Le privatizzazioni greche? Sono un grande bluff

La Grecia ha un enorme potenziale in termini di opportunità di vendita ai privati di beni in vari settori. Ma l’apertura del governo agli investimenti esteri è frenata dalle resistenze del sistema greco. Ne sanno qualcosa le Ferrovie dello Stato e Snam

JOHN THYS / POOL / AFP

L’approccio greco alle privatizzazioni ha qualcosa di schizofrenico e sta creando più di qualche mal di testa alla comunità finanziaria internazionale e agli eurocrati impegnati a far rispettare gli impegni presi da Tsipras a Bruxelles.

A detta di molti, da ultimo della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, il Paese ha un enorme potenziale in termini di opportunità di vendita ai privati di beni in vari settori trainanti (finanza, turismo, infrastrutture, energia). Tuttavia il processo di privatizzazione langue. È stretto dalle greppie del sistema politico greco, quelle di Syriza in particolare, che con una mano sventola il mantra degli investimenti esteri, con l’altra persegue una chiara e concreta agenda anti-privatizzazioni.

Il super fondo nato nel 2016 con l’obiettivo di entrare in controllo del perimetro delle partecipazioni pubbliche del governo di Atene, l’Hellenic Company for Assets and Participation (Edis), ha solo in parte raggiunto gli obiettivi della sua ambiziosa roadmap di cessioni, nonostante sia guidato da due dei più competenti manager ellenici: l’ex capo della Kraft, George Diamantopoulos e da Rania Ekaterinari, che ha guidato la compagnia elettrica nazionale, la Dei.

Una delle più recenti privatizzazioni è stata la cessione dell’operatore del porto di Tessalonica, uno degli scali commerciali più importanti del Paese. Lo scorso aprile il porto è stato venduto ad un consorzio internazionale guidato da Deutsche Bank, da France Terminal Link e dal fondo Belterra, del banchiere russo-greco Ivan Savvidis. La compagine ha offerto 231 milioni di euro per acquisire il 67 per cento delle quote del porto. Tutta l’operazione però deve ancora avere il via libera della Corte dei conti di Atene.

Le Ferrovie dello Stato italiane si sono imbarcate già da un anno nel tentativo di comprare il principale operatore ferroviario greco, Trainose. Lo scorso gennaio hanno vinto una gara internazionale. Ma manca l’ok dei giudici contabili per finalizzare l’acquisto

Stesso discorso è valso per le nostre Ferrovie dello Stato. L’Ad di Fs Renato Mazzoncini si è imbarcato giù da un anno nel tentativo di comprare il principale operatore ferroviario greco, Trainose. Dopo aver partecipato ad una gara internazionale, lo scorso gennaio, Mazzoncini è riuscito a spuntarla. Anche in questo caso però manca l’ok dei giudici contabili per finalizzare l’acquisto, tanto che è dovuta scendere in campo direttamente la diplomazia di palazzo Chigi, come ricordato di recente dallo stesso premier Gentiloni: «Ai primi di luglio firmeremo con il premier greco Tsipras l’accordo attraverso cui le nostre Ferrovie hanno acquisito una parte rilevante del trasporto ferroviario greco».

Ma il principale esempio delle riluttanza che circonda il processo delle privatizzazioni in Grecia è evidente nelle discussioni legate alla vendita della Dei, la società che gestisce la rete elettrica nazionale. Syriza è stata una delle forze politiche che più si è opposta alla vendita, nel 2014, di una quota della Dei pari al 17 per cento, quando l’allora coalizione guidata dal Pasok e da Nuova Democrazia aveva alle calcagne la troika. All’epoca Syriza lanciò addirittura un referendum per difendere la partecipata, accusando il governo di commettere un crimine nazionale. Oggi, il premier Tsipras sembra aver cambiato idea e sta portando avanti l’agenda delle cessioni.

La cessione del 17 per cento della Dei rimane una questione aperta per il governo, con le opposizioni che spingono per l’arrivo di un investitore strategico internazionale che però non è mai arrivato. Si è parlato in alcuni ambienti finanziari dei un interessamento di Terna, ma le voci al momento restano tali.

Eppure il governo di Tsipras resta diviso, l’ala di Syriza più liberista, rappresentata dal vice Ministro delle finanze, Stergios Pitsiorlas, si è più volte scontrata con quella più restia a vendere pezzi di partecipazioni pubbliche. Alcune cessioni sono state apertamente bloccate da esponenti di governo. Si tratta di quelle che hanno maggiore impatto anche a livello ambientale, come quelle riguardanti la Depa, la società che distribuisce e vende il gas, oppure come l’Eydap, la compagnia idrica di Atene.

Proprio per rimuovere questi blocchi, Tsipras si è esposto ad un turnover ministeriale senza precedenti: Nel 2015 ha cambiato ben tre Ministri dell’energia e del clima, Panagiotis Lafazanis, Panos Skourletis e Ioannis Golias. Sembra difficile poter mantenere una continuità politica e infatti, la vendita del 65 per cento della Depa, nonostante vari pretendenti tra i quali un’altra partecipata italiana come la Snam, è ancora al palo.

La vendita del 65 per cento della Depa, la società che distribuisce e vende il gas, nonostante vari pretendenti tra i quali un’altra partecipata italiana come la Snam, è ancora al palo

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