Dopo il caso della città di Lodi, dove l’amministrazione leghista ha imposto una clausola amministrativa per rendere sostanzialmente impossibile l’accesso alla mensa scolastica ai bambini di famiglie non italiane scatenando tra l’altro una bella gara di solidarietà della cittadinanza intera, ora arriva anche il caso della regione Veneto. Questa volta al centro del garbuglio non c’è il cibo, ma i libri scolastici.
Che cosa è successo? Secondo quanto riporta l’HuffPost, l’amministrazione leghista avrebbe aggiunto una clausola analoga a quella del Comune di Lodi nella procedura della regione Veneto per richiedere il bonus relativo ai libri scolastici. Che vuol dire? Che in buona sostanza le famiglie non italiane, per poter usufruire degli aiuti previsti dalla legge, devono ottenere dai loro paesi d’origine dei certificati che spesso nemmeno esistono per provare di avere bisogno degli aiuti.
E se a Lodi il risultato era la ghettizzazione nelle mense scolastiche dei bambini stranieri le cui famiglie non sono in grado di pagare per intero il ticket della mensa, il risultato a cui potrebbe portare il codicillo aggiunto nella procedura per il bonus libri del Veneto è molto semplice: niente libri di testo per i figli di cittadini stranieri che frequentano le scuole italiane: niente cibo italiano, dunque, e nemmeno libri di testo che ti insegnino, tra le altre cose, anche la lingua italiana.
Qua se l’italianità rischia di estinguersi sembra essere piuttosto colpa di quelli che oggi si definiscono i suoi difensori
Insomma, se è vero — come è vero — che lingua e cibo sono due tra gli elementi che più contraddistinguono l’italianità, allora dovremmo iniziare a preoccuparci sul serio, come dice il ministro Fontana, dell’identità italiana del prossimo futuro, perché potrebbe sul serio sparire. E non certo per colpa dei cittadini italiani del futuro, ovvero tutti quelli che stanno frequentando le scuole italiane e che vorrebbero sul serio integrarsi. No, no, tutto il contrario, qua se l’italianità rischia di estinguersi sembra essere piuttosto colpa di quelli che oggi si definiscono i suoi difensori, gente che mentre pretende di difendere la nostra cultura fa di tutto, al contrario, per non insegnarla, per isolarla, ovvero per ucciderla.
E pensare che in teoria persino loro, i leghisti, seppur nei loro modi sempre un po’ astiosi e aggressivi, una volta pensavano che i nemici fossero i delinquenti, e non gli stranieri tout court. Sì, perché magari non tutti se lo ricordano, ma una volta la Lega chiedeva a gran voce che gli stranieri si integrassero, che accettassero e rispettassero la nostra cultura, a partire dall’italiano. E non erano mica parole al vento eh? E la storia del senatore leghista di origine nigeriana Tony Chike Iwobi, che in Italia, nei lontani anni Settanta, ci venne proprio per studiare, lo dimostra.
«Chi viene a casa nostra deve rispettare le nostre leggi e si deve adeguare al nostro modo di vita». A dirlo fu l’onorevole Federico Bricolo, capogruppo leghista al Senato. Era il luglio del 2009, in carica c’era il quarto governo Berlusconi, la Lega era già al potere e Matteo Salvini, che all’epoca era sia parlamentare italiano che europeo, stava per dimettersi dal Parlamento italiano in seguito alla pubblicazione di un video del mese precedente in cui l’attuale Ministro dell’Interno, in un coro cantato a Pontida, dava ai napoletani dei “colerosi, terremotati”.
Sono passati meno di dieci anni da quei momenti, e c’è da dire che molte cose sono cambiate: la Lega ha tolto Nord dal suo nome e nel Parlamento italiano — che allora aveva sacrificato per optare sulla poltrona europea, forse più comoda e sicura — Salvini ci è rientrato dalla porta principale mentre a Napoli, quando ci va, si guarda bene dall’insultare i suoi elettori. Tutto cambia, insomma, anche il senso di quella frase di Bricolo — che nel frattempo non è più senatore — che, almeno da quanto emerge dalle decisioni locali della Lega, ormai non ha più alcun senso, perché è palese che queste azioni non abbiano come scopo l’integrazione degli stranieri in Italia, ma la loro ghettizzazione.