Sergio dilata le narici e inspira l’aria che sa di erba tagliata e di shampoo delicato. È una splendida mattina di maggio, come ce ne sono solo nelle città di mare. Il cielo è puro e l’aria è trasparente nonostante il sole gagliardo. Chissà che caldo farà lassù, pensa sbuffando via la caligine degli altipiani che già sente calargli sul volto. Accarezza la testa del bambino – un ceceno di 9 anni appena strappato dalla squadra di un orfanotrofio di Grozny – e guarda di nuovo verso il fotografo, sgranando i denti nel suo sorriso migliore. Sergio ci tiene alla sua fama di professionista, anche se si tratta delle foto per la pubblicità della Masia. Anche se la sua non servirà a nulla. La sua mascella si irrigidisce per il disagio e si chiede con ansia se chi vedrà quella foto si accorgerà di qualcosa.
Ma per fortuna la sessione è finita. Sergio si stira e si massaggia le palpebre, fa per avviarsi ma urta qualcosa. Il piccolo ceceno è ancora di fronte a lui e lo guarda con quegli occhi vuoti e fissi. Sergio cerca una frase scherzosa con cui liberarsi, ma non trova niente. Resta lì un paio di secondi, poi taglia fuori il suo marcatore con un movimento da calcio d’angolo e si allontana senza salutare nessuno.
La secessione unilaterale della Catalogna, che fino a qualche mese fa nessuno prendeva sul serio, sembra ormai inevitabile. Sergio ha cercato di starne fuori, ma ora non può più fare finta di nulla. Adesso è quasi certo che la società non potrà iscriversi né alla Liga né alla Champions League. In consiglio un dirigente ha ventilato l’ipotesi di spostare la squadra a Valencia per il tempo necessario a trovare una soluzione, ma gli azionisti popolari stavano per gettarlo da una finestra della sede.
Appena fuori dal cancello della Masia la dolcezza della mattinata lo tranquillizza di nuovo e Sergio, che ha il giorno libero come tutti dopo lo stato d’emergenza e la sospensione del campionato, decide di congedare l’autista e tornare a piedi. Controlla il cellulare e vede un messaggio di Josep, il suo procuratore. Ma non lo legge. Oggi non vuole seccature, così toglie la suoneria e infila il berretto e gli occhiali da sole anche se in giro non c’è nessuno che potrebbe riconoscerlo. La travessera de les Corts è deserta, i negozi sono tutti sbarrati. Nel pomeriggio è in programma una grande manifestazione e dopo gli incidenti dei giorni scorsi il clima si è fatto molto pesante. Nessuno sa cosa succederà. La secessione unilaterale della Catalogna, che fino a qualche mese fa nessuno prendeva sul serio, sembra ormai inevitabile. Sergio ha cercato di starne fuori, ma ora non può più fare finta di nulla. Adesso è quasi certo che la società non potrà iscriversi né alla Liga né alla Champions League. In consiglio un dirigente ha ventilato l’ipotesi di spostare la squadra a Valencia per il tempo necessario a trovare una soluzione, ma gli azionisti popolari stavano per gettarlo da una finestra della sede.
I giocatori si sono ritrovati con le spalle al muro. Puyol ha subito fatto sapere che è pronto a tornare. Messi è sparito in Argentina per imprecisati motivi familiari. Iniesta sembra voglia rimanere. Ma Iniesta ha 33 anni suonati e quest’anno ha fatto mezza stagione in panchina. Sergio invece è all’apice della carriera e non può perdere i suoi anni migliori a giocare contro i muratori del Cerdanyola mentre gente che vale metà di lui corre per il Pallone d’oro. Questo glielo ha detto Josep e Josep ci ha sempre visto giusto. Per questo ha accettato la sua proposta. Il nuovo Real di Guardiola sarà un simbolo di tolleranza contro la follia della guerra civile. Stanno già organizzando una tournee della pace in Ucraina orientale, in Kurdistan e nel Kashmir con il patrocinio delle Nazioni Unite. E lui, che finalmente avrà la fascia da capitano, sarà il volto di questa squadra che entrerà nella storia. Altro che Figo, ha detto Josep. Questo è un gesto di responsabilità. Ma nessuno deve saperlo finché non sarà tutto pronto. Dovrà continuare a farsi fotografare, a baciare la maglia. Non è stato proprio lui a dire che la simulazione non è disonestà, ma intelligenza tattica?