Il tessile resiste. L’export è tornato a crescere. Ma per Biella, la “piccola Manchester del Piemonte”, sulla strada che porta verso la risalita del Pil si trovano anche cibo, turismo, cultura e innovazione. È qui, nel principale distretto del tessile italiano, che ha fatto tappa il Grande Viaggio Insieme di Conad. Disegnando, con l’aiuto dell’Istituto di ricerca Aaster, il nuovo profilo della cittadina che con le sue fabbriche ha portato e continua a portare i migliori filamenti del made in Italy nel mondo. Ma Biella è anche qualcosa in più: terra dei microbirrifici biologici, della Fondazione Pistoletto e dell’incubatore Sella Lab, che nella sede del vecchio lanificio Maurizio Sella accompagna le pmi verso la transizione digitale. Ma anche di un welfare di comunità e di partecipazione civica, che conta ben 1.400 tra associazioni e grandi imprese sociali.
«Da città fabbrica ci muoviamo verso una nuova identità di fabbrica della cultura», ha spiegato il vicesindaco di Biella Diego Presa. «Mantenendo un alto livello di qualità, guardiamo al futuro tramite l’innovazione tecnologica e l’economia green». In questa terra, lungo l’asse che unisce Milano e Torino, dove ancora oggi si produce il 40% del tessuti mondiali dell’alta moda, è nato quello che Aldo Bonomi, direttore del Consorsio Aaster, definisce “capitalismo di comunità”. «Il fordismo italiano aveva due poli», ha spiegato Bonomi, «Torino con la Fiat e Biella con il tessile. Ma qui il fordismo era quello che forniva le case per gli operai, un fordismo paternalista e dal volto umano». Perché l’industria a Biella era anche filantropia, come dimostra ad esempio il mecenatismo di Ermenegildo Zegna, che nel 1938 fece costruire la Panoramica.
In questa terra, lungo l’asse che unisce Milano e Torino, ancora oggi si produce il 40% del tessuti mondiali dell’alta moda
La crisi, però, ha cambiato tutto. Un tracollo cominciato ancora prima del crollo di Lehman Brothers, con la globalizzazione e l’ingresso della Cina nel Wto. In vent’anni in città si sono contati 15mila occupati in meno. E oggi, anche se il peggio sembra essere passato, con la discesa del tasso di disoccupazione al 7% e la risalita dell’export (le imprese tessili hanno accresciuto il fatturato del 25% negli ultimi dieci anni), Biella è alla ricerca della sua nuova identità. «Avete tenuto duro più di altri», ha spiegato Bonomi. «La risalita è in atto, ma sarà completamente nuova rispetto al passato».
Biella si è già rimboccata le maniche. Il tessile ha rinnovato il prodotto: più fantasia, qualità sofisticata, tessuti tecnici e abbigliamento sportivo. E sulla memoria della fabbrica che ha fatto la storia, si guarda al futuro con il digitale e la sostenibilità delle produzioni, come dimostra l’esperienza della Associazione Tessile e Salute. «Ma bisognerà creare una nuova alleanza tra bottegai, manifatturieri e innovatori per un ritorno del capitalismo di comunità», avverte Bonomi.
Proprio il capitale umano è la grande questione attorno a cui ruota il futuro della città. Oggi la provincia conta 177mila abitanti, quasi 30mila in meno rispetto al 1970. E con 259 anziani ogni 100 bambini, è tra le province più vecchie d’Italia e d’Europa (è del 43% la quota di popolazione che percepisce una pensione). Per decenni i giovani non hanno investito nelle professionalità legate al tessile. E oggi occorre riconquistarli, combinando i filatoi con il digitale, la ricerca e il design.
La rinascita non è solo questione di bit e sensori, ma di intelligenza sociale e tessuto connettivo. Che fanno già parte dello scheletro di Biella
Ma lungo la direttiva dell’innovazione digitale, si aprono anche nuove vie: nel food and beverage, tra la birra e il riso di baraggia, nel turismo e nella cultura. La stessa storia industriale ha consegnato alla città un grande patrimonio architettonico, oggi riutilizzato e riconvertito per nuove iniziative. Affiancato poi da una partecipazione civica alta, con un terzo settore in grado di progettare con le amministrazioni soluzioni contro il disagio sociale.
Tessile riqualificato, economie territoriali, innovazione sociale: lungo queste tre direttrici, quindi, Biella sta ridisegnando il suo futuro. «È arrivato il momento del cambiamento. Serve tanta innovazione non solo tecnologica, ma che metta al centro la persona», ha spiegato Giuseppe Zuliani, direttore marketing di Conad. «Una evoluzione sociale che dia sfogo a una percentuale maggiore di giovani». Non è solo questione di bit e sensori, dunque, ma di intelligenza sociale e tessuto connettivo. Che fanno già parte dello scheletro di Biella, la piccola Manchester del Piemonte alla ricerca di un restyling per il futuro.