A Como, ora e almeno fino a fine gennaio, è vietato mendicare. Il Sindaco Mario Landriscina ha infatti vietato l’ingresso nel centro storico a chi chiede la carità e ai venditori ambulanti. All’interno delle mura della città sarà quindi vietato chiedere l’elemosina sia “in forma dinamica”, con “forme di accattonaggio molesto e invasivo” nei confronti dei passanti e sia “in forma statica, occupando spazi pubblici con l’uso di cartoni e cartelli che arrecano disagio al passaggio dei pedoni”. Pena, una multa dai 50 ai 300 euro.
L’ordinanza del Sindaco di Como che vieta, nei fatti, a mendicanti e senza tetto di sostare nella zona del centro Città e sotto i portici delle Chiese “con decorrenza immediata e fino al superamento delle situazioni di pregiudizio del decoro e della viabilità urbana”, come recita il testo approvato dall’Amministrazione, è il regalo di Natale al miglior individualismo.
È la differenza, purtroppo ormai sempre più sottile, che separa i tentativi maldestri di nascondere la polvere sotto il tappeto per vantare un pavimento pulito, dagli interventi politici lungimiranti che hanno a cuore ogni cittadino e la ricerca di soluzioni, reali e possibili, per contrastare la povertà.
Misure come questa rappresentano un boomerang che, anche se nel breve periodo soddisfa chi si infastidisce alla vista dei poveri e dei mendicanti, rischia di tornare indietro sbattendoci sul naso disgregazione e tensione sociale.
L’errore politico consiste nel pensare di poter continuare ad occuparsi di chi vive dentro le nostre cittadelle dei diritti, non curandosi dei disperati che aumentano e che premono sulle porte delle nostre fortezze e sicurezze. Insistere nel tenerli fuori dalle nostre mura non farà che aumentare le diseguaglianze e, di conseguenza, la disperazione e la miseria di chi si sente escluso, minando le basi della convivenza civile, dentro e fuori le mura stesse, e soffiando sulla brace della rabbia e della paura. Un circolo vizioso diabolico che deve essere invertito se vogliamo essere costruttori di speranza per tutti, tenendo insieme le ragioni dell’accoglienza e il sacrosanto diritto di vivere nella sicurezza, nel rispetto delle leggi e della certezza di pena per chi delinque.
Misure come questa rappresentano un boomerang che, anche se nel breve periodo soddisfa chi si infastidisce alla vista dei poveri e dei mendicanti, rischia di tornare indietro sbattendoci sul naso disgregazione e tensione sociale
Il provvedimento, tra l’altro, si inserisce in un clima già surriscaldato seguito all’incursione di stampo fascista che ha interrotto una riunione della rete Como senza frontiere e della conseguente manifestazione per riaffermare i valori, antitetici al fascismo, della nostra Costituzione, della nostra Storia e della nostra Repubblica.
Il miglior antidoto alle tensioni sociali è mettere in campo misure inclusive, con interventi politici mirati che mettano al centro la persona e il lavoro, unico strumento in grado di realizzare l’uomo ed elevarne la dignità. Ravviviamo i centri per l’impiego, costruiamo una rete integrata tra sindacato e impresa, realizziamo interventi che allarghino a tutti opportunità occupazionali, sosteniamo le opere di carità delle tante persone di buona volontà che, ogni giorno, lontane dai riflettori, disegnano una società migliore.
Accoglienza e solidarietà sono valori fondamentali e iI lavoro, luogo dove si realizza l’integrazione, è il collante che garantisce l’esercizio dei diritti e della democrazia, rimuovendo gli ostacoli che impediscono alle persone di essere membri attivi di una comunità. Perché non può esserci crescita economica senza crescita umana. Questo è l’impegno del Sindacato tanto nei luoghi di lavoro, costruendo occasioni che diano protagonismo ai lavoratori rendendoli partecipi del loro futuro, quanto nella società, valorizzando gli esempi virtuosi e premiando il lavoro sostenibile dal punto di vista ambientale, economico, sociale e come presidio di legalità.
Servono quindi scelte forti, innovative e coraggiose. La comodità è un lusso che la politica non può permettersi perché è troppo facile fare i forti con i deboli e i deboli con i forti. Il decoro di una società non può essere misurato da provvedimenti che nascondono povertà e disperazione ma dalla capacità di contrastarle, di costruire innovazione, inclusione e accoglienza, di valorizzare la dignità delle persone, di far pagare le tasse a tutti, di tessere reti di prossimità e sbocchi lavorativi per chi cerca una prima occupazione e per chi l’ha persa.
Papa Francesco ci ricorda che “non c’è una buona società senza un buon sindacato, e non c’è un sindacato buono che non rinasca ogni giorno nelle periferie, che non trasformi le pietre scartate dell’economia in pietre angolari”. Questa è la responsabilità che raccogliamo tutti i giorni per non rassegnarci a un Paese che sembra aver smarrito il piacere dello stare insieme, che preferisce chiudere gli occhi davanti ai problemi, che si è abituato alle ingiustizie, che sopporta le disuguaglianze, che ha dimenticato da dove e da chi ebbe origine la nostra Costituzione, che festeggia il Natale scordandosi che il “Bambinello” nacque nella mangiatoia, guarda caso, perché nessuno volle accogliere i suoi genitori.
Noi continueremo a marciare verso un orizzonte di inclusione e solidarietà, in piena sintonia con i nostri valori fondanti, cercando di unire, nel lavoro e nella società, il mosaico variopinto dell’impegno civile e della passione civica convinti di poter compiere quella rivoluzione culturale necessaria per risollevarci. Ricordandoci ogni mattina, come alba del Paese che verrà, di essere nati nella parte fortunata del mondo non per un qualche merito ma, semplicemente, per aver vinto la lotteria del passaporto senza neppure aver comprato il biglietto.
*Segretario Generale Fim Cisl Lombardia