La brutta fine degli indipendentisti catalani, sconfitti da Madrid e soli in Europa

La fuga di imprese, l’articolo 155 che incombe, la poca solidarietà in Europa. In questa situazione gli indipendentisti catalani possono solo giocare al rialzo, distruggendo quel che resta della loro società (e della loro economia)

Tempo scaduto. Oggi il premier iberico Mariano Rajoy attiva l’articolo 155, tracciando una guida precisa. E il Senato, il prossimo venerdì, ha in agenda di votarla. D’altronde perfino la dea bendata ha abbandonato Barcellona: giovedì, tra le 268 aziende che hanno lasciato la Catalogna (il peggior giorno in assoluto) c’è stata anche l’emblematica lotteria La Bruja de Oro de Sort. La società trasferisce la sua sede sociale in Navarra, quella fiscale a Madrid. Solo per mettere giù qualche cifra: finora il registro commerciale di Barcellona ha depennato 1185 imprese. Dal 2 ottobre, giorno dopo il referendum, ogni 15 minuti un’azienda catalana fa i bagagli. Con un crollo commerciale del 20% e la fuga massiccia di imprenditori, Barcellona paga pegno. E la crescita del Pil spagnolo è a repentaglio.

​Da quaranta giorni la Catalogna vive in un limbo legale, istituzionale e giuridico, impregnato di tensione sociale, frustrazione e faziosità. Il 155 perciò è quello che è: il commissariamento della Generalitat. Cioè la destituzione di tutti i dirigenti – e del suo presidente – e la loro sostituzione con altri funzionari che dovranno dare conto e ragione ai rispettivi ministeri di Madrid. Un trauma per la società catalana, da sempre abituata ad autogestirsi. Ma tant’è. È l’unica via d’uscita che Carles Puigdemont ha lasciato aperta alle parti che difendono l’ordine costituzionale. Ma è anche ciò che in fondo i secessionisti vogliono, perché è l’unica cosa che potrebbe restituire alle basi l’entusiasmo alla resistenza e spingerebbe a serrare i ranghi laddove ci fossero delle falle.

In realtà gli indipendentisti sono consapevoli dell’enorme gravità di questa fuga di massa di aziende che, per decenni o perfino, come nel caso di Codorníu (la storica società che produce cava, il prosecco catalano), per secoli, sono state la spina dorsale della vita economica e industriale della regione. Né dimenticano le numerose pacche sulle spalle che il premier Rajoy ha ricevuto a Bruxelles questa settimana. Nessun Paese europeo, nemmeno il Belgio, li asseconderà. Perfino il primo ministro della Slovenia (il cui referendum i separatisti hanno fatto proprio) ha precisato che le due situazioni non sono paragonabili.

Insomma, la Catalogna è rimasta sola in Europa e i separatisti sono rimasti privi della loro stessa economia. Per questo hanno bisogno di agitare un’altra volta la bandiera del vittimismo

Insomma, la Catalogna è rimasta sola in Europa e i separatisti sono rimasti privi della loro stessa economia. Per questo hanno bisogno di agitare un’altra volta la bandiera del vittimismo. L’applicazione del 155 sarà un’umiliazione che li riporterà in piazza. Li danneggia, ma conviene a Puigdemont. Eppure al governo di Rajoy non resta altra soluzione. Il premier ha ripetuto più volte che dopo il Consiglio dei Ministri, l’intenzione è quella di “recuperare la legalità e la normalità istituzionale”. E di aspettarsi che i Mossos d’Esquadra, la polizia catalana, si comporti in maniera responsabile per evitare derive violente.

Quel che sembra chiaro, tuttavia, è che comunque vada la Catalogna ne uscirà malconcia. Il governo catalano non si occupa di nient’altro che non sia la rivolta. Il Parlamento, incapace di esercitare le sue funzioni, si è ridotto al ruolo di comparsa. Perfino la polizia autonoma vacilla

Quello che il presidente spagnolo non ha voluto né confermare né smentire è se tra le misure che verranno presentate oggi al Parlamento, sia prevista anche la convocazione di nuove elezioni in Catalogna a fine gennaio, così come hanno anticipato dirigenti del partito socialista e di Ciudadanos. Ha voluto invece sottolineare come quello che sarà approvato sia stato accordato nel dettaglio con entrambi i partiti. Si prospettano altri giorni di tensione e di dichiariazioni al vetriolo, almeno finché le misure non verranno votate in Senato. Poi solo frustrazione. E degli spagnoli, e dei catalani.

Quel che sembra chiaro, tuttavia, è che comunque vada la Catalogna ne uscirà malconcia. La Generalitat peggio. Il sistema democratico zoppica. Le istituzioni non funzionano (per l’esclusiva irresponsabilità dei responsabili). Il governo catalano non si occupa di nient’altro che non sia la rivolta. Il Parlamento, incapace di esercitare le sue funzioni, si è ridotto al ruolo di comparsa. Perfino la polizia autonoma vacilla, alla mercé di alcuni capi accusati di presunta sedizione. L’operazione 155 durerà parecchio tempo e la ferita resterà aperta per molto. Da tenere sotto osservazioni il processo di cicatrizzazione. E come reagirà la società. Soprattutto quella catalana. L’unica vera vittima.