Discriminatoria. Così avevamo definito la delibera del Comune di Lodi che avrebbe tenuto i bambini stranieri da mense scolastiche e scuolabus, se i loro genitori non avessero dimostrato di essere nullatenenti nel loro Paese d’origine, anche in quei contesti dove non sarebbe stato possibile dimostrarlo. Discriminatoria, allo stesso modo, l’ha definita la prima sezione civile del tribunale di Milano, che a seguito del ricorso di Asgi e Naga ha dichiarato illegittimo il provvedimento della sindaca Casanova eesortato il comune di Lodi a garantire ai cittadini extracomunitari le medesime condizioni cui devono sottostare i cittadini italiani e comunitari.
Non possiamo che esserne contenti, e lo diciamo senza alcun imbarazzo o finta terzietà. Siamo felici per ogni discriminazione che viene cancellata, felici perché il potere politico non è riuscito a forzare le maglie del nostro ordinamento giuridico, felici perché questa reazione è partita da un pezzo di società civile, il Coordinamento Uguali Doveri, che si è organizzata per combattere il regolamento, ma anche per donare ai bambini stranieri discriminati il denaro necessario per accedere alla mensa senza essere costretti alla segregazione in classe, da soli, col panino portato da casa.
Siamo contenti, ma sappiamo che è una gioia di breve, brevissima durata. Perché mentre gioiamo sappiamo bene che se fosse stato per l’opinione pubblica italiana, quel provvedimento, palesemente discriminatorio e xenofobo, sarebbe passato tra ali di folla plaudente
Siamo contenti perché nei giorni dell’attentato a Strasburgo, sappiamo bene come siano questi atteggiamenti da bulli istituzionali che creano quelli come Cherif Chekatt, lupi solitari che vivono nell’anomia e nell’emarginazione, cittadini di serie b ghettizzati alla bell’e meglio perché integrarli costa troppo, perché prima devono venire gli italiani, perché non vogliamo esserne contaminati, perché ci rubano il lavoro e pure l’assistenza sociale, perché in fondo qui non sono ben voluti, né ben accetti. Col risultato che questi figli di stranieri nati in Italia avrebbero assorbito tutto questo odio, tutta la loro differenza, tutta la loro estraneità negli anni cruciali della loro vita. Che cosa ne avrebbero fatto, di quell’odio, dipende dai maestri – cattivi o meno – che avrebbero trovato sulla loro strada.
Siamo contenti, ma sappiamo che è una gioia di breve, brevissima durata. Perché mentre gioiamo sappiamo bene che se fosse stato per l’opinione pubblica italiana, quel provvedimento, palesemente discriminatorio e xenofobo, sarebbe passato tra ali di folla plaudente. E sappiamo benissimo, al pari, che pure il decreto Salvini – quello che abolisce la protezione umanitaria, che cancella gli Sprar, che segrega i richiedenti asilo in grandi strutture isolate da tutto il resto, anziché distribuirli tra i comuni italiani e che secondo il Csm ha gravi problemi di costituzionalità – è apprezzato dalla stragrande maggioranza degli italiani. E sappiamo pure che il partito ispiratore di tutte queste leggi discriminatorie e xenofobe, la Lega, cresce costantemente nei sondaggi ed è di gran lunga il primo partito italiano.
Questo non vuol dire che si deve smettere di sperare: battaglia chiama battaglia, vittoria chiama vittoria. Se mai anche nelle altre città che hanno applicato il medesimo regolamento si farà ricorso, sarà perché Lodi ha aperto la strada. E se mai un giorno qualcuno vorrà davvero mettersi in testa di fare la guerra al decreto Salvini, sarà anche grazie alla vittoria di Lodi. E se mai un giorno l’opinione pubblica italiana ricomincerà a pensare che si possa integrare l’altro da se, senza necessariamente dargli meno diritti e più doveri, senza farlo sentire ospite sgradito, inferiore, di serie b, sarà soprattutto grazie a quella minoranza di italiani che ha deciso di combattere questa deriva, senza salire sul carro del vincitore. Per ora teniamoci questa parola e questa sentenza: discriminatoria. Per ora, va bene così.