Nessun complotto, niente poteri forti: siamo solo vittime della nostra politica

Nel 2011 avevamo un governo debole, l'ombra della Troika aleggiava sull'Europa e gli Usa avevano poca fiducia in noi. Dopo anni di sacrifici, l'Italia si è rimessa in carreggiata: se ci sarà una crisi dello spread non sarà a causa di misteriose trame

ANDREAS SOLARO / AFP

Nel Paese risuona un nuovo “al lupo! Al lupo!” e questa volta tocca un argomento al quale sono sensibili tutti. poveri e ricchi, giovani e vecchi, vincenti e perdenti della globalizzazione, perché riguarda una comune, diretta e recente esperienza, cioè una nuova crisi dello spread anzi peggio: una possibile, nuova «congiura dei mercati» – per dirla con le fonti governative che ne hanno parlato in questi giorni – in coincidenza con l’autunno e la prossima manovra. Il paragone con il 2011 è apertamente citato dal mondo che fa riferimento alla maggioranza, e tuttavia con un po’ di memoria sarebbe facile obiettare che mancano i presupposti dell’epoca: l’onda lunga della colossale crisi Lehman Brothers del 2008, i dubbi sulla tenuta dell’Europa mediterranea, il quasi-fallimento della Grecia. Manca un governo debole come quello di Silvio Berlusconi, che si reggeva su uno o due voti di maggioranza e un gruppo di transfughi denominati “Responsabili”. Manca lo scetticismo delle grandi potenze, e specialmente degli Usa, che Wikileaks ci avrebbe rivelato molti anni dopo insieme con i cablogrammi dell’ambasciatore a Roma Thorne a Barak Obama sul possibile bail-out italiano.

Oggi, dire «come nel 2011» non ha molto senso. Anni di sacrifici hanno riportato il Paese in carreggiata. I rapporti transatlantici sono ottimi, Donald Trump ha chiaramente espresso la sua paterna vicinanza al governo di Giuseppe Conte che peraltro è specialmente amico anche dell’altro sovrano del mondo, Vladimir Putin. L’esecutivo ha una maggioranza parlamentare oceanica. L’opposizione è praticamente morta. L’Europa si è rimessa in sesto, non c’è più la Trojka che volteggia sopra i Pigs (Portogallo, Italia, Grecia, Spagna) e persino la crisi dei migranti che per un paio di mesi sembrava poter mettere in ginocchio Frau Merkel è in qualche modo congelata. L’evocazione di quella data fatale, divenuta sinonimo di complotto, è un buon argomento di propaganda ma poco più: se davvero si verificasse un’altra crisi dello spread sarebbe per altri motivi, in un diverso contesto, e nulla avrebbe a che vedere con misteriose trame ma semmai con la capacità del nostro sistema politico di confrontarsi con la realtà complessa da cui dipendono economia e finanza.

Il sovranismo italiano ha vinto prospettando un mondo nuovo di giustizia ed equità sociale nonché un recupero di benessere e legalità, non certo un’altra stagione di incertezze e conflitto con questi misteriosi poteri forti, che tra l’altro risulterebbe poco motivata: non c’è vertice europeo dal quale il governo non sia uscito dicendosi vincitore, non c’è bilaterale con Germania o Francia che non si sia concluso con rivendicazioni di successo, e tutta la retorica del dopo-elezioni è stata concentrata sul racconto di un’Italia finalmente forte e rispettata sui tavoli che contano

Siamo nel 2018 e rispetto a sette anni fa non siamo certo rimasti immobili. I sacrifici affrontati dal Paese per uscire dal tunnel sono stati enormi. I singoli cittadini hanno piegato la schiena e usato i loro risparmi per supplire a un welfare sempre più slabbrato, venduto le loro case per fare fronte alle riscossioni spesso ai limiti dell’angheria della vecchia Equitalia, sopportato gli aumenti delle tasse locali legati alla riduzione dei trasferimenti ai Comuni. Si sono fatti precari, flessibili, super-flessibili. Hanno accettato una riforma pensionistica molto pesante, norme sul lavoro penalizzanti. Hanno cancellato vecchi tabù come l’articolo 18. Tutti, tranne ladri e truffatori, hanno donato il loro pezzetto d’oro alla Patria per uscire da quel disastro. Infine, hanno votato in massa il Governo del Cambiamento per dare un senso a questa infinita stagione di austerity e depressione sociale, non certo per ritornare – come in un infinito Gioco dell’Oca – al punto di partenza.

Il sovranismo italiano ha vinto prospettando un mondo nuovo di giustizia ed equità sociale nonché un recupero di benessere e legalità, non certo un’altra stagione di incertezze e conflitto con questi misteriosi poteri forti, che tra l’altro risulterebbe poco motivata: non c’è vertice europeo dal quale il governo non sia uscito dicendosi vincitore, non c’è bilaterale con Germania o Francia che non si sia concluso con rivendicazioni di successo, e tutta la retorica del dopo-elezioni è stata concentrata sul racconto di un’Italia finalmente forte e rispettata sui tavoli che contano. Ribaltare questa narrazione per tirarne fuori l’opposto contrario – il Paese accerchiato da inafferrabili nemici, il governo assediato da speculatori senza volto – è possibile ma difficilmente premierà chi tenterà l’operazione per due motivi. Il primo è che gridare “al lupo” dopo aver alimentato l’incertezza dei mercati sul futuro italiano con proposte e posizioni contraddittorie, annunci esagerati, conflittualità tra ministri, è poco credibile. Il secondo è che le lamentele sulle cospirazioni occulte hanno un sapore oggettivamente poco adeguato al nuovismo dell’attuale esecutivo: le hanno usate un po’ tutti nella Seconda Repubblica, dalla Terza ci si aspetta almeno uno sforzo di fantasia.

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