Sin da ragazzini, acquisiamo familiarità con il concetto di sinonimia: iniziamo spesso alle elementari, le prime volte che sfogliamo un vocabolario, osservando come ogni lemma venga spiegato, ossia chiosato, ricorrendo a parole con significati affini. In molti dizionari, sia cartacei che elettronici, in fondo al lemma viene anche fornita una serie di sinonimi e contrari, chiamati anche antonimi. Ecco un esempio dal Grande dizionario italiano dell’uso a cura di Tullio De Mauro (1997, Torino, UTET).
Altrettanto velocemente, ho scoperto di persona, e amaramente, che i sinonimi non sono passepartout. Ero al liceo classico, alle prese con le versioni di greco e latino, e sovente succedeva che scegliendo il sinonimo sbagliato mi trovavo con un testo completamente fuori strada, senza riuscire a capire che cosa avessero voluto dire che so, un Cicerone o un Apollodoro.
“Sinonimo”, ricordiamolo, non vuol dire ‘termine dal significato perfettamente analogo a un altro’. Significa, piuttosto, ‘termine che in alcuni contesti ne può sostituire un altro, a seconda di quello che vogliamo dire ed esprimere’.
Tra casa, abitazione, magione e appartamento, la prima scelta sarà stilisticamente neutra/informale, la seconda formale/burocratica, la terza formale/letteraria, la quarta formale/tecnica. Non sono del tutto equivalenti. Se parlo con mia madre, userò casa. Se voglio fare la spiritosa, potrei ricorrere a magione. Se discorro con l’ufficiale dell’anagrafe, magari impiegherò abitazione, se sto discutendo con un’agenzia immobiliare, mi potrebbe essere più utile specificare appartamento.
Continua a leggere su Centodieci