’O pernacchioSerie tv che diventano film, così il cinema può uscire dalla crisi

Chi lo ha detto che il piccolo schermo sta svuotando le sale? Dominano il mercato, ma le storie sono ben studiate e originali. E il cinema non può che guadagnarci

Photo by Krists Luhaers on Unsplash

Una volta era diverso. Una volta, se un film andava bene, e se quel film aveva poi un seguito e se c’era ancora gente disposta a sentir parlare della stessa storia, più e più volte, anche in un formato diverso, ridotto, cambiato, mordi-e-fuggi, si passava alla televisione e il film diventava una serie tv. Oggi, succede il contrario.

Oggi sono le serie tv che hanno il controllo del mercato: i produttori ci spendono di più, tutte le televisioni vogliono avere i loro originali; Netflix, Amazon e le altre piattaforme stanno combattendo una civilissima guerra sullo streaming; e anche i grossi blockbuster, come i film Marvel, funzionano proprio perché – nel corso degli anni, e nel succedersi di capitoli e stagioni – conservano una specie di struttura seriale (se non hai visto il primo film non puoi capire il secondo; e se non hai visto il secondo, non puoi capire il film su questo nuovo personaggio, e così via).

Downton Abbey”, “Breaking Bad” e, qui in Italia, “Gomorra” sono andate così bene che sono diventate dei film. Quello di “Downton Abbey” è uscito nel Regno Unito e in America, ed è andato decentemente; oggi su Netflix (e in alcune sale, per alcuni giorni) è arrivato “El Camino”, il film su Jesse, il personaggio interpretato da Aaron Paul in “Breaking Bad”; e il 5 dicembre, distribuito da Vision, toccherà al film spin-off su Ciro L’Immortale, il personaggio di Marco D’Amore che, in questo caso, è anche regista.

Questi tre film, questi tre casi, sono di quest’anno. Nel 2020 uscirà anche “The Many Saints of Newark”, film prequel dei “Soprano” (nel cast, tra gli altri, c’è anche l’italiana Michela De Rossi). E altri titoli sono già in lavorazione. Vedremo, ci stiamo pensando, chissà. Intanto rimane un dato: la tv è buon materiale (ottimo, anzi) per provare a riempire nuovamente le sale. Certo, la crisi dei cinema è tutta nostra. Ma il fatto che nell’industria si senta una mancanza di nuove storie, storie in grado di appassionare lo spettatore, è abbastanza evidente. Oltreoceano o si fanno remake o si fanno reboot; se non sono quelli, sono film ispirati ai fumetti. Qui in Italia, nonostante le infinite perdite, si continuano a produrre commedie, commediole e drammoni familiari, amori impossibili, disgrazie su disgrazie. Ogni tanto c’è qualcosa di nuovo, vero: ma, appunto, succede solo ogni tanto.

Le recenti intuizioni di Sky, che ha fatto esordire i primi episodi di “Gomorra” al cinema e della Rai, che ha fatto lo stesso con “L’amica geniale” sono il chiaro segnale che le serie tv possono essere per il cinema una fonte di guadagno

Nella serialità, la scrittura – e le idee – sono tornate al centro. Gli sceneggiatori hanno conquistato un posto di primo piano, e finalmente vengono ascoltati (pensate a Vince Gilligan, il creatore di “Breaking Bad”). C’è un bisogno fisiologico, da parte dell’industria, di tornare ad avere personaggi convincenti e storie coinvolgenti. In televisione, dove i tempi, tra le varie stagioni, sono dilatati, è possibile costruire trame interessanti, con protagonisti tridimensionali. Al cinema no, e i film che non hanno storie pregresse, che non hanno un pubblico già consolidato, hanno difficoltà.

Anche le recenti intuizioni di Sky, che ha fatto esordire i primi episodi di “Gomorra” al cinema, e della Rai, che ha portato in sala, prima ancora che in televisione, “L’amica geniale”, sono un chiarissimo segnale di quanto il fenomeno – e il business – “serie tvpossa essere, per il vecchio e martoriatissimo cinema, una fonte di guadagno. Lo sanno bene gli esercenti; e lo sanno altrettanto bene quei produttori che stanno prendendo in considerazione di portare storie di successo dal piccolo al grande schermo (esempio pratico: Steven Knight, creatore di “Peaky Blinders”, sta pensando di sviluppare, insieme alle prossime stagioni della serie, anche dei film; e la stessa cosa, tempo fa, si era detta di “Game of Thrones”, che per adesso avrà solo delle serie prequel).

Insomma, non ha senso parlare di competizione, o di scontro, tra tv e cinema. Le due cose, stiracchiandole un po’, sono complementari, vanno a braccetto, si aiutano. Quello che ora serve è che il cinema non si limiti – nelle sue figure chiave, come i produttori e i distributori – a riprendere fenomeni nati in televisione; ma a ricreare anche lo stesso meccanismo creativo, dando più peso, più spazio e soprattutto ascoltando di più quelle anime pie degli sceneggiatori.