Le donne che hanno subito molestie o ricatti a sfondo sessuale durante la propria vita lavorativa sono quasi un milione e mezzo. Secondo i dati Istat si tratta, più precisamente, di un milione e 403mila italiane. Una realtà estesa eppure poco conosciuta. In questi giorni l’attenzione si è spostata sulle violenze e gli abusi che hanno interessato il mondo dello spettacolo. Da Hollywood al cinema italiano, una serie di denunce ha finalmente portato alla luce molestie troppo spesso considerate un male necessario, se non addirittura la normalità. Ma il tema è evidentemente molto più diffuso. Adesso anche il Parlamento corre ai ripari. Una proposta di legge presentata da alcune deputate del Partito democratico offre nuovi strumenti per le donne (ma anche gli uomini) che subiscono molestie sessuali sul lavoro per mano di capi e colleghi. Un provvedimento che colma alcuni vuoti legislativi e che, assicurano le proponenti, può essere approvato in tempi rapidi anche negli ultimi mesi di attività delle Camere.
Il tema, si diceva, è drammaticamente diffuso anche nel nostro Paese. Secondo un’indagine Istat ben nove donne su cento hanno subìto una molestia a sfondo sessuale durante la propria attività lavorativa. «Spesso – si legge nella relazione che accompagna la proposta di legge – dalle avances, le battute, i gesti sgradevoli e i palpeggiamenti, si arriva anche allo stupro, consumato o tentato. Un abuso subito da 76mila donne sempre considerando l’arco della vita lavorativa». Eppure tra le donne che hanno subito molestie, solo il 20 per cento ne parla. E solo lo 0,7 per cento procede a una denuncia. I motivi sono fin troppo evidenti: l’assenza di strumenti adeguati. Ma soprattutto lo squilibrio di potere che spinge le vittime a temere ripercussioni e vendette. È un dramma trasversale, «che colpisce tutti i tipi di lavoratrici, dalle libere professioniste alle dipendenti, a tutte le latitudini, in maniera particolare quando ci si trova in una condizione di debolezza, perché disoccupata, in cerca di lavoro o nei momenti di avanzamento di carriera».
Quasi un milione e mezzo di donne hanno subito molestie o ricatti a sfondo sessuale durante la propria vita lavorativa
Nel giorno in cui si celebra la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, nel Parlamento italiano arriva un nuovo strumento per intervenire in caso di abusi. La proposta di legge si occupa di definire le molestie nei luoghi di lavoro. Ma individua anche alcune misure da adottare per evitarle: i datori di lavoro vengono obbligati ad assicurare condizioni professionali tali da garantire l’integrità fisica, morale e la dignità dei lavoratori. E gli si impone di porre in atto «procedure tempestive e imparziali di accertamento», qualora venga denunciato questo tipo di abusi. Le vittime sono tutelate in maniera particolare. Chi denuncia una molestia sul luogo di lavoro «non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito». Non solo. La legge individua ulteriori strumenti di supporto per chi subisce gli abusi e, conseguentemente, potrebbe trovarsi in una situazione di difficoltà nel proprio ambiente professionale. Estendendo i congedi già previsti per le vittime di violenza. Specifiche funzioni di assistenza, consulenza e monitoraggio vengono invece attribuite, rispettivamente, a consiglieri di parità e all’ispettorato del lavoro.
Evidentemente questa è la fase adatta per approvare il provvedimento. «Esisteva un vuoto legislativo – racconta la prima firmataria Titti Di Salvo – È giusto occuparlo nel momento in cui il tema delle molestie sul lavoro è all’ordine del giorno». E infatti quella del Partito democratico non è l’unica proposta in materia. La deputata di Articolo 1-Mdp Lara Ricciatti ha presentato in questi giorni una pdl sullo stesso tema. Un intervento che prevede la reclusione da uno a tre anni per molestia sessuale, con l’aggravante da quattro a sei anni se la molestia è commessa nell’ambito di una qualsiasi tipologia di rapporto di lavoro, formazione docenza. Il tempo stringe, ma Titti Di Salvo è convinta di poter raggiungere l’obiettivo. «Chiederemo a tutte le deputate di sottoscrivere la nostra proposta. È una legge che non ha costi, se c’è la volontà politica si può arrivare all’approvazione entro la fine della legislatura».