Monacelli: «Togliete i bitcoin dalle mani delle banche o saranno guai»

Parla il docente della Bocconi: «I futures sui bitcoin non creano rischi sistemici. I pericoli si avrebbero solo se le banche si indebitassero mettendo come garanzia la crescita del valore dei bitcoin». La criptovaluta ha un futuro? «Solo se controlla le oscillazioni con un’autorità di regolazione»

PIERRE TEYSSOT / AFP

Non è il caso di immaginarsi catastrofi. Se anche dovesse scoppiare, la bolla dei bitcoin non avrebbe effetti sistemici. Questo, almeno, a bocce ferme. Se invece le banche ripetessero l’errore del 2007, cominciando a indebitarsi mettendo come garanzia la crescita del prezzo del bitcoin come allora fecero con i mutui immobiliari, il terremoto ci sarebbe eccome. Ma basta un semplice intervento delle odiate (dai puristi dei bitcoin) autorità di regolazione per sterilizzare questi rischi. Ne è convinto Tommaso Monacelli, professore ordinario del Dipartimento di economia dell’Università Bocconi, dove insegna economia politica e macroeconomia. Che ci tiene a mettere i puntini sulle “i”, specificando che tutte le valute sono bolle ma che non tutte le valute sono monete. Possono sembrare sofismi, ma è sostanza. La sostanza è proprio che se la “valuta bitcoin” non si trasforma in moneta, cioè in mezzo di scambio, prima o poi il valore crolla. E per trasformarsi in moneta è necessario che le oscillazioni non siano così forti. La conclusione non piacerà alla comunità dei bitcoiner: per stabilizzare il valore serve un’autorità di regolazione, come una banca centrale. Ma nel caso dei bitcoin, moneta senza padroni e confini, quale potrebbe essere? Perfino un “Gran Master dei Bitcoin”, un’autorità creata dalla comunità stessa dei minatori.

Professore, cominciamo dalle definizioni. Perché il bitcoin è una valuta, è una bolla ma non è una moneta?

In senso strettamente logico il bitcoin è una valuta, come lo sono il dollaro e l’euro, anche se è privata e non è emessa da una banca centrale. Ha un tasso di cambio con il dollaro, come le altre valute. Ma non è una moneta. Pur essendo discutibile la definizione di moneta, ciò che ancora non rende ovvio paragonare il bitcoin alla moneta è il fatto che l’uso di bitcoin per facilitare le transazioni è ancora molto limitato. Per ora è semplicemente una valuta e come tutte tutte le valute è una bolla.

Perché il bitcoin è una bolla e perché lo sono anche tutte le altre valute?

Perché, in linea strettamente logica, ha un valore sul mercato che è superiore a zero. Quello che definisce una bolla non è il fatto che valga tanto: quanto sia “tanto” per qualsiasi asset finanziario non è un concetto che si possa definire in assoluto.

Ci spieghi meglio.

Ciò che definisce lo stato di bolla è il fatto che valga o meno più del proprio “valore fondamentale”. Per esempio, il valore fondamentale di un dollaro è il biglietto di carta su cui è stampato. Lo stesso in realtà vale per l’oro: il valore che ha l’oro negli scambi sul mercato è più alto del valore intrinseco che ha l’oro perché viene utilizzato nei microprocessori o nella chirurgia. È chiarissimo quindi che il bitcoin è una bolla, perché non c‘è neanche il valore della carta su cui è stampato. Il suo valore fondamentale è uguale a zero e nel momento in cui ha cominciato a essere scambiato a un dollaro il bitcoin ha assunto la morfologia di bolla.

«È difficile, quasi impossibile, pensare che senza di un’istituzione sovrana il bitcoin possa essere utilizzato come moneta»

Che cosa deve succedere questa bolla non scoppi? Detto in altri termini, il dollaro è una destinata a durare e il bitcoin potrebbe scoppiare?

In generale è da eradicare la tipica confusione per cui, definita un’attività finanziaria una bolla, questa debba scoppiare. Nessuno si pone il problema dello scoppio della bolla se il bitcoin vale un dollaro. Ci si pone il problema quando il valore cresce, come se solo allora diventasse una bolla. Le bolle non hanno in sé l’implicazione di dover scoppiare. Le valute sono un esempio di questo. Ci sono valute che riescono a essere bolle continuative nel tempo perché hanno la garanzia alle spalle di una autorità sovrana fiscale, che è in grado di garantire per imperio il pagamento di tasse in un Paese, estrarre risorse per sostenere a lungo nel tempo il valore di questa valuta sul mercato. Ma ci possono anche essere valute, quindi bolle, che scoppiano perché a un certo punto non c’è alcuna fiducia nel fatto che lo Stato e/o la Banca centrale, attraverso le riserve, sia in grado di sostenerne il valore in modo prolungato nel tempo. In Venezuela a un certo punto tutti cominciano a buttar via la moneta locale e vogliono i dollari. In Italia nella crisi finanziaria del 1992 ci andammo vicini. Le crisi valutarie sono esattamente bolle che scoppiano. Io come operatore finanziario non mi fido più che abbia valore. La butto via, cerco di venderla. Se tutti se ne liberano, effettivamente questa cosa non avrà più valore, il prezzo crolla sul mercato.

Per i bitcoin il rischio è maggiore?

Sì. La fragilità è maggiore per le valute private, come il bitcoin. Finché gli agenti che la detengono decidono che questa cosa ha un valore, perché si aspettano che verrà accettata negli scambi da qualcun altro, bitcoin avrà un valore. Nel momento in cui non si fideranno più che questa valuta sarà accettata da qualcun altro in futuro… Puf!, questa cosa semplicemente perderà il valore.

Quindi, per tornare alle definizioni iniziali, la valuta bitcoin si deve trasformare in moneta. Per far sì che si trasformi in moneta è necessario che le oscillazioni attuali di prezzo si riducano.

Ecco dove entra il ruolo delle monete sovrane. Con le “fiat money” a un certo punto uno Stato dice: “questa cosa è moneta” e quella cosa viene adottata come moneta perché si ha fiducia sul fatto che lo Stato ne garantirà una stabilità del valore. Garantirà cioè che il livello dei prezzi nell’economia sia tenuto sotto controllo: le banche centrali si pongono l’obiettivo di tassi di inflazione contenuti o addirittura zero, proprio perché il valore della moneta sia tenuto sotto controllo. Questo garantisce che la moneta venga continuativamente utilizzata negli scambi. È difficile, quasi impossibile, pensare che senza un intervento sovrano, di un’istituzione sovrana, il bitcoin possa essere utilizzato come moneta. Perché quello di cui c’è bisogno è garantire una certa stabilità del valore nel tempo di questa attività finanziaria, altrimenti continuerebbe a prevalere la sua natura di bolla, di investimento come riserva di valore, nella semplice aspettativa che il suo valore cresca.

«Il future sui bitcoin mi sembra del tutto equiparabile al future sul grano o sul petrolio. Non crea rischi sistemici»

Può diventare razionale l’impensabile, ossia che la comunità dei minatori di bitcoin faccia un patto con un’autorità perché lo regoli?

C’è tutta una superficie ideologica attorno a questo dibattito. C’è l’idea di tenere la moneta al di fuori del controllo dei tecnocrati e delle banche centrali. Ma il punto essenziale della possibilità di un’attività finanziaria di trasformarsi del tutto in moneta è proprio il fatto che esista un’autorità in grado di garantire una certa stabilità del valore reale di questa moneta nel tempo. Altrimenti intrinsecamente non assumerà mai la natura di moneta.

La possiamo considerare come una risposta affermativa. Consiglierebbe a un ipotetico congresso di minatori di farsi regolare da un’autorità?

Si possono anche autoregolare. Ci sarebbe comunque un’autorità singola, che loro eleggono. Potrebbe essere il “Gran Master di Bitcoin” che poi si trasformerebbe in un tecnocrate e monopolista che controlla tutto. L’idea di mantenere una valuta privata totalmente decentralizzata, che assuma i contorni essenziali di moneta non la vedo come logicamente una cosa possibile.

L’introduzione da parte di istituzioni finanziarie di futures sui bitcoin cambia lo scenario? Fa aumentare i rischi sistemici legati alla febbre del bitcoin?

No, non cambia assolutamente nulla. Esistono i futures sul grano, scambiati a Chicago, e quando il loro prezzo crolla non c’è alcun rischio sistemico. Sono semplicemente dei contratti che incorporano una certa dinamica delle aspettative. In generale non è mai stato ben chiarito in finanza se i futures portano a una maggiore o minore stabilità dei mercati. Il future sui bitcoin mi sembra del tutto equiparabile al future sul grano o sul petrolio.

«Le banche possono detenere bitcoin come investimento in una qualsiasi attività finanziaria, come detengono oro o titoli di Stato. Ma nel momento in cui si indebitassero offrendo come garanzia per ripagare i debiti l’aspettativa di crescita futura del valore di questi bitcoin, allora sì che i rischi diventerebbero grandi»

Quindi l’introduzione dei futures in sé non implica che le banche che lo emettono richiedano garanzie ad altri istituti finanziari?

No. Noi possiamo utilizzare dei contratti per scambiarci forward una quantità di bitcoin. È una modalità di contratto. È cosa molto diversa, invece, se ci sono delle banche che si indebitano offrendo come collaterale, ossia come garanzia, l’aspettativa che il valore di una certa quantità di bitcoin che loro detengono aumenti nel tempo. Questo è il punto chiave. Questo sì che genera rischi sistemici o macroeconomici. È esattamente quello che è successo nel periodo della bolla immobiliare statunitense

Qual è la similutidine?

Allora tante banche tra di loro si indebitarono, scommettendo sul fatto che i prezzi degli immobili continuassero a crescere. Nel momento in cui i prezzi degli immobili caddero, fu proprio l’interazione tra la caduta dei prezzi degli immobili e l’indebitamento di banche e a loro volta delle famiglie che c‘erano dietro che creò il dissesto. La stessa cosa accadrebbe con i bitcoin. Se le banche cominciano a indebitarsi, a detenere bitcoin.

Le banche devono stare alla larga dai bitcoin?

Possono detenere bitcoin come investimento in una qualsiasi attività finanziaria, come detengono oro o titoli di Stato. Ma nel momento in cui si indebitassero offrendo come garanzia per ripagare i debiti l’aspettativa di crescita futura del valore di questi bitcoin, allora sì che i rischi diventerebbero grandi. È l’interazione tra il valore di questa attività finanziaria e l’indebitamento sottostante che diventa pericoloso. Non il fatto che ci siano i futures e non il fatto in sé che le banche comprino i bitcoin. Ma se si indebitano offrendo a garanzia il valore dei bitcoin.

Basterebbe in questo caso che la Sec o la Consob di turno vietassero la possibilità di porre i bitcoin a garanzia dei debiti.

Sì. Ma basterebbe alzare i requisiti di capitale: io posso anche indebitarmi offrendo a garanzia l’incremento del valore dei bitcoin, ma questo può essere reso costoso dall’autorità di vigilanza. Possono imporre che per ogni dollaro di bitcoin che si mette a garanzia si deve mettere da parte X capitale proprio. Questo sì che è importante.

Lei si aspetta che le banche si buttino su questo meccanismo?

No, non credo. Nella misura in cui bitcoin diventerà un’attività finanziaria, verrà sintetizzata attraverso una cartolarizzazione all’interno di portafogli di attività sintetiche che vengono utilizzate come garanzia nei prestiti. Trovo difficile che il settore bancario si indebiti offrendo a garanzia il rendimento atteso futuro di una singola attività finanziaria. È la cosa più assurda da fare.

«Ciò che ancora non rende ovvio paragonare il bitcoin alla moneta è il fatto che l’uso di bitcoin per facilitare le transazioni è ancora molto limitato. Per ora è semplicemente una valuta e come tutte tutte le valute è una bolla»

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