Caos & politicaPopulismi, come battere i politici da Carnevale

Ne “Gli ingegneri del caos” Giuliano Da Empoli analizza teoria e tecnica (e personaggi) della manipolazione politica in rete. I fisici servono più degli esperti di comunicazione. E c’è un modo, anche per i moderati, per uscire dall’enpasse

Qualcuno chiamava la politica “organizzazione sistematica dell’odio”. Qualcun altro ha definito i partiti di massa novecenteschi: “banche della collera”. Ma coi tempi che corrono, fatti di disintermediazione, ovvero di crollo della tradizionale funzione dei media, questo sentimento primario, non eliminabile – è nella nostra cultura dai tempi di Achille, se non di Crono- va organizzato, tesaurizzato, distribuito in modo nuovo. E offre, come sempre, eccellenti opportunità. Lo racconta bene l’ultimo libro di Giuliano Da Empoli, Gli ingegneri del caos. Teoria e tecnica dell’internazionale populista (Marsilio). Da Empoli, presidente del Think Thank Volta, da sempre di sinistra liberale, all’attivo diversi brillanti saggi tra sociologia, comunicazione, e politica, racconta, quasi paese per paese, dagli Usa a Italia nostra chi sono, come lavorano, dove vogliono arrivare i Guru che delle piattaforme digitali e social hanno fatto un progetto politico.

C’è Steve Bannon, ex enigineer del trumpismo, che sta implementando la sua scuola di populismo nella Certosa di Trisulti, nel Frusinate. C’è Milo Yiannopulos, originalissimo collaboratore di Bannon nella campagna di Trump. C’è Dominic Cummings, che ha applicato -con evidente successo- specialisti di fisica nella campagna pro-Brexit. Ci sono i nostri Gianroberto e Davide Casaleggio, e quell’oggetto cognitivamente (oltre che politicamente) mercuriale che è il Movimento Cinque Stelle. Non a caso l’Italia è considerata la Silicon Valley del populismo mondiale.

La chiave di tutto, spiega Da Empoli, è il concetto di Carnevalesco, già studiato dalla critica letteraria come momento di sovvertimento generale. L’alto che diventa basso, e viceversa: «La regola di base del Carnevale è che sovverte le gerarchie, e per un periodo instaura un ordine ribaltato. Il montare della collera per il sistema ha questa struttura, anche col contributo dei nuovi media, che giocano con la compulsività degli utenti sui social. Questa macchina della rabbia moltiplicata dall’algoritmo ha finito in molti contesti col generare una sorta di rivoluzione carnevalesca. Con leader che hanno qualcosa della maschera» continua Da Empoli: Trump ha quella fisionomia lì, Nigel Farage anche. E naturalmente Grillo. E il presidente-attore ucraino, Volodymyr Zelenski». Rabbia organizzata, sì, ma «anche con una componente comica, gioiosa. Sono figure che fanno anche divertire i loro elettori. Offrono una dimensione di collettività ritrovata, di godimento. Di gioia».

La chiave di tutto, spiega Da Empoli, è il concetto di Carnevalesco. I movimenti populisti hanno qualcosa di carnevalesco, e i loro leader sono maschere

E balle naturalmente. Non tanto e non solo nel senso delle classiche fake news, che ora sembrano lo spauracchio assoluto del mondo giornalistico, ma anche nel senso di contraddizioni (Trump che afferma e nega la stessa cosa a due giorni di distanza, o twitta un #covfefe accolto come una frase controninziatica), trollaggio, gaffes non ritrattate. «Anzi la gaffe diventa uno strumento di marketing -spiega Da Empoli- Un sinonimo di autenticità. Il congiuntivo sbagliato segna la non-apparteneza al gruppo delle “elite” o dei “radical chic”. Ecco, gli ingegneri del caos sono in grado di prendere tutte queste contraddizioni, incompatibili tra di loro, e di sommarle. Non più mandando un messaggio consensuale, ma al contrario moltiplicando i segnali contraddittori che eccitano minoranze in contrasto. Che si trovano sommate senza nemmeno saperlo». Come? C’entrano la meccanica quantistica -non oggetto ma relazione trea oggetti– i big data, la profilazione, naturalmente. C’entrano i nuclei di assatanati sui forum che servono ad estrarre temi, campagne, modi da riflettere sugli spettatori, inter-attori, elettori.

L’aspetto emotivo-motivante dell’egagement. «Gli ingegneri del caos sono personaggi che stanno importando la logica di Facebook, e Google. Hanno l’unico obiettivo dell’engagement. Qualunque contenuto possa tenerti sulla piattaforma. Qualunque messaggio serva si usa». Il contenuto è, tecnicamente, indifferente. Siamo al niccianesimo di massa (“non fatti ma interpretazioni”) perfettamente compiuto.
Ironia della sorte (o nemesi storica) i paesi anglosassoni
, quelli da sempre presi a modello per anzianità e prestigio democratici, sono stati i più affetti dall’azione populista. Con la Brexit. Con Trump. Commenta Da Empoli: «Pensavamo di essere su un percorso che ci avrebbe assimilato a loro. E invece sono loro che ci assomigliano più che mai. E infatti guardano con interesse a Berlusconi. Farage guarda ai Cinque Stelle. Forse perché l’Italia è un paese tribalizzato da secoli, pieno di campanilismi, terra di sperimentazione per ogni progetto politico inedito (vedi fascismo). Siamo diventati il modello per gli anglosassoni».

Hitler capì prima di tutti l’uso politico della radio. Poi arrivò Roosvelt e usò lo stesso mezzo. Per fini opposti


Giuliano Da Empoli

E a proposito di fascismo. Esiste secondo Da Empoli un vero pericolo fascista? O l’antifascismo che sta tornando nel sentiment è solo una presa di posizione estremizzata, frutto della stessa logica divisiva da “ingegneri del caos”? «Credo che la categoria storica del fascismo non sia pertinente all’attualità, ma credo che molte delle pulsioni e delle emozioni attivate dalla Lega in Italia siano pulsioni represse che assomigliano a quelle degli anni 20/30. Fenomeno diverso. Pulsioni simili. La fase attuale aiuta a capire meglio i libri di storia» risponde Da Empoli. Riguardo all’antifascismo poi: «L’antifascismo è una categoria che serve a mobilitare e aggregare al di là della sua pertinenza rispetto alla posizione attuale. Ma se immaginiamo di vincere la partita contro il Governo con la parola d’ordine dell’antifascismo ci illudiamo pesantemente».

Bene, allora che fare? Ovvero: un’area moderata che per definizione non ama gli estremi, come può combattere contro chi, scientificamente, e carnevalescamente, aggrega i disaggregati? « Credo che l’esistenza stessa dei moderati sia a rischio -conclude amaro Da Empoli-. Si dice che ci sono praterie moderate in attesa di formazioni politiche che ne raccolgano i voti. Non credo, penso che, bene o male, siamo stati trasformati in minoranze sovraeccitate» Ma forse una via d’uscita c’è: chiunque voglia contrapporsi ai nazionalpopulisti con un’agenda di segno opposto deve usare i loro metodi, deve capire come funzionano le “bolle”. Poi devono anche saper investire e giocare sulle emozioni. La politica in fondo è sempre stata, anche, un’emozione. E poi -aggiunge Da Empoli- nella storia è già successo di trovarsi in una situazione del genere. Hitler capì prima di tutti l’uso politico della radio. Poi arrivò Roosvelt e usò lo stesso mezzo. Per fini opposti». Critica a un libro così focalizzato sull’aspetto social/mediatico/informativo: non sarà che ci sono anche dei motivi reali, tangibili, non frutto di manipolazione, nell’onda populista? Crisi economica, impoverimento, eccetera?

Ecco. Il caos procede a anche senza ingegneri. Ma in politica non funziona. Odio disorganizzato

«Naturalmente. Il fatto che ci siano questi nuovi fenomeni comunicativi non è chiave interpretativa unica, né la principale. Alla radice ci sono disagi sociali ed economici veri. E poi gli altri fattori continuano a giocare. Ad esempio, l’importanza (tipica della politica tradizionale) della figura del leader. Un leader vale quanto se non più di tutti i ragionamenti che ci siamo fatti finora. Sarebbe un alibi intollerabile dire che i buoni perdono perché ci sono gli ingegneri del caos».

Un caso a parte, secondo Da Empoli, è quello dei Gilet Gialli francesi: «Il movimento in Francia nasce da Facebook, e si organizza interamente su quella piattaforma. La differenza è che qui però manca l’ingegnere del caos. Manca lo spin doctor che riesce a riportare tutto a una qualche forma di coerenza. E infatti per ora i Gilet Gialli non hanno trovato nessuno sbocco politico, le loro liste, nei sondaggi, ottengono percentuali bassissime». Ecco. Il caos procede a anche senza ingegneri. Ma in politica non funziona. Odio disorganizzato.

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