Il declino delle democrazie liberali occidentali? Tutta colpa dei partiti populisti

La rassegna stampa europea di questa settimana. Al centro l'eventuale successo di Marine Le Pen alle presidenziali francesci che getterebbe l'Europa nel caos e l'insostenibilità del debito greco

Il declino dell’Europa e dell’ordine liberale?

The Unmaking of Europe: così il il New York Times titola un editoriale di Roger Cohen, che avverte che in Occidente sono le stesse fondamenta delle democrazie liberali – dalla stampa libera all’indipendenza del potere giudiziario – a essere minacciate dagli attacchi dei partiti populisti, xenofobi e nazionalisti. Cohen sottolinea come i partiti e i media tradizionali siano stati sorpassati nel momento in cui i social network hanno permesso ai leader populisti di comunicare direttamente al popolo, e conclude affermando la necessità da parte delle democrazie di adattarsi e di affrontare i loro “nemici interni”.

Secondo Clemens Fuest – direttore dell’Institute for Economic Research (IFO) di Monaco – le promesse dei politici populisti sono completamente irrealizzabili, dal momento che propongono sistematicamente politiche macroeconomiche espansive senza tener conto delle ripercussioni sull’inflazione o sul debito pubblico. Secondo l’autore, per combattere la deriva populista i partiti tradizionali dovrebbero incorporare i populisti stessi in coalizioni di governo; Fuest propone inoltre maggiori investimenti nel settore educativo e nei programmi di formazione professionale a beneficio dei meno abbienti, i più sensibili al richiamo dei partiti populisti.

Sulla Harvard Gazette Christina Pazzanese intervista Bart Bonikowski e Grzegorz Ekiert. Bonikowski richiama l’attenzione sulla minaccia che le forze populiste pongono alla stabilità del vecchio continente, delle relazioni USA-UE e dello scenario mediorientale. In particolare, un eventuale successo di Marine Le Pen alle presidenziali in Francia rischierebbe di far sprofondare l’Europa nel caos.

Secondo Michael Ivanovitch (CNBC) invece, per quanto frammentata possa sembrare la situazione politica europea, le decisioni di politica monetaria sono saldamente in mano a una Banca Centrale Europea solida e autorevole, e la stabilità dell’euro non è a rischio. Per di più, alcune delle minacce alla stabilità dell’UE potrebbero essere sovrastimate: ad esempio, è facile vedere un bluff dietro gli accenni alla Frexit da parte di Marine Le Pen, visto che il suo bacino elettorale non sarebbe lontanamente sufficiente a sostenere tale posizione.

Se davvero sullo scenario della politica mondiale si sta preparando uno scontro tra forze liberali e forze illiberali, August Winkler (Die Welt) mette in guardia dagli eccessi di pessimismo: potrebbe esserci ancora spazio per una rinnovata difesa dei valori liberali che hanno plasmato le moderne società democratiche.

Concentrandosi sul dibattito presidenziale francese, Satyajit Das (The Independent) fa notare il potenziale appeal del Front National sugli elettori di sinistra. Le proposte di politica economica della Le Pen sono vicine a quelle del centro-sinistra e il “nazionalismo francese” attrae elettori tanto a sinistra quanto a destra.

Parallelamente, sul Guardian, Josh Bornstein si concentra sulle responsabilità della sinistra per quanto riguarda la crescita delle forze populiste. Negli ultimi dieci anni di crisi, le forze progressiste sono state incapaci di elaborare un’alternativa concreta alle politiche neoliberali. D’altra parte, “la capacità della destra di disfarsi dei propri principi, di far leva sul razzismo e sulla xenofobia […] non può essere eguagliata”, afferma Bornstein.

Il New York Times avverte che in Occidente le fondamenta delle democrazie liberali – dalla stampa libera all’indipendenza del potere giudiziario – sono minacciate dagli attacchi dei partiti populisti, xenofobi e nazionalisti. L’eventuale successo di Marine Le Pen alle presidenziali in Francia rischierebbe di far sprofondare l’Europa nel caos

Grexit: lo scontro tra la Germania e il FMI

Su Bruegel, Silvia Merler discute dello scontro tra il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e istituzioni europee sulla sostenibilità del debito greco. Uno dei punti di divergenza è la diversa valutazione della salute del settore bancario. Merler suggerisce che il grande numero di non-performing loans (NPL) e non-performing exposures (NPE) nei bilanci delle istituzioni finanziarie è piuttosto preoccupante e dà credito alla posizione dell’FMI.

Sull’Independent, IndyVoices ricorda che il disastro del debito greco continua ad essere un problema umanitario oltre che finanziario. Secondo gli autori, ad oggi, il settore sanitario e quello pensionistico non possono permettersi di subire ulteriori tagli, e che le strade possibili per una “rinascita” economica della Grecia passano, oltre che dalle riforme strutturali, da un allentamento del debito o da una svalutazione della moneta.

Su Social Europe, Björn Hacker e Cédric Koch portano avanti una critica a Schäuble, il Ministro delle Finanze tedesco, che ha di nuovo fatto riferimento alla possibilità di un’uscita della Grecia dall’euro, e si interrogano sulla “testardaggine” con cui le élite tedesche interpretano le politiche di austerità e la stabilità dei conti. Secondo gli autori ciò si spiega a partire dal fatto che la maggior parte degli attori economici – sia nel mondo accademico sia nell’impresa – condivide sostanzialmente la visione economica del governo. Negli ultimi anni infatti qualunque proposta economica “alternativa” non è mai riuscita a trovare sostegno sufficiente nell’orizzonte politico.

In questo senso, l’Economist sottolinea come la discesa in campo di Martin Schulz possa invece rivelarsi dirompente per la politica tedesca: nell’imminente competizione elettorale si potrebbe assistere a un aspro scontro ideologico. Secondo il magazine britannico, il candidato dell’SPD proverà a far leva sulla solidarietà a livello europeo e su una maggiore regolazione del mercato del lavoro.

Si discute molto sulla sostenibilità del debito greco, che continua ad essere un problema umanitario oltre che finanaziario. Le strade possibili per una “rinascita” economia della Grecia passano o da un allentamento del debito o da una svalutazione della moneta

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