In Olanda si voterà anche contro il Corano

Il partito di Geert Wilders, alleato di Salvini e Le Pen , vuole mettere al bando l'Islam, oltre che uscire dall'Ue. Per i sondaggi, sarà la prima forza alle elezioni del 15 marzo, anche se poi servirà fare una coalizione. Il Paese più liberale d'Europa rischia di superare Trump

Mettere al bando il Corano. Per legge. E chiudere le moschee. Non c’è solo Donald Trump a dare scandalo nel suo nuovo approccio al mondo musulmano. Le prime mosse del presidente americano potrebbero infatti apparire prudenti di fronte al programma del Partito per la libertà olandese che i sondaggi danno come prima forza politica dei Paesi Bassi, in vista delle elezioni parlamentari che si terranno fra poche settimane, il 15 marzo. Il partito guidato da Geert Wilders vuole uscire dall’Unione europea, pietra angolare del progetto di riconquista della sovranità nazionale, su cui si è anche saldata l’alleanza con la Lega Nord di Matteo Salvini e il Front National di Marine Le Pen. Ma soprattutto ha ingaggiato una battaglia identitaria contro quella che viene definita “l’islamizzazione” dell’Olanda.

Se dunque l’Europa è vista come il padrone a cui ribellarsi, l’Islam è il nemico contro cui costruire la propria libertà futura. O, meglio, quell’identità nazionale che sembra essersi smarrita nei flussi della globalizzazione. E che spinge a un voto radicale. I Paesi Bassi hanno 17 milioni di abitanti, secondo le statistiche ufficiali i musulmani sono circa il 6%, poco sotto il milione. Alcuni sondaggi indicano che il Pvv può superare il 30% dei consensi. Il partito del premier liberale Mark Rutte è intorno al 25. Seguono i popolari, intorno al 15. I socialdemocratici sono addirittura dati attorno al 10. Il manifesto elettorale di Wilders è composto di pochi ma chiarissimi punti, e di una ferrea gerarchia.

Primo: “de-islamizzare”, appunto, il Paese. A cascata questo significa, nell’ordine in cui il manifesto è stato scritto: zero richiedenti asilo e nuovi immigrati dai Paesi di religione islamica, con chiusura delle frontiere nazionali; revoca dei permessi umanitari temporanei e chiusura dei centri profughi; divieto di indossare copricapi islamici nei luoghi pubblici; proibizione di ogni altra espressione legata all’Islam “che violi l’ordine pubblico”; carcerazione preventiva dei fondamentalisti islamici; de-naturalizzazione ed espulsione di chi ha commesso un crimine e ha la doppia nazionalità; chiusura delle moschee e delle scuole islamiche, con messa al bando del Corano. Il punto numero uno del programma del Pvv è lungo. Il punto numero due riguarda l’Unione Europea: “leave”, come i britannici. Per avere piena indipendenza, uscendo soprattutto dall’euro, fondamentale differenza, questa, rispetto alla Brexit. In questo caso potrebbe essere la ‘Nexit’. Punto numero tre: referendum vincolanti, con potere diretto ai cittadini. Gli altri punti, undici in tutto, riguardano fra l’altro l’abbassamento delle tasse e il taglio dei finanziamenti allo sviluppo.

Difficile che questo programma radicale diventi l’agenda di governo. Nei Paesi Bassi il sistema proporzionale imporrà la nascita di un esecutivo di coalizione, a meno di un voto plebiscitario. E gli altri partiti faranno di tutto per non stringere accordi con Wilders. Ma è un fatto che le parole d’ordine contro l’Islam e l’integrazione europea abbiano fatto presa e saranno un tema politico di lungo periodo, chiunque sarà il prossimo primo ministro di uno dei Paesi fondatori dell’Europa unita. Ha destato un certo scalpore, per esempio, la lettera aperta scritta nelle scorse settimane dal primo ministro Rutte, alla guida del partito di centrodestra liberale Vvd, che ha invitato ad andarsene dal Paese coloro che non ne accettano le regole e i valori. Parole nette. Non radicali nei toni, ma comunque in linea con lo spirito di un tempo nuovo. Soprattutto dopo la vittoria di Trump negli Stati Uniti.

Il messaggio di Wilders è stato fatto crescere con pazienza nell’ultimo decennio. L’etichetta di populista lo ha aiutato a farsi tanti nemici, ma anche tanti amici. Il perdurare della crisi sociale ha messo in crisi le offerte politiche, ma le altre, quelle tradizionali. Nel 2007, dieci anni fa, Wilders citava già Oriana Fallaci: non esiste un Islam moderato, ne abbiamo abbastanza. “Sono stufo dell’Islam nei Paesi Bassi – scriveva in un comunicato -: fermiamo l’afflusso di immigrati musulmani. Sono stufo del culto di Allah e Maometto nei Paesi Bassi: mettiamo un freno alla costruzione di moschee. Sono stufo del Corano nei Paesi Bassi: cerchiamo di vietare quel libro fascista”. Un anno dopo precisava di non essere contro i musulmani, ma contro l’Islam, che “è un’ideologia, non una religione”. Nel 2015 il Pvv era reduce da un breve periodo di sostegno esterno proprio a un governo Rutte, elettoralmente valeva circa la metà del 30% di cui è accreditato oggi. E Wilders si diceva forte del senso comune dei cittadini, quelli lontano dal palazzo. In un’intervista a Breitbart, uno dei siti di riferimento delle nuove destre transnazionali, guidato a lungo da Steven Bannon, il controverso stratega di Trump alla Casa Bianca, il leader olandese sosteneva che il supporto all’Islam radicale “è il cavallo di Troia che abbiamo importato, persone che non hanno mai voluto assimilarsi alla nostra civiltà. Un problema, ma la buona notizia è che la gente comune si è svegliata”. Dopo la Brexit, lo scorso anno, un’intervista allo Spiegel, per rifiutare tra l’altro un paragone fra la Bibbia e il Corano: “L’Islam ci vuole distruggere e io voglio evitarlo. Non smetterò di combattere contro l’Islam finché non avrà conquistato la libertà per il nostro Paese”.

Comunque vadano le elezioni olandesi, queste posizioni resteranno per lungo tempo radicate. E non scompariranno come d’incanto. Molte letture sociologiche si moltiplicheranno in questo 2017 in cui si capirà che cosa è in grado di fare l’Amministrazione Trump, se la Le Pen arriverà all’Eliseo e Angela Merkel conquisterà un pieno (quarto) mandato in Germania. Il caso dell’Olanda, uno dei Paesi fondatori dell’Unione Europea, una nazione nata sulla libertà, presenta però già tutte le contraddizioni che la società contemporanea deve affrontare, come si afferma per esempio in questo articolato commento del settimanale conservatore The Spectator. Le periferie contro il centro. Le piccole città ai margini della globalizzazione contro le grandi e cosmopolite, si chiamino Amsterdam o Londra o New York. Gli esclusi contro gli inclusi. I penultimi contro gli ultimi. Le identità che non riescono a dialogare fra loro. Anche nella liberalissima Olanda.

@ilbrontolo

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