Burke e Garcia Ovejero, il Vaticano guarda all’America

Il nuovo portavoce del Papa, Greg Burke, proviene dagli Usa. La sua prima collaboratrice è Paoloma Garcia Ovejero, ispanofona. La comunicazione secondo Bergoglio guarda sempre meno all'Italia e all'Europa, e sempre più al continente americano

Nuovi vertici per la Sala stampa della Santa Sede: se ne va dopo dieci anni – era stato chiamato da Benedetto XVI nel luglio del 2006 – padre Federico Lombardi, gesuita, 74 anni; nei mesi scorsi scorsi aveva lasciato il suo posto anche padre Ciro Benedettini, il vice di Lombardi e già di Joaquin Navarro Valls. La comunicazione vaticana ora cambia volto, si ‘modernizza’, innesta una marcia più alta, cambia velocità e piloti. Se il tutto funzionerà è cosa tutta da vedere naturalmente: gli ingredienti nuovi ci sono ma dovranno dare un risultato da alta cucina; intanto, però, la novità è forte. Dal primo agosto arriva Greg Burke, 56 anni, americano, membro dell’Opus Dei, a lungo corrispondente dall’Italia per testate importanti come Time e Fox news; era già stato nominato vice di Lombardi al posto di Benedettini dopo aver ricoperto un incarico come esperto di media presso la Segreteria di Stato.

Sarà affiancato da una donna, Paoloma Garcia Ovejero, giornalista spagnola, 41 anni, stile professionale e sicuro, corrispondente dall’Italia e dal Vaticano per la Cope, la radio della conferenza episcopale spagnola, oltre che per altre tesate. Le note biografiche non sono solo pro-forma, ci dicono anzi varie cose. Intanto che il ‘ticket’ è interamente laico, si tratta di due credenti impegnanti sul fronte dei media; poi c’è la presenza di una donna, fatto pure significativo, un segno di rottura rispetto al passato. Tuttavia è bene sottolineare che diverse conferenze episcopali per non dire di diocesi anche importanti nel mondo, hanno già affidato la comunicazione a figure femminili. E forse, allora, il dato più rilevante è ancora un altro, ovvero il fatto che nessuno dei due sia italiano. Per cui lo schema generale ora è il seguente: papa argentino e gesuita, portavoce americano opus dei, vice spagnola (il che implica soprattutto una comunicazione facilitata con tutta l’America Latina).

Lo schema generale ora è il seguente: papa argentino e gesuita, portavoce americano opus dei, vice spagnola, il che implica soprattutto una comunicazione facilitata con tutta l’America Latina

Il pontificato vira a occidente verso le Indie, per dirla all’antica, la Chiesa ha scoperto l’America e il fatto sembra esserle piaciuto. Già con Giovanni Paolo II era successo qualcosa di parzialmente simile, papa polacco portavoce spagnolo e dell’ ‘Obra’, laico, considerato esperto di rapporti con i media verso i quali lo stesso Wojtyla aveva una sua speciale predilezione naturale. Francesco pure buca lo schermo, è una calamita mediatica, e in più ha rotto ogni tabù nel rapporto con i media: rilascia interviste, conversa, ragiona a voce alta. Il che complica non poco il lavoro dei suoi comunicatori intermediari, costretti, a volte, a confermare, precisare, distillare le parole del vescovo di Roma. D’altro canto la nomina della coppia Burke-Garcia, corrisponde a un più generale riassetto dei media vaticani, ora posti sotto il controllo di un dicastero, la Segreteria per la comunicazione, guidata da monsignor Dario Edoardo Viganò, che dovrà rendere più efficiente la rete dei media d’Oltretevere, il che potrebbe comportare riassetti sia sul fronte organizzativo che su quello dei budget.

Ma al di là del procedere dei cambiamenti interni alla Curia, gestire la comunicazione vaticana non è semplice. Lombardi è passato attraverso due pontificati, le dimissioni senza precedenti di un papa, due processi penali interni ai sacri palazzi contro furti e fughe di documenti riservati dalla Santa Sede, ha vissuto il culmine dello scandalo degli a abusi sessuali che ha avuto picchi internazionali, dall’Irlanda, agli Stati Uniti, alla Germania al Vaticano passando per molte realtà locali e diocesi. E poi lo sbandamento interno dovuto alla revoca delle scomuniche ai quattro vescovi lefebvriani, le critiche e gli attacchi internazionali, quindi ha dovuto dare ragione ai media dei guai finanziari come delle riforme economiche, tra cadute clamorose come il blocco dei bancomt vaticani da parte delle autorità italiane, e la trasformazione dei dicasteri e delle strutture che si occupano di beni temporali.

Certo, non ci sono stati solo momenti drammatici: basti pensare agli innumerevoli viaggi apostolici di Benedetto XVI e Francesco che hanno segnato ancora profondamente il cammino ella Chiesa, e poi l’ecumenismo, le encicliche, i documenti che hanno cambiato il volto del cattolicesimo, i due recenti sinodi sulla famiglia, il negoziato per la pace fra Cuba e Stati Uniti in cui la Santa Sede ha ricoperto un ruolo decisivo, l’incontro fra papa Francesco e Kirill il patriarca ortodosso di Mosca. Per citare solo una parte minima degli eventi di rilievo di questi dieci anni. Abbiamo messo in luce in modo particolare le ‘crisi’, però, per una ragione: è in questi frangenti che un’istituzione universale come la Chiesa di Roma entra nel frullatore globale delle news, che vacilla, che il conflitto fra tradizione e post-modernità diventa esplosivo.

La Chiesa parla al mondo e in primo luogo a quella parte del globo, l’America, in cui i fedeli sono ancora un esercito

Lombardi, ha affrontato la cosa come ha potuto, ma senza imporre ‘politiche’ specifiche. Ha stabilito con i media un rapporto un po’ fuori dal tempo, fondato sulla reciproca responsabilità, quella del giornalista e quella del portavoce; una comunicazione dal volto umano anche in momenti in cui ‘gli scandali’ facevano scalpore. E a volte è stata proprio l’umanità, la normalità del dialogo offerta dal gesuita a capo della Sala stampa, a salvare l’immagine del Vaticano già compromessa. Una lezione viene da questa storia. E lo stesso Burke, sembra averne colto l’essenza quando ha detto alla Radio Vaticana, a commento della sua nomina, che padre Lombardi ha una qualità in certo modo sorprendente: la gentilezza con tutti. Può sembrare retorico, ma si badi che in certi giorni, il clamore che può investire un singolo governo, è niente rispetto alla buona o cattiva stampa, che si occupa della Santa Sede: dall’Australia alla Cina, all’America. Insomma, è un lavoro da superpoteri e nervi saldi, sapendo fin dal principio che la navigazione sarà agitata e che alle bonacce seguiranno improvvise tempeste.

Forse, ora, la sala stampa della Santa Sede ha bisogno di un restyling, forse per una Chiesa universale c’è bisogno di un salto di qualità. Ma di sicuro se le riforme di Francesco, anche rispetto alla Curia, andranno avanti, non sarà facile per i successori di Lombardi raccontare cosa succede in Vaticano, il processo di “Vatileaks 2” in fondo è finito pochi giorni fa. La scelta compiuta dal papa sembra però evidente: la Chiesa parla al mondo e in primo luogo a quella parte del globo, l’America, in cui i fedeli sono ancora un esercito, per quanto ammaccato e non proprio in espansione.
C’è da leggere in questa scelta un altro passo di quel ridimensionamento del ruolo dell’Italia Oltretevere? In parte sì, ma è pur vero che il peso specifico del nostro Paese nel mondo multipolare evocato da Bergoglio diminuisce inevitabilmente mentre la Chiesa guarda pure all’evangelizzazione dell’Africa e dell’Asia; di conseguenza il primo passo è internazionalizzare la comunicazione. All’inizio di ottobre, infine, i gesuiti si riuniranno per eleggere il nuovo padre Generale, il 30esimo successore di Ignazio di Loyola, visto che l’attuale preposito della Compagnia di Gesù, padre Adolfo Nicolas, ha compiuto da poco 80 anni ed ha annunciato già le sue dimissioni. Era stato eletto nel 2008, all’età di 72, Lombardi fra poco ne avrà 74, insomma siamo lì.

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