L’IoT (Internet of Things) è un’altra strepitosa finestra sul futuro immaginifico. L’Internet delle cose o, come si legge su Wikipedia, «più propriamente, Internet degli oggetti, è un neologismo riferito all’estensione di Internet al mondo degli oggetti e dei luoghi concreti. Introdotto da Kevin Ashton, cofondatore e direttore esecutivo di AutoID Center (consorzio di ricerca con sede al MIT), durante una presentazione presso Procter & Gamble nel 1999». Ma l’IoT non riguarda solo la connessione dei dispositivi (come la ormai famosa immagine del frigorifero che ordina la spesa quando il suo proprietario finisce qualcosa); bensì è anche – e presto, forse, soprattutto – uno strumento per collegare l’intelligenza. Nel senso che può essere gli occhi, le orecchie e la memoria di un’azienda. E in questo senso la definizione che ne ha dato la Singularity University è evocativa. «L’Internet delle cose è un sistema nervoso per il tuo business».
L’IoT può essere applicato dalle grandi multinazionali con investimenti di molti milioni di euro fino alle piccole realtà con piccoli investimenti mirati
Questa definizione così suggestiva significa che la combinazione di dispositivi IoT e la funzionalità di apprendimento automatico aiutano l’azienda a capire come e in che modo i clienti interagiscono con i propri prodotti, fornendo quindi informazioni strategiche fondamentali, che vanno da quelle logistiche come la migliore gestione possibile dei magazzini e del rifornimento degli scaffali nei punti vendita, a quelle globali e di posizionamento, fino alle relazioni con i fornitori o con la concorrenza. E ancora la Singularity si gioca una bella frase ad effetto. «Se non stai imparando, stai perdendo i guadagni». Permutabile, aggiungiamo noi, anche nella vita in genere: se non stai imparando, stai perdendo… tempo e altro ancora.
L’Internet delle cose, in ogni caso, monitorando ogni singola fase del proprio business ne consente una maggiore comprensione, oltre ad avere una filiera più reattiva, sempre connessa e capace di apprendere automaticamente e autonomamente. Si analizza la questione, si definiscono le domande alle quali bisogna rispondere e si iniziano a raccogliere i dati collegando i dispositivi, con i dati raccolti che poi devono risultare strategici al miglioramento aziendale. Detto così sembra facile ma facile non è. Oggi, grazie alla tecnologia, è forse più facile di ieri e domani, con lo sviluppo ulteriore, sarà più semplice di oggi. Ma la faccenda non è comunque roba da poco. Anche in questo caso, però, è probabile immaginare che sia la strada maestra per far crescere il business aziendale, soprattutto del futuro. E tra i tanti temi trattati sul mondo che verrà questo dell’IoT è uno di quelli più pronti per l’immediato. Ed è anche molto trasversale. Perché può essere applicato dalle grandi multinazionali con investimenti di molti milioni di euro fino alle piccole realtà con piccoli investimenti mirati.
Forse è proprio l’Internet delle cose l’ultima speranza per l’Italia
L’esempio concreto lo riporta Singularity. Transport for London (TfL) e TAB hanno lavorato insieme per migliorare l’efficienza con cui la rete della metropolitana londinese gestisce i costosi e complicati test per i freni dei suoi treni. E in cinque giorni il team preposto ha dimostrato che utilizzando un iPad era possibile testare i freni di un treno della metropolitana con la stessa accuratezza della tecnologia tradizionale, spendendo molto meno. Adesso il nuovo metodo, denominato TfL Decelerator, è in fase pilota su tre linee, con un risparmio di 500mila dollari all’anno, che a regime porterà risparmi considerevoli e un’ottimizzazione sorprendente rispetto al passato. E forse è proprio l’Internet delle cose l’ultima speranza per l’Italia, applicata alla montagna di leggi che si contraddicono l’una con l’altra, alla razionalizzazione del sistema fiscale, contro gli sprechi nelle grandi opere… Ma qui probabilmente la fantascienza sfocia nell’utopia.