L’attenzione è ormai cosa insolita, quasi rara, si potrebbe azzardare; una battuta come quella pronunciata da Calvin Candie in Django Unchained, “Signori, avevate la mia curiosità, ma ora avete anche la mia attenzione”, sarebbe riservata alle grandi occasioni.
All’analisi e all’approfondimento preferiamo una visione d’insieme e una generale panoramica.
E questo succede quando siamo di fronte a un testo scritto su un device elettronico. Oltretutto il pc, insieme a tablet e smartphone sono gli strumenti di lavoro per definizione, eppure in presenza di uno schermo, ad attivarsi è l’emisfero destro, quello deputato alla creatività e all’emotività. Una bella complicazione, anche perché la nostra attenzione continua a calare, ci distraiamo, e a quel punto non ci resta che fare una cosa: saltare, saltare e ancora saltare!
Ecco quindi che rimbalziamo da una riga all’altra, con l’abilità di un funambolo; nel tempo abbiamo addirittura affinato la tecnica e ci siamo convinti di poter bellamente trascurare paragrafi interi.
Gli inglesi, raffinati per definizione, sostengono che siamo diventati degli skim reader, dei lettori che scremano; in modo più prosaico potremmo dire che siamo impegnati a far zapping nel testo, alla ricerca di concetti chiave a cui ancorarci, consolandoci col fatto che “più o meno il senso l’abbiamo capito”.
E in effetti questo è un buon modo per autodifenderci dalla colata di messaggi che ogni giorno ci travolge, sotto i quali sono seppellite con ogni probabilità informazioni preziose.
“In compenso abbiamo risparmiato tempo”, potrebbe essere la replica; ma siamo sicuri che funzioni proprio così?
Gli inglesi, raffinati per definizione, sostengono che siamo diventati degli skim reader, dei lettori che scremano; in modo più prosaico potremmo dire che siamo impegnati a far zapping nel testo, alla ricerca di concetti chiave a cui ancorarci, consolandoci col fatto che “più o meno il senso l’abbiamo capito”
Se il vantaggio di chi riceve un messaggio non è certo, lo è quello di chi scrive. A lui quindi l’onore e l’onere di farsi leggere.
Testi confusi, ripetitivi e prolissi gettano nella nebbia il lettore e lo fanno uscire di strada. Ecco perché dopo una fase di sbandamento cognitivo, il cervello del lettore dice stop; fuori dalla metafora, smette di leggere.
Ciò significa che chi ha scritto ha sprecato fatica, denaro e opportunità.
Per questo, prima di attaccarti in modo compulsivo alla tastiera, ricordiati di fare in modo che gli altri:
ti leggano
ti capiscano
ti diano un feedback, auspicalmente quello che vorresti.
Qualche consiglio per mantenere vigile il tuo lettore? Via frasi lunghe (al massimo 20-25 parole), ai barocchismi e alle ridondanze.
Non è facile, ma si può imparare.
Il trucco è: non scrivere per gli altri quello che non vorresti gli altri scrivano per te. Come sintetizzò brillantemente il poeta Robert Lee Fros, “Nessuna lacrima nello scrittore, nessuna lacrima nel lettore”.
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