Bernhard Scholz: «L’Italia deve ripartire dall’identità e dai valori delle medie imprese»

Mercoledì 21 febbraio a Vicenza il primo dei forum tematici territoriali del progetto Fabbriche per l’eccellenza di Cdo. Il presidente: «La comunicazione di prodotto non basta più. L’impresa deve costruirsi un’identità e affermarla sui mercati»

«Qual è il valore che possiedono per noi i nostri clienti e quale valore vogliamo creare per loro? Cosa vuol dire valorizzare i nostri collaboratori? Quanto contano per noi la qualità e l’efficacia? Quale valore attribuiamo agli aspetti ecologici e sociali? Qual è per noi il significato del profitto che andremo a generare?». A volte è più importante partire dalle domande giuste, se non si vogliono dare risposte sbagliate. E per Bernhard Scholz, presidente di Compagnia delle Opere, le domande giuste, le prime domande giuste per uscire dalla crisi e ridare corpo e fiato ad una ripresa sostanziale dell’economia, profondamente improntata dai tanti pregi che caratterizzano l’Italia, sono quelle che riguardano l’identità e i valori dell’impresa stessa, a partire dalla domanda che in qualche modo, riassume tutte le altre: «Per che cosa vogliamo essere riconosciuti?»

È da qui, dai valori e dall’identità, che parte il percorso territoriale di Fabbrica per l’Eccellenza, learning community promossa da Cdo per aggregare le aziende di medie dimensioni su temi che hanno lo scopo di approfondire aspetti della vita delle medie imprese particolarmente decisivi per la loro crescita e la capacità di affermarsi in modo duraturo sui mercati. E non è un caso che si parta da Vicenza, il prossimo 21 febbraio, non solo teatro della crisi del modello di banca di territorio, ma anche terra d’elezione di medie imprese eccellenti come Zambon, eccellenza italiana e internazionale nel campo farmaceutico E allora, forse, è il caso di ripartire da quelle domande, dal senso stesso del fare impresa. Ma per Scholz non è un tema che riguarda solo le aree di crisi della terza Italia: «Ogni impresa viene riconosciuta – sia dall‘interno sia dall’esterno – per una sua identità, grazie ad un insieme di fattori che confluiscono in una immagine con caratteristiche specifiche. Sono proprio tali caratteristiche a distinguerla, favorendo un determinato tipo di interesse, attrattiva, reputazione e curiosità. Soprattutto, l’identità è diventato un fattore imprescindibile per le imprese del made in Italy».

Perché?
Perché siamo chiamati a differenziarci dai nostri concorrenti low-cost. Specialmente per le imprese che competono nel mercato globale e puntano a creare valore attraverso strategie di differenziazione la comunicazione dei propri valori distintivi rappresenta un obbligo più che un’opzione strategica.

Ok, però prima di comunicarli, cerchiamo di capire di cosa parliamo, quando parliamo di identità imprenditoriale…
Parliamo di cose concrete: qualità, funzionalità, estetica dei prodotti o servizi, modalità di relazione con clienti, fornitori e collaboratori, rapporto con il territorio. Ma anche di marketing e pubblicità, oltre alla comunicazione pubblica dei suoi protagonisti. Tutto dev’essere coerente, per essere credibile.

Domanda: perché avete focalizzato l’attenzione proprio sull’identità delle medie imprese?
Perché nelle micro e, spesso, anche nelle piccole imprese le risposte a queste domande sono più implicite che esplicite. È l’imprenditore stesso, oppure sono i soci che, in qualche modo, “rappresentano” i valori dell’azienda attraverso le loro decisioni quotidiane: li “rendono presenti” utilizzandoli più o meno coscientemente come criteri e orientamenti delle proprie scelte. Più che riflessioni approfondite, si tratta di consuetudini che generano una cultura d’impresa molto legata alle persone che la guidano.

Mentre nelle medie imprese?
Nelle medie imprese, invece, il passaggio dall’implicito all’esplicito diventa necessario. Non appena un’impresa raggiunge una certa dimensione deve riflettere sulla propria identità e i propri valori, su ciò che è ma anche su ciò che vuole essere, seguendo la dinamica del già e non ancora tipica di ogni identità, ossia una tensione a diventare sempre più se stessi per realizzare la propria natura.

E come si fa a passare dall’implicito all’esplicito, concretamente?
In primo luogo, attraverso la delega come ripartizione di responsabilità: quando diverse persone (e non un “un uomo solo al comando”) devono prendere decisioni importanti all’interno della stessa organizzazione, è fondamentale che i criteri decisionali siano correlati ai criteri e, quindi, al sistema valoriale comune. Si rende allora necessaria una condivisione chiara ed esplicita di ciò che “vale” e di ciò che “conta”.

Non appena un’impresa raggiunge una certa dimensione deve riflettere sulla propria identità e i propri valori, su ciò che è ma anche su ciò che vuole essere, seguendo la dinamica del già e non ancora tipica di ogni identità, ossia una tensione a diventare sempre più se stessi per realizzare la propria natura


Bernard Scholz

Le dimensioni contano, quindi…
Sono fondamentali. Crescendo il numero di persone coinvolte e le distanze fra i luoghi nei quali si opera, la comunicazione interna non sarà più riconducibile a frequentazioni interpersonali – tendenzialmente ravvicinate, fatte di discussioni, colloqui e riunioni – in grado di garantire un certo grado di condivisione implicita. Ciò che nel piccolo può rimanere in qualche modo “immediato” nel grande deve essere “mediato”. Occorre definire, formulare e comunicare, utilizzando anche strumenti che vadano al di là del rapporto personale. Vale all’interno dell’impresa così come al suo esterno. Non c’è una differenza di contenuti “verso l’interno” o “verso l’esterno”: è per questa ragione, infatti, che si parla di “identità”. Ma fuori è più difficile.

In che senso?
Se all’interno dell’impresa risulta essenziale che una certa identità sia fortemente e approfonditamente condivisa da tutti – come elemento sostanziale del suo proprio costituirsi – verso l’esterno, invece, la stessa identità va in qualche modo conquistata ogni giorno.

In che modo?
Non basta più una mera comunicazione commerciale inerente a prodotti e servizi. È l’impresa stessa che deve affermarsi come entità che garantisce ciò che propone, che crea affidabilità e permette una solida fidelizzazione. Non è più ammissibile l’improvvisazione: dal posizionamento sul mercato alla brand reputation, tutto deve essere curato nei minimi dettagli.

E in che modo questo bisogno di identità si innesta coi valori d’impresa?
Per una media impresa, la definizione della Mission e della Vision, la definizione dei suoi valori e della sua value proposition, la definizione, quindi, della corporate identity e della corporate image diventano decisive perché possa continuare ad essere riconosciuta con efficacia dal mercato. La comunicazione di questa “identità” riguarda tutti gli stakeholder, dai collaboratori fino al loro territorio di appartenenza.

Concretamente, come aiuterete le medie imprese a rendere esplicita la propria identità e i propri valori?
È un compito che tocca alle imprese. La risposta alla nostra domanda parte dalle caratteristiche personali e imprenditoriali del fondatore e dei suoi successori, dalla cultura imprenditoriale tipica del paese o del territorio di origine, dalle caratteristiche del settore di mercato nel quale si opera e si compete. Fabbrica per l’Eccellenza vuole accompagnarle durante tutto il 2018 dentro questa riflessione: improvvisare un’identità imprenditoriale, lasciarla alla libera interpretazione di ognuno, senza promuovere una proposta sostanziale e sensata, rischia di essere un danno enorme, per l’impresa.

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