I madrelingua hanno sempre ragione? Certo che no. Anche perché esistono parole che, pur creando problemi agli stranieri, sanno mettere in crisi anche i più nativi dei nativi. Ad esempio, la differenza tra lie down e lay down.
Scrive Jonathan Franzen, nel suo Purity (2015): “One of Katya’s colleagues, trying to be tactful in the presence of her son, and presumably unaware of his language skills, suggested in English that perhaps the boy should go lay down in her office. According to Katya, Andreas immediately sat up straight and shouted out, in English: “To say ‘lay’ when you mean ‘lie’ is a lie!”. Un passaggio chiaro. Mai confondere lay con lie. E ci mancherebbe.
Il primo, cioè lay, è transitivo. E significa “mettere qualcosa in una posizione piatta”. I was told to lay the book down. “Mi hanno detto di mettere giù il libro”. Al contrario, lie è intransitivo e significa “mettersi in una posizione piatta”. Non ha, perciò, un complemento oggetto. I was told to lie down. “Mi hanno detto di mettermi giù”.
Fin qui sembra facile. Ciò che davvero causa una certa confusione è l’uso degli altri tempi: lay al passato diventa lain, al participio passato ancora lain, e al participio presente laying. Mentre lie diventa, al passato, lay (proprio così), al participio passato have lain, e al participio presente, lying.
Non bastasse tutto questo, c’è anche il verbo lie, cioè mentire: lie, lied, have lied e lying. Come ci si raccapezza? Semplice: non ci si raccapezza. Si sbaglia, come fanno, ogni tanto, tutti. Anche i madrelingua.