Si allunga la lista dei candidati alle primarie democratiche per la prossima corsa verso la Casa Bianca, il primo febbraio è arrivato infatti l’annuncio ufficiale di Cory Booker. L’elettorato afroamericano ha dunque un’altra possibilità di scelta, dopo quella di Kamala Harris, di cui abbiamo parlato la settimana scorsa. Che peso avrà questo gruppo sulla vittoria del candidato democratico per la presidenza?
Per rispondere alla domanda ci sono almeno due aspetti da considerare. Il primo viene evidenziato da Politico, secondo cui il voto dell’elettorato afroamericano non costituisce un blocco omogeneo e compatto. Per arrivare a quei cittadini bisogna adattare i propri messaggi politici e differenziarli per età, livello di istruzione, genere, area geografica e così via. Nessuno degli attuali candidati ha infatti la stessa forza di cui disponeva Obama e quindi il voto potrebbe disperdersi. Il secondo dato arriva invece dal Pew Research Center. Per il think tank americano la minoranza etnica più numerosa nel 2020 non sarà infatti quella afroamericana ma quella ispanica. Nel 2000 gli elettori afroamericani costituivano l’11,5% e il prossimo anno rappresenteranno il 12,5%. Gli ispanici invece, partivano dal 7,4% del 2000, sono arrivati all’11,9% nel 2016 e nel 2020 toccheranno il 13,3%. Il Pew Research Center stima dunque 32 milioni di elettori di origine ispanica, 30 milioni di votanti afroamericani e undici milioni di asiatici. Viene però ricordato che di solito gli elettori afroamericani sono più inclini a votare e che, tra quelli di origine ispanica, il numero di coloro che non hanno votato ha superato il numero di chi si è recato alle urne in ogni elezione presidenziale dal 1996. Ovviamente poi, non bisogna ignorare il voto dei bianchi, sebbene la loro percentuale sia scesa dal 76,4% del 2000 al 66,7%.
A guardare i candidati alla presidenza, sembra che i democratici abbiano scelto di rappresentare questa America fatta di multiculturalismo, minoranze e radicalità
A guardare i newcomer delle elezioni di novembre, pare che i democratici abbiano scelto di rappresentare questa America fatta di multiculturalismo, minoranze e radicalità. Ma se i democratici vogliono riconquistare la Casa Bianca non devono riflettere solo sui gruppi etnici, piuttosto considerare attentamente anche l’orientamento dei propri elettori. In base a un sondaggio riportato lo scorso 2 febbraio e commissionato da ABC News e Washington Post, il 38% degli elettori o simpatizzanti democratici si definisce liberale, il 39% moderato e il 17% conservatore. Molti ipotizzano un candidato progressista dalle posizioni nette per contrastare le politiche di Trump. Infatti la CNN sottolinea che Cory Booker, Kamala Harris, Kirsten Gillibrand ed Elizabeth Warren hanno votato in linea con il Presidente meno del 20% delle volte. Eppure, secondo uno studio di Gallup, condotto tra il 13 e il 18 novembre del 2018, più della metà dei democratici, per l’esattezza il 54% preferisce un partito più moderato e solo il 41% uno più progressista.
Nella corsa verso la Casa Bianca la prima sfida per i Democratici sarà proporre un candidato che sia in grado di considerare tutti questi fattori. È il caso di Cory Booker? Intanto è partita la sua campagna. Nel video di lancio, il senatore del New Jersey dal 2013, racconta che quando i genitori hanno cercato di trasferirsi in un centro con scuole migliori, gli agenti immobiliari non volevano vendere loro una casa per il colore della pelle. Un gruppo di avvocati bianchi, ispirati dagli attivisti per i diritti civili, li ha aiutati a trovare un alloggio, evento che ha cambiato la sua vita. Booker rilancia la visione anche obamiana dell’American dream e della terra delle opportunità, quando dice che “in Usa il coraggio è contagioso”. Obamiano è il messaggio in cui racconta di aver deciso di vivere ancora nella comunità in cui è cresciuto per aiutare altre famiglie. Come anche obamiana è la frase: ‘I believe that we can build a country where no one is forgotten, no one is left behind’. Tra le immagini che scorrono nel video c’è anche quella di Martin Luther King che viene richiamato nello slogan ‘together America we will rise’. Basteranno Obama e Martin Luther King per vincere le primarie? Difficile, in ogni caso la corsa alla candidatura democratica si fa sempre più interessante.