Chi ha paura della consulenza indipendente? L’Associazione Nazionale Promotori Finanziari (Anasf), a giudicare dai fatti, visto che cerca di depotenziare semanticamente la carica innovativa della Mifid 2 in Italia. Ancora una volta ci dichiariamo europeisti a parole, ma alla prova dei fatti le lobby hanno la meglio e prevalgono le difese corporative. A tutto scapito dei consumatori e della modernizzazione del nostro Paese.
Vediamo che cosa è successo. Dopo un iter lunghissimo (la saga del Trono di Spade in confronto è un attimo fuggente) è stato finalmente istituito l’Albo dei consulenti finanziari. Nel progetto di legge originario c’era una chiara distinzione tra chi fa consulenza finanziaria indipendente e chi no, operando in conflitto d’interesse e trattenendo in media due terzi delle commissioni pagate dai risparmiatori su fondi comuni, polizze unit-linked e gestioni patrimoniali. Un giochino che ai cittadini italiani dotati di qualche risparmio costa oltre 23 miliardi di euro all’anno. Tantissimo.
Ora pensateci: con una chiara distinzione tra consulenti indipendenti e consulenti che operano in conflitto d’interesse con i loro clienti – in quanto incentivati a vendere i prodotti più cari perché più redditizi per loro – il risparmiatore potrebbe optare per la consulenza indipendente; e in tal caso, fine della strenna delle commissioni, no?
Allora l’Anasf ha pensato bene di proporre un emendamento volto – sembra una barzelletta, ma non lo è purtroppo – a rimuovere il termine “indipendente”. Ovviamente il mondo dei consulenti davvero indipendenti è insorto, osservando che rimuovere il termine “indipendente” va contro lo spirito stesso della Mifid 2, che enfatizza il ruolo della consulenza finanziaria indipendente ai fini di una maggiore protezione degli investitori. Nonostante le proteste, l’emendamento proposto da Anasf è stato approvato. E così i consulenti indipendenti non possono essere chiamati “consulenti finanziari indipendenti”. No. Sono “consulenti finanziari in regime di esenzione” (sic). Ci sarebbe da trarne un soggetto cinematografico degno di Alberto Sordi.
Il giochino di operare in conflitto d’interesse e trattenere due terzi delle commissioni pagate dai risparmiatori costa ai cittadini italiani oltre 23 miliardi di euro all’anno
L’Associazione nazionale promotori finanziari ha proposto un emendamento che rimuove il termine “indipendente” dal nuovo albo dei consulenti finanziari. Il mondo dei consulenti finanziari è insorto
E non finisce qui. Viene posticipata di un anno (al 2018) la normativa europea Mifid 2, che obbliga gli intermediari a dichiarare esplicitamente ai clienti quale porzione delle commissioni da loro pagate remunera vendita e consulenza. La motivazione addotta per tale rinvio è: “Per dare più tempo agli intermediari per prepararsi”. Sembra solo burocrazia, ma non è così. Sono altri due anni nei quali i risparmiatori pagheranno senza sapere bene per che cosa stanno pagando: un servizio di gestione, di consulenza finanziaria, o una mera vendita?
Sono pochi i risparmiatori consci del fatto che in genere due terzi delle commissioni pagate (che riducono direttamente la performance dei loro investimenti) va a remunerare la struttura di vendita, e non la gestione. Forse, se lo sapessero, investirebbero altrove. Probabilmente opterebbero per investimenti meno onerosi, come i fondi comuni collocati direttamente dalle società di gestione (execution only), o quotati in Borsa, oppure gli Etf. Valutando poi serenamente la consulenza finanziaria a parte, in base a qualità del servizio e prezzo. Ma questa sarebbe la fine della pacchia per chi oggi campa di queste obese commissioni. E allora, guarda un po’ che combinazione, viene rinviata l’entrata in vigore della Direttiva Mifid 2, quella che porta la trasparenza sulle commissioni. La lobby finanziaria italiana dominante ringrazia sentitamente.
È stata rinviata la normativa Mifid 2: sono altri due anni nei quali i risparmiatori pagheranno senza sapere bene per che cosa stanno pagando
Rinviando la Mifid 2 e rendendo indistinguibile chi fa genuina consulenza da chi opera in conflitto d’interesse la democratizzazione del risparmio segna il passo. È una guerra di trincea che vede le grandi reti bancarie e di promotori arroccate contro il nuovo che avanza. È una lotta nel nome dell’asimmetria informativa, sostenuta da una potente lobby che si batte per fare in modo che i risparmiatori italiani continuino a pagare tanto per i prodotti di risparmio, ignorando la verità: il cliente deve essere mantenuto all’oscuro, e tutta la materia finanziaria deve essere presentata come impenetrabile e difficile, a partire dalla terminologia. Questa è l’essenza dell’asimmetria informativa, una cortina fuomogena creata per evitare che il risparmiatore inizi a pensare con la propria testa. E questa è la finanza italiana nel 2015.
Ma cambierà.
Pensate solo a quanto sono cambiati da una decina d’anni a questa parte turismo, editoria, offerta educativa (con i MOOC) e vendita di beni di consumo d’ogni genere, dall’elettronica alle auto. Si tratta della cosiddetta “consumerizzazione” (termine orrendo ma dal significato positivo per i consumatori), in buona parte favorita dalla tecnologia e dal web: significa che il potere della domanda è cresciuto rispetto a quello delle aziende. E, in sostanza, una porzione del prezzo pagato che prima andava agli intermediari, è tornato ai consumatori, sotto forma di prezzi più bassi.
La finanza italiana vive di asimmetrie informative: ma cambierà, sotto i colpi del Fintech
Succederà anche nel mondo dei servizi finanziari. In base al Millenials Disruption Index, il 71% dei cosiddetti Millenials (i nati tra il 1981 e il 2000) preferisce andare dal dentista che ascoltare ciò che dice la banca, mentre il 68% afferma che da qui a cinque anni cambierà totalmente il modo con cui si accede e si gestisce il denaro. Il settore Fintech cresce ovunque e i leader della tecnologia Amazon, Apple, Google, Intuit e PayPal hanno formato Financial Innovation Now, una coalizione volta a promuovere politiche innovative nel mondo dei servizi finanziari.
C’è verosimilmente un futuro roseo per risparmiatori, un mondo di maggiore simmetria informativa, con più concorrenza. Ciò significa un’industria del risparmio più efficiente, con maggior uso di tecnologia Fintech, costi più bassi e servizi finanziari accessibili a un’ampia fetta di cittadini. I bravi consulenti finanziari avranno solo da guadagnarne, perché potranno servire una porzione più ampia di popolazione, segmentandola più efficacemente. Quelli che non sanno fornire vera consulenza, figli dei vecchi tempi, quando la competizione era poca e i risparmiatori ne sapevano ancora meno di adesso, quelli che basano tutto sulla “relazione” e non sul servizio, alla fine saranno sorpassati dagli eventi. Come i dinosauri.