Timpani bucatiFestival di Sanremo? Chiamatelo Festival di Salzano (e facciamo prima)

Ferdinando Salzano, produttore e manager della musica italiana: è colpa sua se Sanremo fa schifo. I giovani presentati l'altra sera da Pippo Baudo e Rovazzi erano da strapparsi i timpani dalle orecchie. E tra i BIG un piattume incredibile. Unica sorpresa: Ligabue sarà il superospite

Prologo

A Milano fa freddo. E c’è umidità. E c’è lo smog.

Quindi l’aria sembra sempre un po’ più densa di quanto realmente non sia. Come quando si va a Aquafan e si passa sotto i vaporizzatori. Solo che adesso è freddo, e siamo a Milano.

Nello specifico sono nel cortile di un posto dove generalmente vengono organizzati eventi e presentazioni. Me ne sto andando, mentre colleghi e addetti ai lavori assaltano il buffet con capacità di affrontare tartine e creme catalane infilate dentro piccolissimi bicchierini di plastica che ho sempre invidiato, da lontano.

Me ne sto andando perché genericamente fatico a stare nello stesso posto dove c’è una così alta concentrazione di colleghi. Mi manca l’aria. Figuriamoci stavolta che è per la presentazione del prossimo tour di due dei cantanti di cui ho scritto probabilmente le mie parole più affilate, Laura Pausini e Biagio Antonacci. Ho passato buona parte dell’ora e mezza della presentazione a incrociare gli sguardi meravigliati dei presenti, sguardi che sembravano dirmi “E tu cazzo ci fai qui?”. La restante parte di questa ora e mezza l’ho passata a rispondere alla domanda che i presenti con cui sono un po’ più in confidenza non hanno mancato di rivolgermi esplicitamente, “E tu cazzo ci fai qui?”.

Direi che ce n’è abbastanza per lasciare la scena del crimine mentre tutti sono distratti dal buffet. Strana gente, i giornalisti musicali.

Per arrivare all’uscita devo attraversare un cortile lungo una cinquantina di metri, forse qualcosa in più.

Cammino lentamente, per abituarmi all’aria fredda e umida, consapevole che non ci si può mai abituare all’aria fredda e umida.

Mi si affianca un tizio non molto alto. Anzi, piuttosto basso. Non che io sia un gigante, ma proprio per questo i piccoli dettagli li so cogliere a fondo. Premesso che non ho nulla nei confronti di quelli molto bassi, non fosse altro che per la faccenda del cazzo lungo, se uno è basso è basso, non credo sia il caso di girirci intorno.

Si porta il telefono all’orecchio, anche se non si è sentito nessuno squillo, e neanche una vibrazione. Così, a occhio, sembro io quando non ho voglia di parlare con qualche vicino di casa e faccio finta di essere al telefono mentre aspetto che arrivi l’ascensore.

“Guarda, io sono piccolo,” dice il tizio basso al suo telefonino, confermando l’ovvio. “Tu mi vedi piccolo, ma sono davvero molto cattivo,” aggiunge al suo interlocutore immaginario. “Se voglio posso fare molto ma molto male”.

Così a occhio sta parlando a me.

Lo guardo e sorrido.

Peso quasi novanta chili, penso, posso fare molto ma molto male anche se non voglio, e quasi sempre voglio.

Potrei stare qui a bullarmi dicendo che ve l’avevo detto. Ma quando vedi che la musica va a puttane non è che ci sia nulla di cui rallegrarsi, anche se sei stato il primo e il solo a dire che la musica stava andando a puttane. Nei fatti la musica è andata a puttane, confermo.

Svolgimento

Potrei stare qui a bullarmi dicendo che ve l’avevo detto.

Di più, potrei stare qui a bullarmi dicendo che sono stato il solo che ve l’aveva detto.

Ancora di più, potrei stare qui a bullarmi dicendo che sono stato il solo che ve lo sta continuando a dire da tempi non sospetti, almeno quattro anni, ma la cosa non mi rende particolarmente felice, perché in fondo se mi occupo di musica, scrivendo o in radio, è perché la musica è anche la mia passione, e quando vedi che la musica va a puttane non è che ci sia nulla di cui rallegrarsi, anche se sei stato il primo e il solo a dire che la musica stava andando a puttane.

Nei fatti la musica è andata a puttane, confermo.

E se la musica va a puttane figuriamoci il Festival della Canzone Italiana di Sanremo, che della musica è la manifestazione patria più importante, nonché quella che, nel bene e nel male, da quasi settant’anni ne rappresenta vizi e virtù (più i primi, ma ci siamo capiti).

Giovedì e venerdì è andata in scena la prima parte di questa farsa, chiamiamo le cose col nome giusto, dedicata in apparenza ai Giovani, perché questo ci ha raccontato Baglioni nel presentare i nuovi cambiamenti apportati al rituale, ma in realtà ennesima spartizione di spazi a virtù dei soliti noti, o forse è il caso di dire, del solito noto. Ma ci arriviamo.

Una farsa che ha visto una serie rocambolesca di colpi di scena, prima di approdare in tv, con concorrenti ammessi dalle commissioni e eliminati per diversi motivi, quasi sempre l’essere passati dal camper di Red Ronnie e aver lì registrato un video che poi nessuno si è inculato ma che ha reso il brano poi presentato a Sanremo Giovani già edito. Una sorta di piccola ecatombe. Piccola ecatombe dalla quale si è salvata solo tale Einar, che però è figlio illegittimo di Maria De Filippi e del suo Amici, quindi un po’ va anche capito. Mica a caso ha vinto.

Durante le due serate, presentante inspiegabilmente dal duo Baudo/Rovazzi, sono stati selezionati i due giovani che finiranno tra i BIG a febbraio, i sei che gireranno per microlocali in giro per il mondo, sempre i medesimi microlocali in cui girano i nostri artisti all’estero, buoni per far gridare al tour Europeo, ma in realtà poco più di pub dove la gente va a bere birra e mangiare patatine fritte, e soprattutto sono stati fatti i nomi dei ventidue BIG, coi giovani vincitori di questa pagliacciata si arriva a ventiquattro, che sfileranno all’Ariston a febbraio 2019. Una lista che dimostra come, in effetti, non solo sono stato il primo e il solo a raccontare che la musica andava a puttane, ma che se la musica è andata a puttane è grazie a un solo uomo, capace di tirare le e i fili come neanche Mangiafuoco, Ferdinando Salzano.

Lo so, dopo aver l’anno scorso intitolato un mio pezzo con qualcosa che suonava come “Ferdinando Salzano ha pisciato qui”, e dopo aver, un paio di anni fa, scritto pezzi in cui ne raccontavo le gesta all’interno di una ipotetica triade, si badi bene “triade”, che lo vedeva al fianco di Maria De Filippi e Lorenzo Suraci, triade che di lì a poco sarebbe naufragata prima sotto l’effetto Maria De Filippi a Sanremo, poi, ancora di più, sotto l’effetto Radio Mediaset meet Ferdinando Salzano, bye bye Rtl 102,5, oggi qualsiasi cosa io possa scrivere suonerebbe sgonfio, poco incisivo, sicuramente meno potente.

Il fatto è che in effetti quest’anno il dado è tratto. Forse perché la Rai sta cambiando pelle, e lo sta facendo sotto l’egida del Movimento 5 Stelle e della Lega, che al grido di Onestà Onestà poco bene vedrebbe le simpatiche partite di giro che da tempo si vedono in quei lidi, sembra proprio che il tizio piccolo ma che all’occorrenza può fare molto ma molto male dell’incipit, sì, era lui, Ferdinando Salzano, abbia voluto prendersi tutto. Ma proprio tutto tutto, senza lasciare agli altri neanche le briciole.

Poi l’anno prossimo ci sarà Milo Infante a condurre e Povia a vincere, ma quest’anno, coi dirigenti ancora tutti lì, c’è modo di continuare a razziare. Il tutto con spavalda avidità.

Già lo avevamo notato. Perché, per dire, la notizia che i Modà avessero lasciato Ultrasuoni e quindi casa Rtl 102,5, perché dopo la famosa lettera pubblica letta durante la conferenza stampa del concerto della band a San Siro, lettera nella quale spernacchiava sonoramente Montefusco di RDS e Volanti di Radio Italia, era evidente che dei tre partner di Ultrasuoni fosse solo Suraci a lavorare con lui, per finire proprio da Friends and Partners, complice la sola radio che a questo punto si suppone li passerà, Radio 105, aveva fatto il giro del passaparola. E la notizia in sé non sarebbe neanche oggetto di stupore, non fosse che andando a prendere la band di Kekko, Salzano, andandola a prendere non come promoter, ruolo che già aveva, ma come titolare di tutta la filiera, quindi come discografico e manager, questo l’oggetto del passaparola, è andato quindi a porsi in netta contrapposizione proprio col patron Suraci, gesto di sgarbo irrituale che non può che essere letto per quello che è, l’atto di forza di chi sa di aver costruito un impero e ora non riesce più a decifrare nessuno come suo pari.

Ora però, dopo che per mesi erano girate le voci che volevano lui e la sua collaboratrice Veronica Corno, sì, sempre lei di cui si era parlato qui, figlia di quella funzionaria incaricata di contrattualizzare gli artisti ospiti dei contratti RAI, spesso e volentieri in roster con la stessa Friends and Partners, al secolo Chiara Galvagni, ecco, dopo che per mesi erano girate le voce che volevano Salzano e Veronica Corno intenti a contrattare per le partecipazioni dei BIG a Sanremo, Baglioni, gestito sempre da Salzano, troppo preso dal suo megatour nei palasport, ecco che arriva la quadratura del cerchio. Quella definitiva, che non prevede un passo successivo.

Una cosa talmente sfacciata da far apparire meno splendide anche alcune partecipazioni che splendide di loro sarebbero, perché intercettano una musica reale che vive là fuori, penso a Motta, penso a Ghemon, penso ai Zen Circus. Niente, coperti da arrogante ingordigia anche il loro essere lì passa in secondo piano.

Del resto, quando qualche mese fa abbiamo assistito, da lontano, anche controvoglia, a tutte quelle storie su Instagram che ci mostravano gli invitati al matrimonio dello stesso Salzano che si apprestavano a omaggiare il loro datore di lavoro cantando per lui e la sua fresca sposa, quanti di noi non avevano pensato che, con ogni buona probabilità, molti di quelli li avremmo visti a Sanremo? Cioè, il Nek che sul tavolo cantava a Salzano e signora “se non avessi te” poteva non essere preso? E gli altri?

Ecco, il problema che noi si pensava a molti, mentre qui sembra che ci siano proprio tutti. Ma proprio tutti tutti.

Non bastasse questo, cioè il fatto che Sanremo BIG è sostanzialmente un atto di estrema ingordigia, sfacciata, per poter avere conto di questa ingordigia estrema e sfacciata ci siamo dovuti cremare i coglioni andando a vedere due serate che hanno avuto lo stesso incedere di un film di Akira Kurosawa, senza averne né poesia né fotografia. Una cosa da prendere la rincorsa e andarsi a schiantare contro lo spigolo di un mobile non fosse altro che per sentirci vivi. Uno spettacolo davvero brutto, mal presentato da un vecchio Pippo Baudo e da un improbabile Rovazzi.

Per sopravvivere ai giovani ho infilato il pisello dentro una presa elettrica, e mi ha fatto meno male di quello che ho visto e soprattutto sentito. Perché in realtà, mentre appunto tra i BIG c’è qualcosa di contemporaneo, tra i giovani no, tutto vecchio, morto e sepolto.

A parte un Andrea Biagioni minimale, ma capace, e una splendente Marta Marasco, i giovani spingerebbero l’umanità verso l’estinzione, tanto sono stati vecchi e piatti e inutili. Da ficcarsi due dita in gola e vomitare a spruzzo sul divano, specie dopo aver sentito le marchette dei giurati, roba da sentire Luca e Paolo e lasciare la fede rossoblùe passare ai Doria.
Ma questi sarebbero i migliori giovani che si sono presentati qui? Dai, dite che volevate far avere a Federica Abbate il premio della Critica e far passare Einar e Mamhood, raccomandati di lusso, e finiamola qui.

Passiamo ai BIG. Tutto talmente scontato da far passare in secondo piano anche nomi stimabili. Anche nomi di amici, spiace dirlo.
Perché la lista dei partecipanti andrebbe fatta così:
Paola Turci, Anna Tatangelo, Loredana Bertè, Nek, Il Volo, Briga, Francesco Renga, Nino D’angelo e Livio Cori (poi vi spiegherò perché) sono in quota diretta Friends and Partners, Irama, Ultimo, Federica Carta e Shade sono in quota Vivo Concerti, Ex-Otago sono in quota Magellano, tutte e due le società ancora una volta sotto CTS Eventim, multinazionale cui fa capo anche Friends and Partners, oltreché Ticketone. Una faccia una razza.
Federica Carta e Shade, Patty Pravo con Briga (sì, avete letto bene, Patty Pravo duetta con Briga, ma speriamo tutti di essere morti per febbraio, così da non poter vedere che effetto fa), come del resto anche Irama, Einar, Arisa, Achille Lauro sono in quota Radio Mediaset, e proprio la faccenda dei Modà, così come l’organizzazione del Wind Summer Festival ci dice di come Salzano sia ormai quattro chiappe in una mutanda con Salvaderi, Mr Radio Mediaset. Del resto il cast di Sanremo Giovani era praticamente un remake di Amici, mica è un mistero, e tra i BIG ci sono ben quattro ex del talent di Maria De Filippi (e neanche uno in quota Rtl 102,5, con Bianca Atzei e Grignani fuori dai giochi), mica sarà un caso.

Se volessimo poi concentrarci su quanti degli artisti in gara sono in capo alla Sony, casa discografica di Baglioni, sarebbe davvero da finire nelle comiche, ma in tutto questo sembra addirittura marginale.
Ecco, se proprio dovessimo sottolineare una e una sola sfumatura di tanto marrone è proprio questa: l’aver portata così tanta Mediaset dentro la Rai è il vero colpo da genio del male di Salzano. E noi paghiamo.
Tutto suo, anche per questo.
Simone Cristicchi, Zen Circus, Motta, Ghemon, Negrita, Daniele Silvestri, Boomadabash, Enrico Nigiotti sono armi di distrazioni di massa, portano lustro e non ingombrano, fortuna loro.
Il resto è quello. E anche di più.
Tanto per non farsi mancare niente, è bene sottolinearlo, è di Salzano Baglioni, sono di Salzano i superospiti già annunciati Laura Pausini e Biagio Antonacci, è di Salzano il superospite che verrà annunciato a gennaio, Luciano Ligabue, tra poco fuori con il nuovo singolo e in promozione al Festival, sono suoi i papabili superospiti Elisa, Emma, Amoroso, e sono di Salzano anche le due giudici di Sanremo giovani Annalisa e Fiorella Mannoia. Credo solo il barista dell’Ariston non sia suo, per ora.

Intendiamoci, alcuni dei nomi in lista sono pregevoli. Addirittura sorprendenti se si pensa ai The Zen Circus, certo non una novità come ce li hanno presentati, ma sicuramente molto validi, seppur fuori contesto. Ma resta lo schifo di una spartizione che neanche ha usato il famoso manuale Cencelli, ma che come i marziani di Mars Attack ha dato vita a un “Bella la Terra, me la prendo”.

E dire che se si fosse voluti essere meno ingordi, si poteva lo stesso fare un cast interessante, puntando magari sulle canzoni invece che sulle casate. Faccio un esempio che nessuno potrà indicare come a me caro, visto che sui Dear Jack e su Amici e anche su Rtl 102,5, quando ha spinto impunemente i Dear Jack, ho sempre detto ogni male. Ma la canzone che i Dear Jack hanno presentato con Pier Davide Carone, anche lui ex Amici, incappato però nella sfortunata morte di Lucio Dalla proprio dopo il suo primo passaggio sanremese, morte che lo ha in qualche modo imballato e fatto scomparire, la canzone che i Dear Jack e Pier Davide Carone hanno presentato è davvero bella. Una canzone che ci racconta con un tono infantile, innocente, di mostri cattivi che ai bambini e alle ragazzine attentano, all’apparenza uomini normali e nella realtà carnefici. Un brano attuale, tristemente attuale, emotivamente credibile, ben costruito e ben cantato. E ovviamente fuori dai giochi perché evidentemente Artist First, che li ha presentati, non ha gli stessi santi in paradiso di Radio Mediaset, di Amici, e soprattutto non è parte di Friends and Partners.

Qui la potete sentire, giusto per provare a riaggiustare il karma.

Tanto Sanremo lo vince Ultimo, pronto poi a sfornare live per quella parrocchia, a farne poi un concerto televisivo per Mediaset, e via discorrendo.

Anche stavolta Salzano ha pisciato qui. Sulle nostre scarpe di pagatori di canone RAI.

A un metro dalla fine

Piccola nota a margine, piccola un cazzo. Anche quest’anno toccherà lanciare l’hashtag #lafigalaportoio, perché su ventiquattro artisti in gara, che diventano trentasette tra gruppi e duetti, solo sei sono donne. Un filo più dell’anno scorso, ma sempre troppo poche. A Clà, anzi, a Ferdinà, ma che problemi c’hai con le donne?

A parte un Andrea Biagioni minimale, ma capace, e una splendente Marta Marasco, i giovani spingerebbero l’umanità verso l’estinzione, tanto sono stati vecchi e piatti e inutili. Da ficcarsi due dita in gola e vomitare a spruzzo sul divano.

Finale

Quando ero un giovane punk coi capelli lunghi fin sopra il sedere e passavo le giornate estive indossando immancabilmente un paio di calzoni corti del pigiama Arimo a righe verticali ho appreso una lezione di vita che da allora serbo nel mio cuore. Facevo il servizio civile presso un dormitorio per senza fissa dimora, e proprio in virtù del mio aspetto borderline ero stato adottato dai nostri utenti come unico punto di riferimento per le proprie richieste e anche per i propri reclami. Ciò mi portava spesso a trovarmi dentro a risse più o meno cruente, perché se da una parte era ovvio che i senza fissa dimora non avessero nulla da perdere, mentre io in apparenza sì, dall’altra era anche vero che io mangiavo e dormivo con quella che all’epoca mi sembrava una certa regolarità, beata gioventù, mentre loro si trovavano spesso a saltare i pasti e a passare le notti in strada o, al limite, in stazione, fatto che rendeva i loro fisici decisamente poco tonici.

Per questo quando succedeva che un utente mi minacciasse, di farmi male o addirittura di uccidermi, davanti agli altri utenti, gesto atto a minare la mia autorevolezza, non avevo che una cosa da fare: rimetterlo immediatamente al suo posto, usando la forza fisica. Avevo appreso una mossa che immobilizzava il mio interlocutore, e la mettevo in pratica con una certa energia. L’avevo appresa guardando TJ Hooker in tv, ma questo è un dettagli ininfluente. Nel farlo, spesso, spingevo la faccia dei miei interlocutori, di coloro cioè che mi avevano minacciato, contro il muro, schiacciando il viso contro la parete. A quel punto avvicinavo la bocca all’orecchio, incurante degli odori, quasi mai gradevoli, e dicevo una frase che era diventata una sorta di nenia: “Se vuoi fare male a qualcuno non glielo devi mai dire prima, lo devi fare e basta”.

Ecco.

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