Povero George Soros. All’alba dei suoi primi 87 anni di vita, l’investitore miliardario e filantropo sta vivendo un 2018 in cui i suoi peggiori incubi si stanno avverando. Primo fra tutti, l’odio che gli ha giurato Viktor Orban, primo ministro dell’Ungheria, il Paese in cui è nato. Un, odio questo, che dura ormai da anni, ma che si rinnova con sempre nuove vicende. Il leader ungherese, – che, ironia vuole, beneficiò nel 1989 di una borsa di studio per frequentare Oxford offerta proprio da George Soros – ha recentemente denunciato un presunto “piano di Soros” per riempire l’Ungheria di musulmani. L’idea di Orban è semplice e acchiappavoti: Soros sarebbe l’attivo responsabile di strategie che favorirebbero l’immigrazione islamica di massa a scapito della cultura cristiana dominante. Una specie di sostituzione etnica, insomma, da realizzare tramite la gestione delle rotte dei migranti attuata mediante le ONG, fondazioni e organizzazioni benefiche finanziate con i fondi del ricco ungherese naturalizzato americano.
Nemico pubblico del governo ungherese, George Soros lo è da quando sostenne il piano dell’Unione Europea per ricollocare i profughi siriani in tutto il blocco dei 27 Paesi, anche in Ungheria. Insomma, George Soros, al secolo György Schwartz, nato proprio a Budapest, si è visto etichettare come nemico numero uno proprio da quella terra che lo ha partorito. Insieme alla sua coalizione Fidesz-KDNP, Orban ha così nel tempo potuto ulteriormente consolidare il suo potere, diventando una delle voci più influenti negli ambienti della destra radicale europea, riuscendo abilmente a spostare il focus dalle sue politiche a quello che sarebbe il vero cattivo a cui tutti i drammi del Paese sono imputabili: il povero George Soros, per l’appunto.
Un esempio lampante è la recentissima misura passata al Parlamento: la STOP SOROS. Si tratta di un provvedimento che mira a colpire chiunque si impegni nell’aiuto di migranti irregolari, sia che si tratti di organizzazioni, sia che a prodigarsi siano privati cittadini. E certo, in primo luogo, ogni possibile attività di George Soros. Il senso del provvedimento, per la retorica nazionalista di Fidesz, è bloccare chiunque provi, consapevolmente o inconsapevolmente, ad aiutare la politica di Soros per l’accoglienza. Non solo bloccando le attività delle ONG attive nell’assistenza a profughi e rifugiati, e ogni forma di aiuto e sostegno – cibo, acqua, vestiario, distribuzione di materiale informativo, assistenza legale e via dicendo – a singoli individui (pena il carcere fino ad un anno), ma anche vietando di chiedere asilo in Ungheria, se prima dell’arrivo non si è passati da un paese terzo ritenuto sicuro. È chiaro il fine ultimo: che bisogno avrebbe un migrante di attraversare i confini ungheresi se ha già trovato un paese sicuro in cui vivere?
Povero George Soros. All’alba dei suoi primi 87 anni di vita, l’investitore miliardario e filantropo sta vivendo un 2018 in cui i suoi peggiori incubi si stanno avverando. Primo fra tutti, l’odio che gli ha giurato Viktor Orban, primo ministro dell’Ungheria, il Paese in cui è nato
Insieme alla Stop Soros, anche la riforma del settimo emendamento della Costituzione ungherese è la dimostrazione di una netta distanza di Orban non solo da Soros, ma anche dalle regole europee in materia di immigrazione. Il testo decreta infatti il divieto di “insediare popolazioni straniere in Ungheria”, la creazione di tribunali speciali per giudicare gli atti amministrativi dello Stato, e la limitazione del diritto di manifestare e del diritto di riunione, negando anche la dimora in luoghi pubblici per i senzatetto. Insomma, se ancora ci fossero dubbi, Soros e tutte le ONG finanziate dalla sua Open Society Foundation non sono le benvenute nel paese della democrazia illiberale.
La demonizzazione di Soros in Ungheria, però, non è un caso isolato. Un effetto eco si è propagato in maniera dirompente arrivando fino all’America, all’Italia, alla Francia, alla Russia. Nonché Polonia, Macedonia, Romania e Turchia. Tutte le frange della destra radicale hanno ben in testa chi è il loro nemico. Lo incolpano di qualsiasi cosa: dalla simulazione di un attacco chimico in Siria, al finanziamento delle marce anti-Trump a Washington, dalla pressione per un cambio di governo in Macedonia all’indebolimento del primo ministro israeliano grazie a campagne di diffamazione. Odiato in Francia, dove è stato processato per insider trading ai danni di Société Génerale. Odiato in America dal tycoon Donald Trump, che detesta il sostegno del magnate alle cause liberal e alle istituzioni internazionali, nonché l’appoggio – con quasi 25 milioni di dollari – alla campagna elettorale di Hillary Clinton. «In America, sua patria di adozione, dopo la fuga dalle persecuzioni naziste nella natia Budapest, Soros è noto per le sue posizioni polemiche e provocatorie di sinistra – scrive Il Sole 24 Ore -. Soros ha preso anche posizioni iconoclaste a favore della decriminalizzazione delle droghe leggere e dell’eutanasia». Pure in Israele, nonostante sia ebreo, Soros non è di casa: è in atto una lotta ideologica che vede contrapposto il governo israeliano alle organizzazioni non governative legate alla sinistra internazionale (come la New Israeli Fund), spesso sostenute e finanziate proprio da Soros. Abbastanza per far sì che Netanhyau lo definisse “nemico di Israele”.
Ora, dulcis in fundo, la demonizzazione di Soros è arrivata pure in Italia, dove il fronte a lui avverso ha arruolato il leader della Lega Matteo Salvini. Il neo ministro dell’Interno, a seguito delle preoccupazioni del finanziere riguardo l’influenza del governo russo su quello italiano espresse durante il festival dell’economia a Trento, confermate poi dal contratto del nuovo governo che elimina le sanzioni a Putin, ha affermato di non aver mai «ricevuto una lira, un euro o un rublo dalla Russia, ritengo Putin uno degli uomini di stato migliori e mi vergogno del fatto che in Italia venga invitato a parlare uno speculatore senza scrupoli come Soros». Ecco qui, ci risiamo. Perché il magnate è considerato un nemico anche dal Presidente russo, Vladimir Putin, che ha fatto dichiarare come indesiderate alcune delle ONG da lui finanziate o a lui direttamente collegate. Secondo un articolo del New York Times del 2004, Soros, tra le altre cose, è accusato di aver finanziato i movimenti anticomunisti durante la Rivoluzione delle Rose del 2003, in Georgia, e la successiva presidenza di Mikheil Saak’ashvili.
Non bastasse, tutto il mondo ricorda bene quando, nel 1992, il filantropo fu il principale artefice del Mercoledì Nero sui mercati finanziari. Con il suo fondo Quantum, oggi chiuso, Soros liquidò sterline allo scoperto per un equivalente di circa 10 miliardi di dollari statunitensi causando ingenti danni alla Banca d’Inghilterra. La stessa azione fu portata avanti anche con la Banca d’Italia, che fu costretta a vendere 48 miliardi di dollari di riserve per sostenere il cambio, portando a una svalutazione della moneta italiana del 30% e l’estromissione della lira dal sistema monetario europeo. Per rientrare nello Sme, il governo italiano fu obbligato a una delle più pesanti manovre finanziarie della sua storia – circa 93 mila miliardi di lire – al cui interno, tra le altre cose, fece per la prima volta la sua comparsa l’imposta sulla casa (Ici), oggi Imu. «Gli speculatori fanno il loro mestiere, – affermò a seguito di quell’operazione – non hanno colpe, queste semmai competono ai legislatori che permisero tale speculazione». Di fatto, quell’operazione portò nelle tasche di Soros oltre 1 miliardo di dollari. Nessuno disse molto all’epoca, ma quando questi fatti vennero diffusi, nell’agosto del 2016, da Dc Leaks le mail hackerate della Open Society Foundations, ci fu di che parlare. Il gruppo di pirati informatici artefice dell’operazione scrisse nel proprio comunicato che «George Soros guida più di 50 fondazioni sia globali che regionali. È considerato l’architetto di ogni rivoluzione e colpo di Stato di tutto il mondo negli ultimi 25 anni».
Lo odiano proprio tutti, insomma, da destra e da snistra. Vero è che George Soros non le manda tanto a dire. E quando sta zitto, la sua immensa ricchezza parla per lui: il suo patrimonio netto, a maggio 2017, risultava essere di 25,2 miliardi di dollari. Il che lo piazzava tra le 30 persone più ricche del Mondo secondo Forbes Magazine. Come riportato dal New York Times e dallo stesso sito della Open Society Foundation (OSF), a seguito della donazione di quasi 18 miliardi di dollari, pur avendo così pagato con la discesa al 195° posto nella classifica stilata da Bloomberg, con un patrimonio netto di 8 miliardi, la OSF si è trasformata nella seconda più grande organizzazione filantropica negli Stati Uniti (la prima è la Bill & Melinda Gates Foundation). Il povero Soros, quindi, si è costruito un impero economico contro nazionalisti e sovranisti talmente forte da poter sostenere qualsiasi guerra ideologica. Tramite Open Society Foundations, che lavora in oltre 100 paesi con un quartier generale a New York, e una rete di centinaia di ONG da lui finanziate che operano coprendo un enorme spettro di attività e collegamenti fortissimi con i media internazionali, Soros si stima abbia donato oltre 11 miliardi di dollari sotto forma di denaro e aiuti umanitari per migranti, donne, minoranze etniche, razziali, religiose e sessuali. Numerosissimi i partner che è riuscito a coinvolgere: Banca Mondiale, WHO, UNICEF, OSCE, UE, UNESCO, Consiglio d’Europa. E poi: organizzazioni governative, governi, fondazioni europee e americani, università ( Oxford, Cambridge, Ottawa, Maastricht University).
Risulta davvero impossibile negare a Soros il ruolo decisivo nello scacchiere geopolitico mondiale. Un ruolo che sembrerebbe sostituire quello assente delle sinistre mondiali ed europee, che non riescono a combattere e a reagire all’ondata populista a cui tanto la destra radicale presta il fianco. Sarà mica il povero Soros l’unico uomo di sinistra?
Di fatto, il magnate, in virtù della forza economica che possiede, è l’unico a potersi permettere certe influenze, e quindi affermazioni, nel panorama geopolitico mondiale. Un attore a volte ben più potente degli Stati, una bestia nera che la mette in barba a qualsiasi leader che non porti avanti i temi di punta dei Democratici: immigrazione, anti-militarismo, anti-tortura, anti-razzismo, a favore dei palestinesi, pro-latinos, pro-musulmani. E poi certamente clima, ambiente, lavoro, diritti delle donne e LGBT, droga, educazione, sanità.
Ora che il clima politico mondiale è cambiato e le idee liberali hanno una voce fioca, il grido di un internazionalismo inneggiante a una cultura aperta e a difesa dei diritti dell’individuo si sente ancora di più. Risulta davvero impossibile negare a Soros il ruolo decisivo nello scacchiere geopolitico mondiale. Un ruolo che sembrerebbe sostituire quello assente delle sinistre mondiali ed europee, che non riescono a combattere e a reagire all’ondata populista a cui tanto la destra radicale presta il fianco. Sarà mica il povero Soros l’unico uomo di sinistra? Realtà vuole che adesso stia finanziando anche la campagna anti-brexit promossa da Best for Britain per il 20% del totale dei fondi. Ciò che tanti leader mondiali stanno cercando di evitare senza alcun successo, Soros lo conquista nella metà del tempo. E così Best for Britain ha chiesto agli elettori britannici di fare pressione ai membri del Parlamento per forzare un referendum sul divorzio del governo inglese dall’UE entro il prossimo marzo.
Insomma, l’unico vero nemico dei nazionalisti e sovranisti. L’unico vero potente capace di contrapporre le idee di una società aperta, senza muri e barriere, a quella chiusa, fatta di paura dell’altro, che stanno portando avanti gran parte degli Stati. Globalista contro sovranisti, sempre nell’ombra del capitalismo più sfrenato. In veste di attivista filantropico George Soros è riuscito ad intervenire negli affari interni di nazioni in ogni angolo del pianeta. Una crisi di coscienza, tra business e interesse sociale, che il magnate risolve così: «Nel business ho sempre fatto il mio interesse, ma da intellettuale ha perseguito l’interesse sociale. Quando questi due principi sono in conflitto, l’interesse pubblico deve prevalere». Una sorta di cane da guardia della democrazia che ha fondi sufficienti per agevolare una visione precisa della società e sbaragliare il campo alle destre estreme. «Tutto quello che è imperfetto può essere migliorato», si legge sul sito di OSF.
Sarà forse questo, in fondo, il motivo per cui il povero Soros è odiato e respinto da tutti?
Postilla a margine. Chi scrive e chi pubblica non è finanziato da Soros. Non ancora.