La brevità è tutto: ecco come si riduce un testo all’essenziale

Chi legge ha sempre meno tempo. Per questo, nelle nostre comunicazioni scritte, dobbiamo offrire un testo in grado di andare subito al succo e di non annoiare il lettore. Un esempio pratico per capire come fare

B come Brevità. Non è un valore assoluto, ma come scriveva pare già Carducci “Chi riesce a dire con venti parole ciò che può essere detto in dieci, è capace pure di tutte le altre cattiverie”. La brevità fa paura perché richiama prevalentemente l’idea del sacrificio del proprio sapere. So tanto, scrivo tanto. Se parliamo di scrittura praticata sul lavoro, la brevità è però una leva in chiave di leggibilità. I nostri “non lettori” hanno fretta, scorrono il testo rapidamente alla ricerca delle parole chiave, cercano il succo: motivo per cui un testo denso e lungo spaventa.

Ti invito all’evento di presentazione” diventa “Ti invito alla presentazione”.

Le regole per una scrittura breve, e come tale maggiormente fruibile, impongono di:

  1. comporre frasi di massimo due o tre righe, 20-25 parole;

  2. eliminare i barocchismi…come “la misura in cui” o “in linea di massima”, tanto per citarne due a me particolarmente invisi;

  3. ridurre l’uso degli avverbi, quanto meno limitarlo agli stretti necessari;

  4. evitare ridondanze;

  5. evitare tecnicismi e soprattutto non usarli a sproposito: non ci si interfaccia con gli esseri umani!

Se proprio avete la necessità di redigere testi lunghi, fatene una sintesi alla fine del documento: chi ci tornerà sopra in un secondo momento potrà beneficiarne.

La brevità è una forma di rispetto per il nostro lettore, di questo bene da tutti rincorso e da tutti sprecato che si chiama tempo.

Lo scrivere, come diceva Primo Levi, è sposare precisione con concisione. Perché questo è veramente il difficile: arrivare al punto senza sacrificare contenuti e quindi la nostra stessa autorevolezza.

La mia Professoressa di Lettere, la signora Mereu della mia scuola media di Torino Ugo Foscolo, che desidero ringraziare per quanto mi ha insegnato e che ahimè io ho poco appreso, ci faceva fare un bellissimo esercizio: prendere un nostro tema e ridurlo della metà, poi riprenderlo e ridurlo ancora e poi ancora una terza volta e ridurlo ancora. In una scuola che ancora oggi collega l’essere prolissi al padroneggiare la lingua, fu un insegnamento illuminante e soprattutto stimolante.

E ora vediamo di applicarlo qui facendo editing.

350 parole prima versione

Scriveva Carducci: “Chi riesce a dire con venti parole ciò che può essere detto in dieci, è capace pure di tutte le altre cattiverie”. La brevità fa paura perché richiama l’idea del sacrificio del proprio sapere. So tanto, scrivo tanto

B come Brevità. Non è un valore assoluto: ma come scriveva pare già Carducci “Chi riesce a dire con venti parole ciò che può essere detto in dieci, è capace pure di tutte le altre cattiverie”.

La brevità fa paura perché richiama prevalentemente l’idea del sacrificio del proprio sapere. So tanto, scrivo tanto.

Se parliamo di scrittura praticata sul lavoro, la brevità è però una leva aiuta in chiave di leggibilità.

I nostri “non lettori” hanno fretta, scorrono il testo rapidamente alla ricerca delle parole chiave, e cercano il succo: motivo per cui un testo denso e lungo spaventa.

Ti invito all’evento di presentazione” diventa “Ti invito alla presentazione”.

Le regole per una scrittura breve e come tale maggiormente fruibile impongono di:

Alcuni suggerimenti:

  1. comporre frasi di massimo due o tre righe, 20-25 parole;

  2. Eliminare via i barocchismi, …come “la misura in cui” o “in linea di massima”, tanto per citarne due a me particolarmente invisi;

  3. Ridurre l’uso degli pochi avverbi, quanto meno limitarlo agli stretti solo i necessari;

  4. evitare ridondanze;

  5. Evitare tecnicismi e soprattutto non usarerli a sproposito i tecnicismi: non ci si interfaccia con gli esseri umani!

Se proprio avete la necessità di redigere testi lunghi, fare una sintesi alla fine del documento: chi ci tornerà sopra in un secondo momento potrà beneficiarne aiuta a ricordare il contenuto.

La brevità è una forma di manifesta rispetto per il nostro lettore, di questo bene da tutti rincorso e da tutti sprecato che si chiama tempo.: tutti abbiamo poco tempo.

Lo scrivere, come diceva Primo Levi, è sposare precisione con concisione. Perché questo È veramente il difficile: arrivare al punto senza sacrificare contenuti e quindi la nostra stessa autorevolezza.

La mia Professoressa di Lettere, la signora Mereu della mia scuola media di Torino Ugo Foscolo, che desidero ringraziare per quanto mi ha insegnato e che ahimè io ho poco appreso, ci faceva fare un bellissimo esercizio: prendere un nostro tema e ridurre lo della metà un tema, poi riprenderlo e ridurlo ancora e poi ancora una terza volta e ridurlo ancora. In una scuola che ancora oggi collega l’essere prolissi al padroneggiare la lingua, fu un insegnamento illuminante e soprattutto stimolante.

Sotto il testo pulito… e sapete, potreste divertirvi a ripulirlo ancora un po’!

B come Brevità. Non è un valore assoluto: scriveva Carducci “Chi riesce a dire con venti parole ciò che può essere detto in dieci, è capace pure di tutte le altre cattiverie”.

La brevità fa paura perché richiama l’idea del sacrificio del proprio sapere. So tanto, scrivo tanto.

Se parliamo di scrittura sul lavoro, la brevità aiuta in chiave di leggibilità.

I nostri “non lettori” hanno fretta, scorrono il testo e cercano il succo: un testo lungo spaventa.

Ti invito all’evento di presentazione” diventa “Ti invito alla presentazione”.

Alcuni suggerimenti:

  1. comporre frasi di massimo 20-25 parole;

  2. via i barocchismi, come “la misura in cui” o “in linea di massima”, a me particolarmente invisi;

  3. pochi avverbi, solo i necessari;

  4. evitare ridondanze;

  5. non usare a sproposito i tecnicismi: non ci si interfaccia con gli esseri umani!

Se avete la necessità di redigere testi lunghi, fare una sintesi alla fine aiuta a ricordare il contenuto.

La brevità manifesta rispetto: tutti abbiamo poco tempo.

Lo scrivere, come diceva Primo Levi, è sposare precisione con concisione. È difficile: arrivare al punto senza sacrificare contenuti e la nostra stessa autorevolezza.

La mia Professoressa di Lettere ci faceva fare un bellissimo esercizio: ridurre della metà un tema, poi ridurlo ancora e poi ancora una terza volta. In una scuola che ancora oggi collega l’essere prolissi al padroneggiare la lingua, fu un insegnamento illuminante e soprattutto stimolante.

234 parole seconda versione

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13 parole terza versione

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