizzate.

Oggi, a distanza di mesi dalla pubblicazione del rapporto, le cose non sembrano essere migliorate, come riportano le cronache di un Paese in cui è tornato a scorrere il sangue. «La situazione, ora, è davvero drammatica: stanno ammazzando tutte le persone che si sono opposte alla possibilità di un terzo mandato del Presidente Nkurunziza». A denunciarlo, una personalità del calibro di Marguerite Barankitse, ovvero colei che, dal 1993 a oggi, ha aiutato oltre ventimila bambini africani fornendo loro rifugio. Un simbolo dell’opera umanitaria in Africa, più volte premiata in tutto il mondo per le molte vite che ha salvato. La quale, oggi, minacciata di morte dal regime burundese, sta cercando di sensibilizzare le istituzioni internazionali – Nazioni Unite, Unione Europea, Unione Africana – sulla situazione del suo Paese d’origine.

«La situazione, ora, è davvero drammatica: stanno ammazzando tutte le persone che si sono opposte alla possibilità di un terzo mandato del Presidente Nkurunziza»


Marguerite Barankitse

«Hanno fotografato tutti i giovani che hanno protestato, li hanno identificati e ora li vanno a prendere a casa, uno per uno, e li sottopongono a tortura oppure li uccidono direttamente. Bisogna fermare questa strage», aggiunge Barankitse, 58enne burundese di etnia Tutsi. La situazione di crescente conflitto sta causando un forte fenomeno migratorio. «Moltissime persone hanno già abbandonato il Paese», spiega. «Sono più di 200mila i burundesi rifugiati in Congo, in Ruanda, in Tanzania. Tutti i difensori dei diritti umani, così come i giornalisti indipendenti del Burundi, oltre cinquanta reporter, sono fuggiti, perché finiti nella lista nera del governo. Io stessa sono scappata, trovando rifugio a Kigali, capitale del Ruanda».

Nessuno riesce a fermare l’offensiva del Presidente. «Nkurunziza non è pronto a negoziare. Le vie diplomatiche non hanno funzionato: l’Onu ci ha provato, così come il Presidente americano Obama, la Ue, l’Unione Africana. Niente da fare, il governo non vuole ascoltare nessuno», nota ancora. «Nel frattempo, in Burundi continua il massacro, le squadre della morte uccidono le persone, le bruciano vive e gettano i loro corpi per strada. È una situazione di emergenza, e bisogna fare qualcosa».

Marguerite Barankits dal 1993 a oggi, ha aiutato oltre ventimila bambini africani fornendo loro rifugio. È un simbolo dell’opera umanitaria in Africa e oggi è minacciata di morte dal regime burundese

Di passaggio per circa una settimana in Italia, Marguerite Barankitse ha incontrato alcune realtà dell’associazionismo e del volontariato, per poi proseguire il suo percorso a Bruxelles, nella sede dell’Unione Europea. «Se continuano di questo passo, proveranno a cambiare il conflitto e a farlo sembrare “etnico”, ma non è così. Non è hutu contro tutsi. È il governo contro i suoi oppositori, in uno scontro sempre più sanguinoso: è in atto un “genocidio politico” del tutto insensato», aggiunge.

Un elemento, quello della “evoluzione” dello scontro, non più puramente etnico, già evidenziato dall’esperto Fabrizio De Longis, giornalista e autore del libro “L’apartheid dimenticato. La democrazia del machete in Burundi”, che lo scorso maggio aveva dichiarato a Linkiesta che «non c’è più una contrapposizione tra etnia Hutu ed etnia Tutsi: la tematica non è più solo etnica, ma stanno entrando in gioco degli elementi politici, in parte democratizzanti». E quanto avviene in Burundi potrebbe avere conseguenze sull’intera regione: «Se in Burundi non si fermano gli scontri, il conflitto potrebbe sfociare in Congo, poi in Ruanda. Non è un problema di un solo Paese. Dobbiamo prestare la massima attenzione, e la comunità internazionale deve intervenire prima che sia troppo tardi».

«Hanno fotografato tutti i giovani che hanno protestato, li hanno identificati e ora li vanno a prendere a casa, uno per uno, e li sottopongono a tortura oppure li uccidono»

Quando parla di “intervenire”, l’umanitaria non intende per vie diplomatiche. Servono “boots on the ground”, forze di terra, per un intervento di peace-keeping. «La comunità internazionale deve mandare le truppe per difendere la gente e per fermare il massacro. Non possiamo più permetterci di negoziare, perché quello che resta dell’opposizione non può neppure mettere piede nel Paese. Altri sono stati ammazzati: hanno cercato di uccidere anche Pierre-Claver Mbonimpa, il “Mandela burundese”, oggi in ospedale in Europa. Cerchiamo protezione internazionale».

«La comunità internazionale deve mandare le truppe per difendere la gente e per fermare il massacro. Non possiamo più permetterci di negoziare, perché quello che resta dell’opposizione non può neppure mettere piede nel Paese»

Anche se in fuga, Marguerite sta ora aiutando i rifugiati burundesi in Ruanda, attraverso la sua organizzazione non-profit Maison Shalom. Un’opera per cui serve l’aiuto di tutti, compresi i cittadini europei. «Abbiamo aperto un ufficio in Ruanda per aiutare i giovani rifugiati, e quelli mutilati dalle violenze: ci sono oltre ventimila ragazzi che erano studenti universitari in Burundi, e oggi non possono neppure studiare perché messi in fuga dal conflitto. Vorrei reperire le risorse per aiutare le donne e i bambini nei campi profughi, che soffrono la fame. Vogliono solamente tornare nel loro paese, hanno bisogno di speranza». E per chi la vuole morta, la persona che ha salvato migliaia di vite mantiene la sua tempra e il suo sorriso: «Noi resistiamo. Il male non avrà l’ultima parola. La nostra battaglia è nobile, è una missione, è una chiamata. E non riusciranno a fermarci. Mai».

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