Il Taser è un’arma di tortura, non c’entra nulla con la sicurezza

Il Capo della Polizia Gabrielli ne ha preannunciato il prossimo utilizzo da parte della polizia italiana, ma il T.A.S.E.R. è considerata dalle Nazioni Unite un'arma di tortura e, minimizzando il danno, aumenterà la violenza nelle nostre strade e la nostra percezione di insicurezza

Taser. Una parola che abbiamo sempre sentito nominare nei film e nelle serie tv americane e che appare oggi, sulle prime pagine di praticamente ogni quotidiano italiano, dopo le dichiarazioni del Capo della Polizia Gabrielli, che ne ha preannunciato l’utilizzo di queste sotto specie di pistole non mortifere anche da parte della polizia italiana.

Si scrive Taser, così come si pronuncia, ma a voler essere pignoli si scriverebbe T.A.S.E.R. perché se anche è vero che il nome simula l’inglese e maschera la sigla, in realtà l’origine di questa parola è un acronimo, una di quelle parole che si forma mettendo insieme le iniziali delle parole che formano una frase.

“T.A.S.E.R.”, che sta per Thomas A. Swift’s Electric Rifle, il fucile elettrico di Thomas A. Swift, meglio conosciuto, da bambini americani che ormai sono ultracentenari, se non sono polvere, come Tom Swift, il giovane protagonista di una famosa serie di fumetti popolari americani diffusi nei primi anni del Novecento. Un inventore, più precisamente, una specie di Capitano Nemo all’americana, che in ogni volumetto proponeva qualche mirabolante invenzione futuristica che tra l’altro, non di rado almeno, in pochi anni o in qualche decennio diventava poi realtà: sottomarini volanti, magneti silenzianti, biciclette motorizzate, robot giganti e strani aeromobili di ogni foggia, ma anche pistole elettrificate, per l’appunto, come il Taser, strumento ormai molto diffuso tra le forze di polizia americane, diventata celebre per alcuni non certo simpatici video di arresti violenti.

A onor del vero e del giusto, l’uscita di ieri di Gabrielli non è stata sparata fuori dal nulla. Già da qualche anno, infatti, dal 2014, quando qualcuno lo propose come dotazione per la polizia impegnata negli stadi, per sedare i tifosi violenti insomma. A quel giro l’aveva proposta con un emendamento al decreto per arginare le violenze negli stadi il deputato di Forza Italia Gregorio Fontana. Ora però si fa sul serio. La sperimentazione si farà inizialmente in sei città sparse per l’Italia, da Milano a Catania, e vedrà il coinvolgimento, ha detto ieri Gabrielli, di alcuni corpi selezionati di polizia e carabinieri.

Non mortifero, dicevamo. Sì, effettivamente il Taser non uccide. Almeno non direttamente. Quello che fa il Taser è semplicemente spararti addosso due dardi che, attaccati mediante cavetti trasparenti al corpo dell’arma, sprigionano direttamente sul fermato una scarica elettrica ad alta tensione ma a bassa intensità. Giusto il necessario per farti collassare il sistema nervoso, farti crollare a terra in preda alle convulsioni, ma senza ucciderti.

A vedere le immagini degli arresti, negli Stati Uniti, si capisce un po’ meglio perché questa arma, che in Italia è giudicata non da fuoco pur prevedendo il possesso del porto d’armi per averla in casa, è considerata dalle Nazioni Unite come un’arma di tortura: la scarica è talmente forte che non si riesce a stare in piedi, a parlare, nemmeno a muovere gambe e braccia, che tipicamente in questi casi si muovono di scatto, innaturalmente, come quando si viene colpiti da una crisi epilettica.

“Miglioreranno la sicurezza dei cittadini e l’efficenza delle forze dell’ordine”, avrebbe affermato il Capo della Polizia parlando di questo aggeggio infernale. I dubbi non sono soltanto leciti, ma sono anche insiti in questa frase e nel contesto in cui è stata pronunciata, ovvero all’indomani dell’uccisione da parte di un poliziotto di un sospettato armato di coltello, a Genova.

Se ci fosse stato il Taser, presuppone il discorso di Gabrielli, il ragazzo — un 21enne — sarebbe ancora tra noi e la polizia non sarebbe stata accusata di omicidio da una parte dell’opinione pubblica (tranquilli, il neo ministro dell’Interno, l’onorevole Matteo Salvini, ha già dichiarato prontamente il suo sostegno alla vittima, ovvero il poliziotto, che giustamente è intervenuto per salvare un suo collega).

Non sono mortiferi, significa che non uccidono. È per questo che si suppone che miglioreranno la nostra sicurezza. Quindi, procedendo per tranquilla deduzione, la nostra sicurezza sarebbe in pericolo in questo momento dal fatto che la polizia possiede armi potenzialmente mortali. Ok, continuiamo la deduzione: questi Taser miglioreranno anche l’efficenza delle forze dell’ordine. Molto bene, e come? Chiaro, aumentando l’uso, ovvero aumentando la violenza.

È questa l’equazione che Gabrielli ha messo sul tavolo, ed è un’equazione molto più che preoccupante. È fuori dalle regole che ci siamo auto imposti quando abbiamo costituito uno stato, una società, un patto sociale. Siglando la Costituzione abbiamo ceduto il monopolio della forza alle forze dell’ordine, è vero. Ma è anche vero che questo monopolio serve a scongiurare una diffusione della violenza, non a incentivarlo.

E perché mai, si chiederanno gli aspiranti sceriffi tricolore, il Taser aumenterebbe la violenza? È molto semplice: il danno di un’arma e la diffusione della violenza stanno tra loro in rapporto inversamente proporzionale. Che vuol dire? Che più cerchi di minimizzare il potenziale danno (sì, potenziale, ricordiamoci che le armi le diamo alla polizia sperando che non le usino, perché le abbiano solo loro, non perché speriamo che le usino) di una singola arma, più aumenti il grado di potenziale violenza nelle forze dell’ordine. Esattamente come al contrario, più massimizzi il potenziale danno di un’arma, più limiti il suo utilizzo — ovviamente in regime di pace sociale — e quindi limiti la violenza.

Potremmo chiamarlo il paradosso dell’Atomica, o il teorema del Militare in strada con un’arma d’assalto. Se abbiamo delle bombe atomiche sotto le chiappe — quelle americane, di atomiche, non di chiappe — è infatti paradossalmente per NON usarle, non per scatenare una guerra atomica mondiale. Esattamente come il fucilone d’assalto che diamo ai militari che pattugliano le nostre strade glielo diamo per NON usarlo, non per sparare in mezzo alla strada.

La dotazione del Taser alle forze dell’ordine italiane, insomma, è una decisione pericolosa e non farà diminuire di certo la violenza delle forze dell’ordine in Italia. Anzi, se possibile la farà aumentare, perché sicuri di non uccidere, potranno sparare con il Taser con molta più tranquillità. E, da ultimo, in un paese dove il reato di tortura è stato approvato soltanto da pochi mesi e in maniera molto discussa, che lo Stato fornisca alle forze dell’ordine una macchinetta sputa elettricità che le Nazioni Unite dichiarano essere uno strumento di tortura non è il massimo, diciamo. Se poi a tutto questo sommiamo il fatto che oggi a capo delle forze dell’ordine abbiamo un ministro che non ha mai nascosto né la convinzione che gli italiani abbiano bisogno di più armi, Nè il proprio sostegno alle parti più violente della polizia, be’, se avessi figli, da padre, sarei preoccupato.

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