Tratto dall’Accademia della Crusca
Va premesso che le variazioni di forma dei prefissi dipendenti dall’incontro con i suoni iniziali della parola con cui i prefissi si combinano sono fenomeni normali nella pronuncia, spesso riportati anche nella grafia. Meno frequente è invece la presenza di variazioni di forma in uno stesso contesto. Nel caso di con-, l’assimilazione di /n/ è totale davanti a consonanti sonoranti /l/, /m/ e /r/ (per es. collegare, commuovere, corresponsabile); davanti ad altre consonanti, nella pronuncia, si ha invece assimilazione del solo luogo di articolazione, ma soltanto nel caso di /b/ e /p/ l’assimilazione è riportata nella grafia (per es. combattere, comprendere), mentre la grafia rimane invariata davanti a /f/, /v/, /k/ e /g/ (per es. confondere, convolare, concatenare, conglobare). La /n/ tende a cadere in combinazione con parole che cominciano con /s/ + consonante (per es. costruire, costringere) e ciò accade soprattutto in parole di largo uso, documentate da secoli. Nei casi di coppie come conspirare / cospirare, conspicuo / cospicuo la forma con n è limitata all’ambito più formale o letterario. Pochissimi sono i casi in cui le due forme si distinguono per significato (come constare / costare). Una particolarità che distingue con– dagli altri prefissi che terminano in n è la caduta della consonante davanti a parole che cominciano in vocale (per es. coabitare, coevo, cooperazione; cfr. invece inabitabile, inespresso, inospitale); si tratta di un fenomeno già proprio del latino, come dimostrano i verbi latini coacervo “accumulare” e coalesco “stringersi” (fra le poche eccezioni comedo “mangiare”).
Quello appena descritto è il comportamento del prefisso con– fino alla metà del XX secolo. Negli anni successivi alla fine della seconda guerra mondiale, la forma co-, da variante di con– davanti a vocale e opzionalmente davanti /s/ + consonante, ha gradualmente soppiantato la forma con– in tutti i contesti fonotattici, fino a diventare attualmente l’unica forma realmente produttiva.
La fortuna di co– a discapito di con– si può spiegare con la combinazione di fattori esterni (prestigio e diffusione dei prestiti dall’inglese e in misura minore dal francese) e interni (recente tendenza alla invariabilità fonetica dei prefissi): cfr. Iacobini (2003).
Una data importante per la diffusione di co– è il 13 ottobre 1943, giorno in cui venne diffuso anche in traduzione italiana il comunicato del comando Alleato che riconobbe all’Italia governata da Badoglio il titolo di cobelligerante (cfr. Väänänen 1979: 317):
The governments of Great Britain, the United States and the Soviet Union acknowledge the position of the Royal Italian Government as stated by Marshal Badoglio and accept the active cooperation of the Italian nation and armed forces as a co-belligerent in the war against Germany. […] The relationship of co-belligerency between the governments of Italy and the United Nations cannot of itself affect the terms recently signed [enfasi mia].
I termini cobelligerante e cobelligeranza ebbero un’immediata e amplissima eco in Italia su tutti mezzi di informazione. Si deve invece probabilmente alla lingua francese, e sicuramente al successo dei film delle case di produzione statunitensi girati a partire dagli anni ’50 in Italia, la diffusione della parola coproduzione, accompagnata da coproduttore e dall’aggettivo participiale coprodotto.
Le parole in co– si affermarono velocemente nell’uso, nonostante la reazione di diversi linguisti italiani. Bruno Migliorini nel volume Parole Nuove, l’ultima sua Appendice al Dizionario moderno di Alfredo Panzini (Migliorini 1963), pur criticando cobelligerante e cobelligeranza come anglicismi, al posto dei quali suggerisce combelligerante e combelligeranza, riconosce che questi ultimi erano adoperati molto di rado, e segnala diversi neologismi in co-, tra i quali, cogarante, cogemello, cograduato, copilota. Veemente e colorita fu poi la reazione di Franco Fochi (1966: 37) alla diffusione nell’uso della parola coproduzione, che venne avvicinata a parole come coprofagia e coprolalia.
È opportuno notare che anche in altre lingue romanze, come il portoghese, lo spagnolo e il francese, co– è la forma produttivamente impiegata del prefisso che esprime i significati di “unione, partecipazione, simultaneità”, e che l’uso di tale forma in tutti i contesti fonotattici ha le sue origini in testi latini medievali di ambito britannico (cfr. Väänänen 1979: 321-323), in cui è talvolta in alternanza con le forme in com– (per es. cofrater / confrater, coparticeps / comparticeps). In italiano la parola comfort è attestata dalla seconda metà del XIX secolo e deriva dall’inglese (dove era attestata già in epoca medievale), lingua in cui era arrivata come prestito dal francese antico confort, che continua il latino confortare“fortificare”. Non è comunque del tutto estranea all’italiano antico la grafia mf (cfr. comfecto, comfessare, comfine).
Pur se veicolata recentemente per il tramite di parole di origine straniera, la forma co– si è affermata in italiano a partire da parole risalenti alle varietà del latino medievale. È plausibile che la fortuna della forma co– nell’italiano contemporaneo, oltre che dal prestigio e dalla diffusione delle parole di origine straniera, sia stata favorita anche da una recente tendenza che riguarda l’insieme dei prefissi dell’italiano: quella di non subire modifiche dovute all’incontro con i suoni delle parole con cui si combinano anche nei contesti in cui in fasi precedenti della lingua tale modifiche erano la norma. Si tratta di una tendenza che non riguarda la sola prefissazione, ma più in generale la lingua italiana contemporanea, che favorisce il mantenimento di una forma costante e invariabile delle parole anche in contesti che prevedono l’incontro di suoni non precedentemente ammessi (cfr. De Mauro 1976: 408-9). Si pensi a parole derivate con il prefisso sub-, quali soccombere av. 1342, soccorrere ca. 1300 / subconscio 1960, subcontinente 1970; suddividere av. 1320 / subdesertico1960; soffocare av. 1292, suffisso 1855 / subfornitore 1995.
La perdita della consonante finale n del prefisso permette alla forma co– di rimanere inalterata in tutti i contesti fonologici. Tra le parole attestate a partire dalla seconda metà del Novecento, oltre a quelle già menzionate, possiamo ricordare: codetenzione, cofirmatario, cogarante, cogeneratore, copresidente, coprocessore, coreferente, cosottoscrittore, cotraduttore, covalente.
Possiamo concludere affermando che i prestiti come cobelligerante e coproduzione hanno contribuito al passaggio di co– da variante a unica forma produttivamente impiegata del prefisso, assecondando una tendenza in atto nella fonologia dell’italiano contemporaneo, che consiste nella non modificabilità della forma dei prefissi.