Sarà capitato a molti di noi assistere a scene di generosità, in alcuni casi anche molto eloquenti e toccanti. Anche nelle Sacre Scritture cattoliche, ad esempio, si narra di una anziana donna che dona pochi spiccioli, quelli che le servirebbero per vivere, con umiltà e modestia, mentre la persona benestante dona il superfluo, rumoreggiando e pavoneggiandosi del gesto per essere ammirata e magari anche ringraziata.
Esistono culture in cui il rispetto per l’ospite è sacro al punto che viene trattato con maggiore abbondanza e magnificenza rispetto a come i padroni di casa trattano se stessi.
Quello che colpisce particolarmente l’attenzione è il fatto che le persone più economicamente svantaggiate sembrano anche quelle più predisposte alla generosità, pur relativamente alle loro possibilità. Queste persone, anche se non donano oggetti o denaro in ampia quantità in senso assoluto, regalano una quantità elevata in relazione alle loro possibilità, al punto che talvolta fanno sacrifici, si infliggono privazioni per compiere ciò. Inoltre, anziché essere tristi o vivere questa loro propensione come un peso, un sacrificio, nel compiere questo manifestano grande serenità e gioia.
Al contrario, le persone benestanti, anche se magari donano in senso assoluto maggiori quantità di soldi o oggetti, in realtà quello che offrono èsuperfluo. Per fare questo non si sottopongono ad alcun tipo di limitazione né privazione.
È solo un’impressione di noi che osserviamo o c’è una verità suffragata dalla scienza in questo? E, nel caso, come mai accade?
Presso il Greater Good Science della Berkley University sono state condotte alcune ricerche tese a comprendere i comportamenti più o menogenerosi delle persone, la loro propensione a offrire più o meno al prossimo.
Ogni individuo appartiene ad una classe socioeconomica che si definisce in base all’educazione ricevuta, il reddito, la professione svolta.