InternazionalizzazionePerché l’innovazione è l’unica arma per competere nei mercati di frontiera

Un’impresa che guarda con interesse a un percorso di internazionalizzazione che include aree di frontiera si prepara anche a comunicare abbandonando i propri preconcetti culturali. E l’innovazione è quasi sempre un cavallo di Troia

L’innovazione tecnologica ha abbattuto chilometri di barriere connettendo tutto il mondo, ma per le imprese resta estremamente difficile confrontarsi con mercati di frontiera, dove una rivoluzione culturale, una guerra, la semplice instabilità istituzionale, politica ed economica hanno spazzato via appartenenze, tradizioni, ideologie dominanti.

Premesso che frontiere culturali dove la comunicazione è un missione (quasi) impossibile ce ne sono ovunque – non è certo necessario prendere un aereo per trovarne – la fatica di comunicare un brand appare maggiore laddove i valori prevalenti e i bisogni sono difficili da leggere e laddove non ci sono certezze destinate a durare nel tempo e la gente si è adattata ad accettare e accogliere nella propria quotidianità grandi contraddizioni.

Un’impresa che guarda con interesse ad un percorso di internazionalizzazione che include aree di frontiera, quindi, oltre alla sfida costituita dal doversi posizionare su mercati con caratteristiche al proprio interno molto disomogenee e poco prevedibili, si prepara anche a comunicare abbandonando i propri preconcetti culturali, consapevole di come comprendere le dinamiche e le abitudini di consumo interne a un mercato di frontiera sia una grande palestra per allenarsi a lavorare sulla propria competitività anche dal punto di vista della comunicazione.

Nella conquista di mercati di frontiera, l’innovazione (di portata più o meno tecnologica) si configura quasi sempre come un cavallo di troia.

Mercati dove il consenso popolare prende strade inaspettate accolgono bene i progressi tecnologici e premiano i brand che introducono le novità in modo tempestivo

Il mix di asset che un brand può mettere in campo per attirare l’attenzione di un mercato di frontiera è senza dubbio costituito da innovazione+investimenti per accrescere l’awareness+investimenti in accessibilità del messaggio (questi ultimi, che vadano a concretizzarsi nella semplificazione del linguaggio, nella creazione di canali di confronto tra pari, o in altre iniziative finalizzate a permettere il messaggio di raggiungere i destinatari, risultano indispensabili).

Mercati dove il consenso popolare prende strade inaspettate, e l’entusiasmo per quelle novità che evolvono gli stili di vita e consumo dicono l’ultima parola (costringendo anche i decision makers e il legislatore a porsi degli interrogativi e ad adeguare le politiche economiche) accolgono bene i progressi tecnologici e premiano i brand che introducono le novità in modo tempestivo, che dimostrano versatilità e doti di resistenza e adattamento.

L’innovazione in ambito tecnologico, poi, è un fattore desiderato anche in aree dove l’arretratezza culturale e il radicamento di tradizioni antiche sfida i secoli che passano. La comunicazione, in questo caso, non fa sempre perno sulla pretesa di scardinare ed evolvere valori esistenti radicati, bensí l’assetto di valori esistenti e la portata valoriale introdotta da una novità (ad esempio tecnologica) si limitano ad affiancarsi e a convivere, rafforzando in alcuni casi grandi contraddizioni culturali.

Cercare di aver successo su un mercato poco stabile può infatti configurarsi come un’esperienza arricchente, ma anche scottante per l’impresa singola che, senza troppa strategia, tenta l’approccio

Nulla di nuovo sotto il sole: la contraddizione culturale originata dalle logiche economiche e commerciali è una realtà in migliaia di aree del mondo dove i valori della modernità non rinunciano ad affermare la propria eco, senza la pretesa di rimpiazzare valori e tradizioni, ma ponendosi come un’opportunità.

Una grande spinta al processo di affermazione e adozione di una novità da parte di un mercato di frontiera lo dà anche la tendenza di questi mercati ad aderire agli stili di vita e consumo dominanti nei mercati più stabili, prosperi e sviluppati, e alle dinamiche economiche degli stessi, ai quali gli attori dei territori di frontiera spesso guardano con curiosità o si ispirano. L’ideologia capitalista e le sue concretizzazioni in ogni aspetto della vita quotidiana, l’accessibilità di denaro e semplicità delle transazioni (introdotte anch’esse dall’innovazione tecnologica), la disponibilità di beni materiali che prescinde dal senso di proprietà, la centralità dell’esperienza nelle scelte di consumo,la disintermediazione in ogni campo, il ritorno ad una cultura dei consumi “slow”, la tendenza ad investire in “valori potenziali”, che non si sono ancora concretizzati e infine, a livello sociale, l’affermazione, a diverse velocità e con diverse configurazioni, di libertà e valori civili, incidono sul processo di adozione di beni e servizi e sull’adozione di abitudini che, nel tempo, danno vita a nuovi bisogni.

Lato strategie d’impresa, conoscere il potenziale di un progetto creato ad hoc per mercati che a prima vista ci sembrano poco stabili è un elemento fondamentale per chi ne approccia uno: cercare di aver successo su un mercato poco stabile può infatti configurarsi come un’esperienza arricchente, ma anche scottante per l’impresa singola che, senza troppa strategia, tenta l’approccio.

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