“Secondo un celebre apologo cinese, Chuang-tzé sogna d’essere una farfalla; ma chi dice che non sia la farfalla a sognare d’essere Chuang-tzé?” E in questo romanzo, è il Duca d’Auge che sogna d’essere Cidrolin o è Cidrolin che sogna d’essere il Duca d’Auge?
Così riportava il risvolto di copertina de Les fleurs bleues, l’edizione originale del romanzo di Raymond Queneau data alle stampe da Gallimard nel 1965. In Italia sarebbe giunto qualche anno più tardi grazie al recupero, all’interesse e all’oggetto di studio che ne fece Italo Calvino. Questi infatti fu affascinato dai continui calembours che man mano tessevano il filo del racconto, ma al tempo stesso mettevano non poca difficoltà al futuro traduttore dell’opera.
Calvino si interrogò inizialmente su come affrontare i giochi di parole: divisi tra fonetici, assonanze e consonanze, a questi si aggiungevano anche gli ostici neologismi e arcaismi dell’idioma francese. Senza contare gli elementi contemporanei e le citazioni letterarie nascoste.
Un’operazione che richiedeva una cura per un adattamento fedele – o quanto meno più credibile – al testo originale senza che ne venissero intaccate musicalità e senso. Un intento che riuscì ad un autore vicinissimo per visione e scrittura alla produzione del suo collega di Le Havre.
Il venticinque settembre milleduecentosessantaquattro, sul far del giorno, il Duca d’Auge salì in cima al torrione del suo castello per considerare un momentino la sua situazione storica. La trovò poco chiara. Resti del passato alla rinfusa si trascinavano qua e là.
L’opera ha come protagonista il Duca d’Auge, capace di viaggiare nel tempo e comparire dopo ogni 175 anni. Nell’incipit lo vediamo fare i conti con la storia, o meglio, con i venti della storia che stanno imperversando in quel momento. Da qui la decisione di chiedere a Carlo VII di liberare Gilles de Rais.
Nel presente (all’epoca il 1965, ndr) Cidrolin fa la sua comparsa con sua figlia Lamelia; vivono su una chiatta ancorata nei pressi di Parigi, egli è spesso in preda a sogni onirici, dove si ritroverà presto a tu per tu con il Duca d’Auge menzionato sopra; che unirà le forze con Cidrolin per stanare un anonimo che da giorni sta imbrattando la sua staccionata.
Chi sogna chi? Chi è l’inseguito, e chi è l’inseguitore? E chi sarà stato a imbrattare la staccionata con parole ingiuriose? Soltanto la meta finale saprà dare la risposta a queste fatidiche domande.
Dalle prime pagine Queneau intrattiene con rara e colta intelligenza, offrendo un contesto storico dove i due protagonisti cominciano a confondersi. Un dualismo (?) che simboleggia l’identità della storia e della attualità.
Si avvicinò ai merli per considerare un attimo la situazione storica. Uno strato di fango ricopriva ancora la terra, ma qua e là piccoli fiori blu stavano già sbocciando.
La chiusura del romanzo getta inconsapevolmente le fondamenta di quella che sarebbe stata la sequenza d’apertura del graphic novel Amore di lontano (Canicola edizioni, 2016), di Alessandro Martorelli in arte Martoz.
La prima tavola offre una panoramica del contesto storico in cui è calato il cavaliere Antares, al servizio del Re Alfonso VII di Castiglia nel pieno della Seconda Crociata in Terra Santa.
Nella tavola successiva vediamo lo stesso Antares, interrogatosi poco prima sulle pieghe che stanno subendo gli eventi in corso, ammirare un fiore blu spuntare dal fango.
Qui la citazione lascerà sbizzarrire liberamente la fantasia del fumettista perugino, permettendogli di ergere una libera interpretazione del capolavoro dello scrittore francese.
Nella città di León fa la sua comparsa Jaf, un giovane che vive alla giornata tra un amplesso sessuale e un altro. Un disperato che si trascina per le strade, alla costante ricerca di quel paio d’ore d’amore che lo liberino dalla gabbia quotidiana; fino a quando non decide di scomparire e di ritrovarsi in un altra latitudine una volta consumato l’atto sessuale con la bella di turno.
Jaf e Antares vivono in due epoche diverse, apparentemente lontani ma uniti dallo stesso obiettivo: Mila. Un obiettivo che culminerà con il suo raggiungimento nel finale, degno delle migliori romanzi epico-cavallereschi.
Anche nella seconda opera a fumetti di Martoz viene formulato lo stesso interrogativo: chi è che sogna chi?
La vita che conduce l’eroe romantico Jaf, è caratterizzata dal colore blu (una scelta cromatica così funzionale al racconto non se ne vedeva dai tempi de Le ragazzine stanno perdendo il controllo. La società le teme. La fine è azzurra di Ratigher, ndr), e non per caso; atto a suggerire l’indole romantico-malinconica. Jaf si ritrova “nostalgico di una purezza perduta” per citare l’intervento di Italo Calvino nelle vesti di traduttore del romanzo medesimo.
Le scelte cromatiche in cui si muove Antares ricadono sempre su tre colori: rosso, verde e giallo ocra; che ben rappresentano l’ambientazione storica delle crociate. I colori sembrano essere votati a rappresentare la Storia, come se fossero delle tessere di un mosaico più grande.
Martoz disegnatore ha ereditato tutta la cifra stilistica dei maestri del fumetto, su tutti Sergio Toppi e Dino Battaglia. Il segno richiama fortemente la produzione cubista di Pablo Picasso: volti, figure e paesaggi squadrati si muovono sullo sfondo con la stessa forza del pittore spagnolo, grazie alle espressioni che il disegnatore conferisce loro.
La poetica di Martoz non è solo un rifacimento letterario sfizioso e lungimirante, va poi oltre, perché sceglie il sentiero della metanarrazione (esempio a pag. 99, ndr).
Si va a ritroso all’anno precedente per analizzare l’esordio assoluto di quello che si può considerare ad oggi il miglior fumettista della sua generazione: Remi Tot in STUNT(MalEdizioni, 2015).
Come scrive Riccardo Mannelli nella prefazione, Martoz è forte di un bagaglio culturale in materia di storia dell’arte: molte tavole dell’opera trasudano di questa sua vasta conoscenza. Il segno denota una ricerca stilistica, compiuta e raggiunta con lo studio delle opere di Jackson Pollock, Francis Bacon e Miró, più che del Picasso chiamato in causa in Amore di lontano.
Nell’opera prima il protagonista è Remi Tot: funambolico stuntman con indosso degli eccentrici occhiali scheggiati, che viaggiando in sella alla sua moto compie salvataggi nelle catastrofi più disparate; preparatosi prima con delle formule geometrico-demerministiche, utili per accertarsi che il piano venga al suo compimento al cento per cento. Le cose si metteranno male quando qualcuno si metterà sulle tracce dell’avventuroso matematico, per capire se si tratta di un giustiziere o di un criminale.
Sulla carta è un plot perfetto per il cinema di Edgar Wright, ricco di azione, senza freni con il suo montaggio ipercinetico e per l’argomento squisitamente nerd.
Martoz qui dimostra già di padroneggiare totalmente il mezzo espressivo, testimone ne è lo scandire del ritmo accelerato di vignetta in vignetta, ottenendone una pura forma sequenziale di immagini e parole.
Nell’anno corrente Martoz torna in libreria con La mela mascherata, sempre edita da Canicola edizioni, che ancora una volta investe tutto su un giovane talento già diventato grande.
L’opera è rivolta a un pubblico di bambini e ragazzi, collocata nella nuova collana Dino Buzzati del progetto Canicola bambini: un’operazione didattica volta ad educare i lettori più giovani alla lettura e alla formazione scolastica, proponendo di pubblicazione in pubblicazione artisti che dal vivo promuoveranno il medium del fumetto come mero strumento pedagogico.
L’ultima fatica, con al centro la leggenda inventata della mela coltivata a Cotignola (Ravenna), gli è valsa un Premio Boscarato del Treviso Comic Book Festival nella categoria Miglior fumetto per bambini/ragazzi (in ex aequo con Ridi Paperoga, ndr)
Il racconto è un incrocio tra il comico e il fiabesco, che spesso strizza l’occhio anche ai più adulti con battute ancor più argute, risultandone accessibile per tutte le età.
Nel mese scorso Martoz è stato insignito anche del Premio Pazienza durante la manifestazione Le strade del paesaggio, tenutasi nella location di Cosenza. In loco gli dedicano un’ampia mostra con alcune tavole de Il cacciatore Gracco, il prossimo lavoro in uscita per Coconino Press.
Le sue opere girano tutto il mondo, dalle gallerie italiane fino alla Russia, dalla California a Parigi. In poco tempo diviene un nome interessante da seguire, esplodendo del tutto con le prime opere a fumetti.
Alessandro Martorelli compie la sua trasformazione in Martoz. Le sue anatomie, accompagnate da uno sguardo scanzonato e poetico sono sconosciute ai più, ben presto però verranno apprezzate e notate definitivamente.
Gli aspiranti fumettisti si confronteranno con un punto di arrivo, nonché con un ragazzo che è già una certezza nel panorama italiano.