Lega e Cinquestelle, benvenuti nell’era della post-ideologia

Incarnano la difesa dei piccoli (legittimi) interessi. Raccolgono suggestioni quasi da decrescita felice, o di un capitalismo protezionista. La sinistra, da parte sua, offre solo una visione ascetica e penitenziale. Per questo Lega e Cinquestelle trionfano

Nasce la Terza Repubblica del voto postideologico. Almeno apparentemente. Le vittorie a valanga del M5s e l’affermazione della Lega lepenista disegnata e voluta da Salvini certificano l’affermazione di un nuovo modello politico anche in Italia, apparentemente oltre le vecchie fratture di classe di destra e sinistra. Ora è alto Vs basso, insider Vs outsider, sistema contro anti sistema. Nonostante la Lega governi da decenni il Nord, a Salvini è riuscita di proporsi come l’opposizione per eccellenza, come il nemico delle banche, delle lobby, delle tecnocrazie.

Un Salvini post ideologico, dunque, che oppone un solido senso comune da valligiano contro la affettata e molle borghesia radical chic che appoggia i partiti tradizionali. C’è del vero: la Lega, che è sistema almeno al Nord Italia, è partito di governo, di tanti operosi amministratori locali che sanno come asfaltare le strade e aprire le scuole. È il partito di una Regione Lombardia locomotiva d’Italia, non casamatta di esagitati nazisti in camicia verde. Alla sinistra dei massimi sistemi, dell’emancipazione dell’umanità che marcia verso il Sol dell’Avvenir, gli elettori hanno preferito la concretezza delle piccole politiche pubbliche affidabili degli amministratori leghisti, in barba alla retorica sul pericolo fascista che molta stampa e intellettuali hanno sollevato in questi mesi. Sono gli elettori di Salvini fascisti? Sarebbe un ulteriore clamoroso errore per la sinistra ritenerlo. Le proposte della sinistra sembrano lontane dal paese reale. I suoi valori purissimi sono quasi ascetici e penitenziali – dovere morale, accoglienza, pagare le tasse, austerità -. Di fronte questo universo ideale quasi ultramondano, l’uomo qualunque sceglie sicurezza e protezione. Non era difficile immaginarlo.

Sono gli elettori di Salvini fascisti? Sarebbe un ulteriore clamoroso errore per la sinistra ritenerlo. Le proposte della sinistra sembrano lontane dal paese reale. I suoi valori purissimi sono quasi ascetici e penitenziali

La natura postideologica del M5s, d’altronde, è il vero tratto caratterizzante del partito fondato da Grillo. È stata richiamata anche da Di Maio nel suo primo discorso, quando ha esplicitamente legato la fisiologia dei cinque stelle alla “nascita della Terza Repubblica dei cittadini”, sulle ceneri di una implicita Repubblica della partitocrazia e delle lobby. Qui Di Maio non può fare leva sui tanti buoni amministratori delle Lega, anzi, i governi a guida pentastellata vanno male. Ma il Movimento è stato il primo a parlare di superamento delle ideologie per mettere al centro il popolo: un richiamo molto seducente, soprattutto per un elettorato di sinistra esausto da correntismo e fazionismo e deluso dall’involuzione oligarchica delle sinistre.

In realtà, il postideologico è chiaramente una ideologia, benchè nuova e allettante, e le classi sociali non sono scomparse, quale che siano le rappresentazioni ideali che gli elettori e i partiti antisistema producano per legittimarsi. Lega, M5s e anche Fratelli d’Italia condividono una comune natura protezionista e mercantilista, che si esprime in misure assistenziali, redditi universali, “Welfare chauvinism”, attraverso il quale si rafforzano le protezioni nei riguardi dei cittadini nazionali, depauperati dalla competizione sul mercato del lavoro e nell’accesso ai servizi sociali da parte dei migranti.

Queste posizioni si iscrivono in un più generale rifiuto del capitalismo liberale e concorrenziale, rispetto al quale questi partiti propongono, da una parte “decrescite felici” e superamento del Pil (proposto dal ministro grillino in pectore Lorenzo Fioramonti), dall’altra un capitalismo mercantilista e illiberale, che ha in odio le liberalizzazioni che l’Unione europea promuove e prende la forma del “comprare italiano”e dell’imposizione dei dazi. Un capitalismo moderno, non postmoderno, “ferro e segale”, l’avrebbe definito Gramsci, blindato dalla competizione globale, fatto di economia reale per sfamare gli italiani, contro la finanziarizzazione dell’economia promossa dai regimi liberali, e che si accompagna a una certa epica ruralista che assume la forma delle battaglie No Tav, No Triv, No Tap. Strapaese e stracittà unite in un afflato autarchico.

Queste posizioni si iscrivono in un più generale rifiuto del capitalismo liberale e concorrenziale, rispetto al quale questi partiti propongono, da una parte “decrescite felici” e superamento del Pil (proposto dal ministro grillino in pectore Lorenzo Fioramonti), dall’altra un capitalismo mercantilista

La natura di classe di questo elettorato è chiara. Sono i perdenti di una globalizzazione che la sinistra non ha governato e che ha invece invocato come un feticcio: poveri, proletari ma soprattutto ceto medio impaurito; figli precari di funzionari pubblici, nel Mezzogiorno, che non riescono a confermare la classe sociale di provenienza delle famiglie di origine, piccoli imprenditori del Nord Est e capitalismo relazionale bisognoso di protezionismo e commesse pubbliche nel Nord Ovest.

I primi sedotti dal reddito di cittadinanza, i secondi dalla flat tax, tutti impauriti dalla globalizzazione e dalle liberalizzazioni, a partire da quella liberalizzazione del mercato del lavoro coatta che la sleale concorrenza salariale dei migranti induce; tutti sedotti dal miraggio di un nuovo statalismo. Insomma, come già Trump in America, votato dagli operai delle fabbriche che chiudevano, così il M5s e Lega dilagano nelle rosse Terni, Grosseto, Ponticelli, Pomigliano.

Con buona pace di Renzi che andava a braccetto con Marchionne. Il vero moltiplicatore dell’ideologia del postideologico è stata, infine, la televisione. Altro che Web e popolo della Rete. Lega e M5s hanno monopolizzato la tv; Di Maio ha dettato l’agenda, grazie alla brillante idea di rivelare il suo governo prima. Eppure, nonostante le similitudini fra questi movimenti, non è scontato possano fare un governo insieme: come tenere insieme la flat tax per il Nord con il reddito di cittadinanza per il Sud? Non è detto che, a breve, non si scateni un’ulteriore frattura sociale, fra Mezzogiorno e Settentrione.

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