Non solo rimborsi per pensionati e dipendenti pubblici. Nel bilancio dello Stato si dovrà tenere conto anche dei risarcimenti da versare agli immigrati per le tasse eccessive pagate per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno negli ultimi tre anni. In una sentenza di inizio settembre, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito che il contributo aggiuntivo, la cosiddetta “tassa sullo straniero”, da 80 a 200 euro introdotto a gennaio 2012 è spropositato. E ora agli sportelli dell’Inca, il patronato della Cgil, si stanno raccogliendo le richieste di risarcimento da recapitare al ministero delle Finanze. «Una famiglia di stranieri arrivava a pagare anche mille euro per il rinnovo del permesso di tutti i componenti», spiega Claudio Piccinini, responsabile immigrazione dell’Inca. Un impegno economico che, secondo la Corte, non è giustificato dai costi sostenuti dallo Stato per la gestione dei permessi di soggiorno, e soprattutto è di ostacolo all’integrazione.
Con un decreto del 2011 (entrato in vigore da gennaio 2012) l’allora governo Berlusconi introdusse un ulteriore contributo da pagare per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno. L’importo varia in base alla durata: 80 euro se il permesso è richiesto per un periodo da tre mesi a un anno, 100 euro tra uno e due anni, 200 euro per i soggiornanti di lungo periodo. Il ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione Andrea Riccardi, salito in carica un mese dopo con il governo Monti, più volte disse che si sarebbe dovuto mettere mano alla materia e ridurre gli importi. Ma poi non se ne fece nulla.
La tassa aggiuntiva è sproporzionata, visto che il contributo minimo richiesto è almeno otto volte la somma necessaria a un italiano per avere la carta d’identità
Dall’Inca Cgil hanno fatto prima ricorso al Tar del Lazio, che però ha deciso di aspettare il parere della Corte di giustizia europea, competente in materia di immigrazione. E poi si sono rivolti alla corte lussemburghese, che il 2 settembre scorso ha stabilito che la tassa aggiuntiva per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno è sproporzionata rispetto alle finalità. Soprattutto «considerata la circostanza che il costo per il rilascio della carta d’identità nazionale in Italia ammonta a circa 10 euro» e che «l’importo più basso fissato dal decreto del 2011 è di 80 euro, cosicché l’onere economico imposto al cittadino dello Stato terzo per ottenere il rilascio del titolo di soggiorno nel territorio nazionale è circa otto volte più elevato». Sproporizione sulla quale la corte si era già espressa in un ricorso simile presentato dall’Olanda, dove la tassa richiesta per il rilascio del permesso di soggiorno risultava sette volte quella per la carta d’identità.
Anche perché il contributo aggiuntivo si deve sommare alle tasse base standard di circa 73,50 euro uguali per tutti. «Somme non indifferenti questo da pagare ogni volta che si richiede il rinnovo del permesso di soggiorno, e che solo in parte servono a coprire le spese burocratiche del rilascio, visto che la metà finisce nel fondo per i rimpatri», dice Piccinini. Con i soldi degli stranieri regolari si mandano a casa gli irregolari.
«Bisogna allontanare l’idea che, in un momento di crisi, con gli immigrati come minimo si può fare cassa»
Dalla pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea, negli uffici dell’Inca sparsi in tutta Italia si sono cominciate a raccogliere le domande per la restituzione delle somme “sproporzionate” pagate dagli stranieri da gennaio 2012. Per informare gli immigrati, si stanno diffondendo volantini in otto lingue diverse. «Le sedi Cgil e gli uffici del Patronato Inca ti aspettano per darti informazioni e per raccogliere la richiesta di restituzione delle cifre che hai versato dal 2012 ad oggi a titolo di contributo aggiuntivo per il rilascio e rinnovo del titolo di soggiorno», si legge. C’è solo da pagare una raccomandata. Anche se, specificano dall’Inca, non si sa se si riuscirà a ottenere il rimborso né a quanto ammonteranno i risarcimenti.
«Noi auspichiamo che prima del giudizio del Tar, che ora si dovrà esprimere dopo la sentenza della corte di giustizia europea, il governo metta mano all’abolizione del decreto», dice Claudio Piccinini. Stime su quanto ammonti il risarcimento totale non ne sono state fatte, neanche in sede di battimento. Ma se si tiene conto che gli stranieri regolari in Italia sono oltre 5 milioni, non si parla di pochi spiccioli. «Ci aspettiamo che le richieste di risarcimento aumentino», dice Piccinini. «Bisogna allontanare l’idea che, in un momento di crisi, con gli immigrati come minimo si può fare cassa».