C’era una volta un Paese in cui gli immigrati lavoravano più degli autoctoni. Eravamo tra i pochi in cui i tassi d’occupazione degli stranieri erano superiori a quelli degli italiani in modo significativo.
Non è più così da qualche tempo. Dopo la crisi, e in particolare negli ultimi trimestri, il fatto è divenuto ancora più evidente. A inizio 2019 la differenza tra i due tassi d’occupazione ha raggiunto il minimo: 1,8%. Nel 2006 era del 9,7% con punte superiori al 10% in alcuni trimestri.
Dati ISTAT, tasso d’occupazione degli immigrati meno quello degli italiani
Sostanzialmente era l’effetto dei pensionamenti anticipati tra gli italiani, dei più alti tassi d’attività tra gli stranieri, più giovani e costretti maggiormente a lavorare, senza reti familiari o di welfare a sostenerli, della bassa produttività dell’economia italiana, fatta di attività a basso valore aggiunto, dal piccolo commercio alla ristorazione, alle costruzioni, in cui, in alcuni segmenti, vi era maggiore domanda di lavoro a basso costo che di personale istruito.
Poi qualcosa è cambiato. Sono stati i meno istruiti e i precari maggiormente sacrificabile a subire maggiormente la crisi e tra questi gli immigrati erano rappresentati in modo più che proporzionale.
Questi trend ci dicono che, tuttavia, se il lavoro per il segmento di popolazione mediamente più povero cresce meno che per quello più ricco, c’è un potenziale problema di tenuta sociale. Presente e futuro.
La riforma Fornero poi ha costretto molti italiani 50enni a rimanere al lavoro, mentre gran parte degli immigrati giunti in modo regolare in Italia lo ha fatto per ricongiungimento familiare, portando quindi persone che, non lavorando, dipendevano dal reddito di altri familiari.
Non è un caso che sia stato solo il gap tra occupazione femminile straniera e italiana a continuare a calare dal 2015 in poi, e nel primo trimestre del 2019 per la prima volta erano le donne italiane ad avere un tasso d’occupazione maggiore di quello straniero. Nonostante rimaniamo tra i Paesi in cui le donne lavorano meno in Europa.
Dati ISTAT, tasso d’occupazione degli immigrati meno quello degli italiani
Si tratta di qualcosa di positivo? O di negativo? Le valutazioni politico-ideologiche le possiamo lasciare agli appassionati. Questi trend ci dicono che, tuttavia, se il lavoro per il segmento di popolazione mediamente più povero cresce meno che per quello più ricco, c’è un potenziale problema di tenuta sociale. Presente e futuro.
A maggior ragione se, ed è questo uno dei punti più importanti, è nelle regioni di gran lunga più fragili che questo peggioramento, relativo e assoluto, delle condizioni lavorative degli immigrati è maggiore. Ovvero nel Mezzogiorno.
È lì e in parte al centro che il vantaggio in termini occupazionali degli stranieri che è maggiormente diminuito, dimezzandosi rispetto all’inizio del decennio, mentre al Nord con la ripresa anzi è avvenuto l’opposto, ovvero l’aumento occupazionale verificatosi ha beneficiato maggiormente gli immigrati.
Dati ISTAT, tasso d’occupazione degli immigrati meno quello degli italiani
Al Centro e al Sud invece siamo davanti all’unico calo del tasso d’occupazione verificatosi durante la ripresa, tra 2014 e 2019, quello degli stranieri, sceso rispettivamente del 2% e del 3,4%.
Nel frattempo il tasso occupazionale degli italiani cresceva ovunque, con minori differenze tra area e area.
Dati ISTAT
Si potrà obiettare che al Sud in fondo gli stranieri sono molti meno che al Nord e quindi questo fenomeno ha un impatto relativamente piccolo.
È vero, ma è proprio al Mezzogiorno che sta aumentando di più l’immigrazione. Nel 2018 il tasso migratorio, ovvero il numero dei nuovi arrivi per 1000 abitanti, è stato maggiore in Calabria, dove è stato doppio che in Lombardia.
Vengono poi Sicilia, Abruzzo, Puglia, Basilicata, Campania. Che superano ogni regione del Nord in queste statistiche.
Dati ISTAT, tasso migratorio per 1000 abitanti
Siamo quindi di fronte a una crescita dell’economia e dell’occupazione che, seppur limitate, si concentrano tra gli italiani, in particolare del Nord, escludendo gli immigrati del meridione, specificatamente le donne straniere.
In sostanza va male dove già andava a male.
Cresce la proporzione di persone senza lavoro proprio là dove è già maggiore la povertà e il disagio sociale.
E anche studiare sembra servire a poco, o comunque porta meno beneficio che agli italiani, se è solo tra i diplomati e tra i laureati che il gap tra l’occupazione di italiani e stranieri peggiora a danno di questi ultimi.
Dati ISTAT, tasso d’occupazione degli immigrati meno quello degli italiani
Questi stranieri però stanno invecchiando come gli italiani. Con questo trend ci ritroveremo nel breve periodo con un maggior pericolo di ghetti e di situazioni socialmente esplosive al Sud, che aumenta la propria distanza dal resto del Paese, e nel lungo periodo con una emergenza pensionistica, con milioni di persone, ora giovani e straniere, domani magari non più, che non avranno lavorato, soprattutto se donne, o che l’avranno fatto con stipendi e contributi minori della media.
Sono persone destinate a rimanere nel nostro Paese. Non si tratta dei migranti sbarcati a Lampedusa.
E se la politica pensasse realmente domani e non al titolo del TG serale si occuperebbe immediatamente di questa futura reale emergenza invece delle tante che, evidentemente non essendolo, vengono chiamate in questo modo per poche settimane prima di sparire dai radar.