Gli italiani dormono poco e male. C’è chi si rigira nel letto per ore, cercando la posizione giusta per prendere sonno. Chi trascorre le lunghe ore notturne sul divano, davanti alla televisione. Quello che colpisce è la diffusione del disturbo: nel nostro Paese gli insonni cronici sono oltre 4 milioni. Di questi, due milioni e mezzo seguono un trattamento farmacologico da oltre un anno.
A svelare una realtà poco conosciuta è la proposta di legge presentata da Gian Luigi Gigli a Montecitorio. Il deputato del gruppo Per l’Italia, medico, è un professore ordinario di neurologia. Leggendo il documento si scopre che la mancanza di riposo notturno rappresenta un vero e proprio rischio per la salute. L’impatto dei disturbi del sonno su numerose malattie è scientificamente provato. In generale non riposare accuratamente può portare a disfunzioni del sistema immunitario. Sono dimostrate correlazioni con disturbi psichiatrici, come ansia e depressione, ma anche con patologie internistiche come l’asma, la cefalea, l’obesità e l’artrosi. Ma dormire poco fa soprattutto male al cuore. «Studi recenti – si legge – hanno evidenziato come gli insonni che dormono meno di cinque ore per notte vadano più facilmente incontro a ipertensione arteriosa, aumentando il rischio coronarico acuto e cardiovascolare (da 1,5 a 4 volte) rispetto ai buoni dormitori». È un problema che ci riguarda da vicino, anche se non tutti ne sono consapevoli. Basta pensare che negli ambulatori di medicina generale di tutta Italia, oltre il 60 per cento dei pazienti che lamentano un disturbo non legato al sonno, ammettono tuttavia di non riposare adeguatamente di notte.
«Studi recenti hanno evidenziato come gli insonni che dormono meno di cinque ore per notte vadano più facilmente incontro a ipertensione arteriosa, aumentando il rischio coronarico acuto e cardiovascolare (da 1,5 a 4 volte) rispetto ai buoni dormitori»
La proposta di legge è stata depositata ormai due anni fa. Assegnata in commissione Affari sociali è ancora in attesa di essere esaminata. È un provvedimento semplice: quattro articoli in tutto per istituire adeguate strutture di medicina del sonno sul territorio. Ma anche per prevedere campagne di comunicazione in grado di migliorare la prevenzione, la diagnosi e la cura. È nell’interesse di chi è affetto da questi disturbi, ma anche del Servizio Sanitario Nazionale. «La medicina del sonno – si legge nella relazione – non solo rappresenta una sentinella contro malattie ad elevato impatto epidemiologico e con pesanti costi sociali, ma consente anche di allargare le conoscenze scientifiche sulla fisiologia notturna della nostra esistenza e di garantire maggiore salute nel breve e nel lungo termine».
Ma perché è tanto difficile prendere sonno? La causa più diffusa di insonnia è la sindrome delle gambe senza riposo. Si tratta di un disturbo del movimento. «La necessità irresistibile di muovere le gambe obbliga il paziente ad alzarsi e camminare ritardando l’addormentamento e rendendo il sonno molto disturbato e instabile». In Italia interessa tra il 5 e il 10 per cento della popolazione adulta, costringendo spesso a uno specifico trattamento farmacologico. L’impatto clinico-sociale è ovviamente rilevante, tanto che il costo sanitario è pari a quello di malattie neurologiche come il morbo di Parkinson e la sclerosi multipla.
La sindrome delle gambe senza riposo è la prima causa di insonnia. In Italia interessa tra il 5 e il 10 per cento della popolazione adulta. Il costo sanitario è pari a quello di malattie neurologiche come il morbo di Parkinson e la sclerosi multipla
Tra le malattie del sonno più frequenti, un posto di rilievo spetta alla sindrome delle apnee ostruttive del sonno (OSAS). In Italia ne soffrono quasi due milioni di persone. La maggior parte sono adulti di sesso maschile, spesso affetti da obesità. È una patologia caratterizzata «da russamento e da pause respiratorie notturne che determinano ipo-ossigenazione intermittente e marcata frammentazione del sonno». Tra le patologie respiratorie è seconda, per diffusione, solo all’asma e alla broncopneumopatia cronica. Le conseguenze sono diverse, anche gravi. All’inevitabile sonnolenza diurna bisogna aggiungere l’aumentato rischio di patologie cardio e cerebro-vascolari. Un esempio? «Un paziente con almeno 30 apnee per ogni ora di sonno incrementa di oltre cinque volte il rischio di mortalità per infarto miocardico rispetto alla popolazione di controllo».
È molto meno diffusa la narcolessia, una malattia rara che ha però un impatto altamente invalidante sulla qualità della vita. Il disturbo insorge di solito in età giovanile, per poi proseguire negli anni. Si tratta di una patologia caratterizzata «da attacchi di sonno incoercibili, spesso associati a cataplessia (perdita repentina del tono muscolare in seguito a stimolazioni emotive) e a sonno notturno molto frammentato e discontinuo».