«Ogni Paese dovrebbe avere almeno un grande un hub culturale in grado di valorizzare al meglio le sue ricchezze e le sue potenzialità, per attrarre investimenti e talenti. Per essere qualcuno nel mondo, devi cominciare dal miglior cultural hub nel mondo, che sia coerente, ovviamente, con i tuoi talenti. Perché tutto parte della formazione». Così ci disse Alain Dehaze, ceo di Adecco Group in un’intervista che concesse a Linkiesta qualche mese fa. E in fondo, in qualche modo, anche in Italia qualcuno sta provando a costruire qualcosa di simile. L’Università Statale, per la precisione, che con 7.000 nuove pubblicazioni ogni anno, 18 progetti di ricerca europei la Statale di Milano è al primo posto in Italia e tra le prime 100 Università del mondo in medicina e scienze della vita, uno degli atenei più produttivi nella ricerca in Europa.
Quel che stava provando a fare la Statale, dicevamo, con la creazione di un nuovo campus dedicato alle scienze della vita nell’area che ha ospitato Expo 2015, in cui troverebbero casa le facoltà scientifiche dell’ateneo: «Si tratta di un’ecosistema dotato di tutti i servizi che contraddistinguono il modello di campus aperto all’innovazione, alla dimensione internazionale, alla condivisione delle conoscenze e a sinergie con ambienti diversi, come Human Technopole, l’Ospedale Galeazzi e i laboratori di ricerca di grandi imprese», spiega Giuseppe De Luca, candidato rettore dell’Università Statale contro Elio Franzini, in un’elezione che in molti definiscono “storica”.
Già, perché se al ballottaggio del 27 e 28 giugno dovesse vincere il professor Franzini, che al secondo turno risultava in vantaggio di nove voti, il progetto Campus potrebbe saltare. Con Franzini, si è schierato il personale non docente dell’ateneo, in particolare la rappresentanza sindacale unitaria che nell’ateneo milanese è guidata dalla Cgil, ma anche alcuni rappresentanti degli studenti e dei professori, generalmente meno inclini al trasferimento. In questa partita Giuseppe De Luca rappresenta l’erede naturale di Gianluca Vago, il rettore della svolta e del progetto Campus: «Mi ritrovo contro le parti dell’ateneo che meno hanno capito l’importanza di questo progetto e non si sono ritrovato nelle modalità del suo sviluppo – spiega De Luca – Il Campus rilancerebbe le aree scientifiche, facendo di Milano uno dei centri del sapere europei nelle scienze della vita. Siamo in un momento cruciale: la città corre, sta arrivando anche la Luiss e proprio mentre potremmo costruirci un trampolino per l’Europa, il futuro diventa una minaccia».
A favore del suo progetto, De Luca porta una serie di motivazioni difficilmente confutabili. Prima fra tutte, la razionalizzazione degli spazi: «Città studi sta collassando, per mille ragioni – spiega -. In primo luogo perché gli edifici universitari sono molto distanti tra loro, distribuiti in una distanza complessiva di dieci chilometri, tra Loreto e Segrate, nate nel tempo sulla base di necessità contingenti, senza alcuna progettualità sottostante. Non solo, ma sono pure edifici sbagliati, in alcuni casi pure residenziali. Basti pensare che farmacologia si trova in un condominio in via Balzaretti, e alle sei di sera i ricercatori sono costretti a spegnere le cappe per gli esperimenti». Non solo: molti edifici si trovano in uno stato di manutenzione che non assicura gli standard di efficienza e sicurezza richiesti oggi a moderni laboratori di ricerca e non sono ristrutturatili a causa dei vincoli storico-architettonici che gravano su di essi.
Non è solo una questione di necessità, però: «Prossimità e flessibilità sono i cardini del progetto Campus – spiega De Luca -, perché consentono di sperimentare modelli più razionali ed efficienti per la ricerca, modelli gestionali più leggeri e funzionali, modelli didattici innovativi. Inoltre, la realizzazione di una piastra scientifica di laboratori di alto livello, con strumentazione condivisa da più dipartimenti è un obiettivo che permetterebbe una gestione delle attività di ricerca assolutamente innovativa e notevoli economie di scala». Con, in più, il fatto che nell’ambito del progetto per la realizzazione del Campus in area Expo in città studi si insedierebbero diverse facoltà e laboratori che oggi sono disseminati in tutta la città, in un progetto di razionalizzazione complessiva della presenza universitaria milanese.
Non bastasse, ci sono anche 135 milioni di euro sul piatto, garantito dal Governo e dalla Regione Lombardia all’interno del “patto per la Lombardia” finalizzato espressamente allo sviluppo in area Expo di un insediamento universitario: «Se hanno messo quei soldi, una rarità nel mondo universitario è perché pensano che per la prima volta ci sia l’ambizione di costruire un grande polo europeo d’innovazione, di cui i 20mila studenti di tutte le facoltà scientifiche della Statale sono il fiore all’occhiello. Nel masterplan il nostro trasferimento è il cardine fondamentale. Se non ci siamo noi rischia di saltare tutto»·