Quello della Rete è un universo che stiamo imparando a conoscere a poco a poco. Gli aspetti positivi e negativi si alternano, rendendo il digitale una sorta di meccanismo da cercare di regolare di volta in volta. Quando ad esempio è stato puntato il dito contro lo strumento degli algoritmi, ritenuti gli artefici di ricerche troppo vincolate per gli utenti, le piattaforme hanno tentato di porvi rimedio. Nel momento in cui il fenomeno delle fake news sembrava infestare in maniera eccessiva il Web, sono stati ipotizzati vari meccanismi per segnalarle e per mettere in guardia chi naviga. L’altalena della rete oscilla continuamente tra problemi da affrontare e opportunità da cogliere. Tra le questioni controverse da gestire non potevano mancare quelle di natura economica.
Lo scorso 30 agosto Nick Srnicek, docente di economia digitale al King’s College di Londra e autore di Platform Capitalism, ha usato le colonne del Guardian per delineare il quadro della situazione. Google, Amazon e Facebook sono tre colossi che dispongono di uno smisurato potere che deriva dalla loro capacità di collegare persone, ovvero venditori e acquirenti, pubblicitari e programmatori, in breve utenti che cercano qualcosa e utenti che sono in grado di fornire quella stessa cosa. Più aumentano i collegamenti, più ci si rende conto della loro utilità, rendendo molto difficile ad altre piattaforme entrare in gioco e quindi competere. Viene quindi evidenziato e non è dunque un caso che Google controlli le ricerche online, che Facebook regni tra i social network e che Amazon abbia un vantaggio competitivo sulle vendite di e-book.
Naturalmente il legislatore non è rimasto a guardare. Lo scorso 27 giugno la responsabile per la concorrenza alla Commissione Europea, Margrethe Vestager scriveva dal proprio account Twitter che Google era stata multata per abuso di posizione dominante nello shopping online per 2,4 miliardi di euro. Per quanto riguarda Amazon invece, la Commissione Ue nel 2015 ha avviato un’indagine per valutare l’eventuale violazione delle norme a tutela della concorrenza. Ad essere esaminate sono state le clausole degli accordi di distribuzione della società di Seattle con gli editori in Europa. L’ipotesi era che le condizioni offerte rendessero molto difficile ad altre piattaforme che vendono e-book competere con Amazon. Questa situazione avrebbe determinato come conseguenza una minore scelta, una minore innovazione e prezzi più elevanti per i consumatori.
Amazon ha allora garantito di rispettare alcuni impegni in tal senso, impegni che sono stati accettati e resi vincolanti dalla Commissione Europea lo scorso 4 maggio. Molti hanno evidenziato come sempre più spesso sia proprio l’Ue a presentarsi come il paladino della concorrenza e come l’attento osservatore delle dinamiche del mercato con particolare interesse al settore digitale. Ma qual è il motivo per cui alcune aziende sono diventate così forti e sostanzialmente irraggiungibili per i concorrenti?
Sul Guardian, Srnicek non ha dubbi e identifica il potere delle grandi società come Facebook, Google e Amazon nei dati archiviati, i quali non a caso vengono paragonati al petrolio, proprio per rendere l’idea della loro rilevanza nello scenario economico attuale. In sostanza, più gli utenti interagiscono, più si rende evidente l’utilità di queste relazioni, allo stesso tempo più queste ultime si moltiplicano, più vengono accantonati i preziosi dati che, rielaborati dagli algoritmi saranno la base di nuove interazioni. Semplificando in maniera estrema, intorno ai dati ruota gran parte del potere economico che si traduce in un vantaggio competitivo notevole che rischia di spiazzare altri operatori sul mercato.
Il potere delle grandi società come Facebook, Google e Amazon è nei dati archiviati, non a caso paragonati al petrolio, proprio per rendere l’idea della loro rilevanza nello scenario economico attuale. Più gli utenti interagiscono, più è evidente l’utilità di queste relazioni
L’Europa fa sentire la propria voce con valutazioni ed eventualmente, con sanzioni e multe. Su Politico Europe si analizza anche un altro aspetto che va oltre l’economia, infatti in un articolo dello scorso 20 agosto dal titolo “L’ambizione tecnologica dell’Europa: essere il poliziotto digitale del mondo”, il vecchio continente è stato definito come una sorta di arbitro globale tra la tecnologia e la politica. L’Ue si sta preoccupando di regolare ciò che può essere pubblicato o meno online allo scopo di tutelare gli utenti e i loro dati ma una delle conseguenze naturalmente non volute, può essere paradossalmente quella di favorire in maniera indiretta i tentativi da parte dei Paesi meno democratici di controllare ciò che viene condiviso in rete.
A quel punto sarebbe più complicato commentare le limitazioni imposte online da questi Stati, sebbene i motivi che inducono a controllare il flusso di dati in rete da parte di questi ultimi e da parte dell’Ue siano diversi e lontani. Come appare evidente infatti, l’intento europeo alla base della regolamentazione economica e normativa è mossa dalla volontà di garantire maggiori tutele ai cittadini. Il 25 maggio 2018 inoltre entrerà in vigore il Regolamento UE 2016/679 proprio in materia di trattamento e libera circolazione dei dati personali. Gli utenti potranno accedere più facilmente ai propri dati, venire a sapere quando questi ultimi sono stati oggetto di violazione e ad esempio, potranno richiederne la cancellazione in maniera più chiara. I punti chiave sono consultabili online.
Tra essi, vi si legge ad esempio che il responsabile unico della protezione dei dati sarà individuato da operatori economici e autorità pubbliche e che le società che hanno sede fuori dall’Unione Europea dovranno applicare le stesse regole quando offrono beni e servizi in Ue. La normativa è complessa e il quadro in evoluzione ma rende l’idea di quanto venga ritenuta rilevante la questione. Da una parte c’è quindi la tecnologia con le sue incognite e i suoi rischi, dall’altro l’Europa e quel che è certo è che non vuole restare a guardare.