Senza fiducia la politica non esiste (e oggi è la merce più rara che esiste)

Aumentano gli studi per tastare il polso dei cittadini: il 70% dei cittadini europei resterebbe nell'Unione, mentre per il 58% degli americani la situazione sarà peggiore di quella dei genitori

Se il futuro fosse un luogo fisico da raggiungere e non solo una mera dimensione temporale, la bussola con cui orientarci per arrivare a destinazione senza intoppi sarebbe la fiducia. Non è dunque un caso che si moltiplichino sondaggi, studi e riflessioni per sondarne la presenza e per valutarne quasi la consistenza in termini quantitativi.

RENA ha dedicato un gruppo di lavoro al tema e ha posto alcune domande a esperti di vari ambiti proprio per indagarne alcuni aspetti. Il motivo alla base di questo approfondimento è da ricercarsi nel carattere sempre più opaco che gran parte dei corpi intermedi, associazioni, partiti, sindacati e così via, pur quando si mostrano vitali e presenti, assumono nel porsi come depositari o promotori di fiducia.

Tra coloro che sono stati interpellati, Luca De Biase, docente e giornalista, ha posto l’accento sul concetto di affidabilità. In altre parole, la fiducia di solito si ha nei confronti di qualcuno o di qualcosa, pensiamo alle Istituzioni peraltro identificate di frequente con chi ne è a capo. In entrambi i casi per riscuotere fiducia si deve aver mantenuto degli impegni presi in passato e si deve essere ritenuti in grado di mantenerne altri in futuro.

De Biase inoltre sottolinea un aspetto rilevante quando afferma che una delle cause alla base della sfiducia è la difficoltà a guardare al futuro, se non vi è cioè una visione condivisa del domani è difficile mostrarsi ottimisti, soprattutto oggi dove tanti elementi, dalla crisi economica alla trasformazione che investe il mondo dell’informazione, gettano ombre poco rassicuranti.

A proposito di futuro, il Pew Research Center lo scorso 5 giugno ha pubblicato i risultati di uno studio condotto in primavera. Si chiedeva di immaginare la situazione economica dei bambini di oggi e di ipotizzare un confronto con quella dei loro genitori. I risultati non sono incoraggianti: ad esempio secondo il 58% degli Americani, gli adulti di domani staranno economicamente peggio, solo il 37% è ottimista, per gli Europei le percentuali si differenziano di poco e sono rispettivamente il 60 % e il 30%.

L’Europa, o meglio l’Unione Europea viene considerata spesso una cartina tornasole della fiducia delle persone. Il progetto europeo è nato con l’ambizione di unire i popoli, assicurare pace e stabilità per tessere una trama spessa e resistente fatta proprio di fiducia sia reciproca che nel futuro.

L’Europa, o meglio l’Unione Europea viene considerata spesso una cartina tornasole della fiducia delle persone. Il progetto europeo è nato con l’ambizione di unire i popoli, assicurare pace e stabilità per tessere una trama spessa e resistente fatta proprio di fiducia sia reciproca che nel futuro.

Eventi come la crisi in Grecia, il referendum sull’uscita del Regno Unito o la gestione dei flussi migratori hanno messo a dura prova le Istituzioni europee e purtroppo hanno minato la fiducia dei cittadini, che percepivano come distante una realtà non solo politico-istituzionale ma anche storico-culturale, nella quale sono invece già totalmente immersi.

Vediamo il blu della bandiera europea pallido o brillante? Consideriamo l’Unione Europea una lente attraverso cui vedere in maniera nitida il futuro oppure no? Politico Europe ha pubblicato gli esiti di uno studio di una fondazione tedesca, Bertelsmann Stiftung, condotto a luglio su un campione di 10 755 persone dei vari Stati membri. Il 66% ha risposto di essere soddisfatto della direzione dell’UE, il 44% non è dello stesso avviso.

Le risposte variano da Paese a Paese ma quello che sorprende è che nonostante questo dato, il 70% ha risposto che sceglierebbe di restare a far parte dell’Unione Europea se fosse chiamato a dover decidere. La fiducia nonostante tutto, potrebbe essere una interpretazione di questi dati. Eppure proprio nell’Europa abbiamo più di un motivo per credere con convinzione. Uno su tutti è di carattere economico.

Bastano i numeri ad alimentare la fiducia? Evidentemente no. Quest’ultima va coltivata, trasmessa, scambiata, quasi come un testimone o come una moneta da non deprezzare.

L’Eurostat lo scorso 31 luglio ha fissato il tasso di disoccupazione di giugno nell’Eurozona al 9,1%, a maggio era del 9,2% mentre un anno fa era del 10%. Non solo, questa percentuale infatti è la più bassa da febbraio 2009 a oggi. In generale invece in UE il tasso di disoccupazione a giugno è stato del 7,7%, uguale al mese precedente e in calo rispetto all’8,6% dello scorso anno. Anche in questo caso secondo il canale statistico ufficiale in Europa, si tratta del tasso più basso dal dicembre 2008.

Bastano i numeri ad alimentare la fiducia? Evidentemente no. Quest’ultima va coltivata, trasmessa, scambiata, quasi come un testimone o come una moneta da non deprezzare. Riprendendo lo studio di RENA, vengono allora in mente le risposte offerte da Leonardo Previ, Trivoquadrivio e Università Cattolica, che ha detto: “Non credo che la fiducia sia qualcosa che va creato, mi pare meglio parlare di scambio. La fiducia è un elemento che viene scambiato attraverso gli incontri, le relazioni, gli scontri. Non ho esperienza di una fiducia creata unilateralmente. Possiamo parlare di fiducia solo se pensiamo a quello che “accade tra” e che perciò non si trova né da una parte né dall’altra: si trova in mezzo.”

La fiducia probabilmente può essere alimentata solo in un contesto collettivo, grazie all’impegno dei singoli ma soprattutto grazie alle relazioni, ai contatti, agli scambi, altrimenti si rischia di non sapere in che direzione guardare per provare a immaginare il futuro.

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