Ogni giorno ci sono eventi che caratterizzano una realtà che va interpretata in maniera complessa. La velocità con cui scorre il flusso informativo va a cozzare con l’esigenza di riflettere in profondità per comprendere fenomeni, fatti e situazioni. Una bussola per orientarsi può arrivare da personaggi che hano lasciato il segno come Barack Obama. Il discorso, tenuto a Johannesburg pochi giorni fa per commemorare Nelson Mandela a cento anni dalla nascita, è stata l’occasione per soffermarsi sulle trasformazioni che stiamo vivendo. Il messaggio è stato: la democrazia va rafforzata attaverso l’ascolto delle comunità; va recuperato il dialogo con chi la pensa diversamente ma bisogna partire dai fatti oggettivi.
L’ex presidente degli Stati Uniti ha ricordato a tutti che il cambiamento è possibile. Dal 1918, anno della nascita di Mandela, sono stati raggiunti progressi nemmeno ipotizzabili, di cui la sua stessa vita è stata una dimostrazione. Eppure, sebbene per molti le condizioni siano migliorate, per altri la situazione resta difficile. La globalizzazione e la tecnologia hanno allargato il ventaglio di opportunità, ma hanno anche determinato una crescente disuguaglianza. La politica ha provato a dare delle risposte convincenti, ma spesso le soluzioni sono state insufficienti. La sinistra ha tentato di tutelare chi temeva l’insicurezza economica ma a sfidare e a offrire soluzioni (seppur parziali) alla globalizzazione sono stati i partiti di destra che vedono crescere il consenso dei movimenti populisti. L’apertura è stata descritta come una minaccia alla propria identità culturale, al proprio status sociale e ai propri privilegi. Nonostante l’economia segni una ripresa, secondo Obama, la fiducia negli esperti è crollata. Al suo posto ha trovato spazio la politica della paura e del risentimento. A cento anni dalla nascita di Mandela, secondo Obama, siamo di fronte a un bivio perché ci sono opposte visioni del mondo. Quella da lui sostenuta si basa sull’uguaglianza, sulla libertà, sulla giustizia sociale, sul rispetto dei diritti fondamentali. Come fare a credere che questa strada sia percorribile? Obama l’ha spiegato: “Credo che non abbiamo altra scelta che andare avanti; che quelli di noi che credono nella democrazia e nei diritti civili e in un’umanità comune hanno una storia migliore da raccontare. E credo che questo non sia basato solo sul sentimento, credo che sia basato su prove concrete. Il fatto che le società più prospere e di successo del mondo, quelle con i più alti standard di vita e i più alti livelli di soddisfazione tra la loro gente, sono quelle che si avvicinano maggiormente all’ideale liberale e progressista di cui parliamo. ”Non è facile far prevalere questa visione del mondo, occorre rispondere a sfide nuove con categorie e risposte rinnovate. Abbiamo l’esigenza di garantire un capitalismo inclusivo e aiutare chi è rimasto indietro. Abbiamo inoltre la necessità di capire come gestire l’avvento dell’intelligenza artificiale che cambierà radicalmente il mondo del lavoro, aprendo riflessioni sulla settimana lavorativa, sul reddito universale e sulla riqualificazione professionale, ma vi è anche l’immigrazione che richiede di applicare le leggi rispettando però sempre il sentimento di umanità.
A cento anni dalla nascita di Mandela, secondo Obama, siamo di fronte a un bivio perché ci sono opposte visioni del mondo. Quella da lui sostenuta si basa sull’uguaglianza, sulla libertà, sulla giustizia sociale, sul rispetto dei diritti fondamentali. Come fare a credere che questa strada sia percorribile? Obama l’ha spiegato: “Credo che non abbiamo altra scelta che andare avanti; che quelli di noi che credono nella democrazia e nei diritti civili e in un’umanità comune hanno una storia migliore da raccontare. E credo che questo non sia basato solo sul sentimento, credo che sia basato su prove concrete. Il fatto che le società più prospere e di successo del mondo, quelle con i più alti standard di vita e i più alti livelli di soddisfazione tra la loro gente, sono quelle che si avvicinano maggiormente all’ideale liberale e progressista di cui parliamo
Obama, infine, non poteva non parlare di democrazia, intesa non semplicemente come un sistema per decidere chi governa, ma come rispetto della cultura civica. Il monito per chi vuole rafforzarla è quello di guardare non alle capitali e ai centri del potere, ma alle comunità, non solo alle teorie e agli esperti ma anche alla base. D’altronde Obama ha ricordato di essere stato un community organizer e di aver imparato molto da quella esperienza. In un’epoca caratterizzata da leader forti ed epigoni, l’ex Presidente Usa ha consigliato di non circondarsi solo di chi la pensa come noi, perché la democrazia richiede l’esatto contrario, ovvero il confronto con chi porta un punto di vista alternativo. A volte non è possibile ottenere esattamente ciò che si vuole ma bisogna scendere a compromessi e per Obama ciò non vuol dire tradire i propri principi e i propri valori, ma essere in grado di confrontarsi. Tuttavia è necessario partire dai fatti, da una base comune che è la realtà oggettiva. È possibile, ad esempio, dialogare con chi non accetta gli Accordi di Parigi e provare a sostenere la prova tesi, ma risulta difficile farlo con chi nega i cambiamenti climatici, dimostrati dagli scienziati. Secondo Obama i fatti sono imprescindibili, soprattutto in un’epoca caratterizzata dalla propaganda, dalle manipolazioni che viaggiano su Internet e dal confine sempre più incerto tra notizie e intrattenimento. La democrazia non è minacciata solo dalla negazione di diritti e libertà ma anche dalla negazione dei fatti che costituiscono invece, la condizione preliminare per un dibattito maturo. Le idee sono chiare anche su questo punto: “dobbiamo evitare la tendenza dei social media a diventare solo una piattaforma per lo spettacolo, l’indignazione o la disinformazione; e dobbiamo insistere affinché le nostre scuole insegnino il pensiero critico ai nostri giovani”, ha detto in un passaggio Obama nell’ennesimo discorso destinato a essere ricordato a lungo.