Deve essere andata più o meno in questo modo:
– Sto per dare le dimissioni
– Non puoi farlo Paolo. Devi tutto a noi.
– Beh ma io…
– Eri stato eletto? Avevi preso dei voti?
– No in effetti no.
– Allora se te ne vuoi andare lo capiamo, ma ora ascolta bene le nostre condizioni.
Funziona così quando vuoi andartene da un ruolo politico, specialmente se questo ruolo non è stato sostenuto da un’elezione. Chi ha permesso che avvenisse la nomina chiederà al dimissionario, di “non danneggiare” la squadra. È uno scambio di favori, come la stragrande maggioranza delle dinamiche che riguardano la politica locale e nazionale.
E quindi ecco la magia: il politico “disobbediente” viene nominato in un ruolo che “purtroppo”, è incompatibile con il ruolo precedente. Questo ha fatto, probabilmente, Paolo Savona. L’economista aveva dato, da tempo, segnali di insofferenza. Già nei giorni precedenti la manovra di Bilancio, si erano inseguite più voci su presunte dimissioni e scontri tra il ministro e il resto del Governo. Savona, infatti, non è uno stupido, ma un esperto economista, che ha ricoperto ruoli in Confindustria, in società private e pubbliche.
E quindi ecco la magia: il politico “disobbediente” viene nominato in un ruolo che “purtroppo”, è incompatibile con il ruolo precedente. Questo ha fatto, probabilmente, Paolo Savona. L’economista aveva dato, da tempo, segnali di insofferenza. Già nei giorni precedenti la manovra di Bilancio, si erano inseguite più voci su presunte dimissioni e scontri tra il ministro e il resto del Governo
Da economista, Savona ha sempre espresso un certo scetticismo verso alcuni elementi dell’integrazione europea. Ma un conto è esprimere perplessità sulla mancata integrazione fiscale, o di politica economica, e quindi dimostrare una certa “vicinanza” al governo gialloverde, un conto è sposare tesi del tutto contrarie alla logica economica. Savona, probabilmente, aveva sottovalutato il coraggio, o meglio, l’incoscienza, del governo Salvini- Di Maio.
Come molti di noi, avrà pensato “non credo che faranno davvero queste cose”. Poi però sono arrivate le chiusure domenicali, le minacce di nazionalizzazione di banche e industrie, l’ostilità alle infrastrutture, l’aumento della spesa pubblica e così via. Certo che le dimissioni non sono mai un bel segnale per un governo, specialmente a pochi mesi dalle elezioni Europee. Così i grandi tecnici gialloverdi hanno probabilmente proposto una “exit strategy”; con la nomina di Savona a Presidente di Consob, L’autorità di vigilanza del mercato mobiliare italiano che, guarda caso, è un incarico incompatibile con quello di ministro.
Insomma, la vicenda avrebbe potuto svolgersi in due modi: da un lato, pagine di giornali dal titolo “Dimissioni Savona, terremoto nel Governo”, con interviste sulla tenuta del governo, commenti di autorevoli analisti ecc…. Dall’altro, “Savona nominato in Consob, le opposizioni attaccano, per incompatibilità si dimette dalla carica di ministro”. Insomma, due storie, anzi, due “storytelling”, ma un solo risultato. Funziona così in politica: il cittadino vede – spesso – una messa in scena, accuratamente comunicata dagli stessi politici e consulenti. Poi però, è la realtà: un governo che sta portando il Paese alla recessione, e un ministro, unico competente in economia, che scappa a gambe levate, e non è una buona notizia.