Manca poco più di un anno all’ultimo giorno di lavoro di Angela Merkel, l’unica (e speriamo non l’ultima) vera leader politica che l’Europa abbia avuto negli ultimi 30 anni. È lei che da leader nazionale si è fatta leader di una fetta di mondo, è lei che da sola e contro tutti si è presa l’Europa della crisi sulle spalle, è lei che si prende da anni fischi e sputi lanciati a caso dai populisti di ogni ordine e grado, ed è sempre lei che, in qualche modo, è responsabile del fatto che l’Europa sia ancora in piedi e il mondo un posto che ancora valga la pena.
Nonostante questo, si sa, la politica è un lavoro ingrato e finisce sempre nella polvere. Angela Merkel lo sa e, come le si confà, si aggiusta la giacca color pastello e va incontro al suo destino. Del resto, fu lei stessa, anni fa, a dire «Tutti i politici se ne vanno da sconfitti». Molto vero, anche se sul giusto ci sarebbe da discutere.
Così, mentre sente il tempo a sua disposizione assottigliarsi, la sua popolarità sgretolarlesi tra la dita e l’Europa farsi nave senza nocchiero, Angela Merkel ha deciso di concedere una delle sue rare interviste. Lo ha fatto parlando con il Financial Times in un’intervista che, più che tale, sembra il resoconto di una conversazione sbocconcellata in cui Merkel prova a disegnare l’Europa e il mondo per come li vede oggi e per come vorrebbe fossero in futuro.
«All’inizio di un nuovo decennio – scrive il Financial Times – la prima statista europea sembra improvvisamente essere dalla parte sbagliata della storia. A breve, il Regno Unito lascerà l’UE. Un volatile presidente degli Stati Uniti sta snobbando gli alleati e Vladimir Putin sta cambiando la costituzione russa e intromettendosi in Libia e nell’Africa sub-sahariana. Le tensioni commerciali continuano, minacciando le frontiere aperte e le catene del valore globalizzate che sono i cardini della prosperità della Germania. Merkel è un politico programmato per un compromesso. Ma oggi affronta un mondo senza compromessi in cui i principi liberali sono stati messi da parte dalla legge della giungla».
Per questo, proprio perché i barbari sono alle porte, secondo Merkel l’unica soluzione è rafforzare l’Europa: «Vedo l’Unione Europea come la nostra assicurazione sulla vita – dice Merkel – La Germania è troppo piccola per esercitare da sola l’influenza geopolitica, ed è per questo che dobbiamo sfruttare tutti i vantaggi del mercato unico». La chiave per tenere il mondo in piedi, secondo Merkel, è quel multilateralismo che ora va così poco di moda: «Serve cercare le migliori situazioni vantaggiose per tutti… Anche se questa idea sta venendo messa sotto pressione crescente. Il sistema di istituzioni sovranazionali come l’UE e le Nazioni Unite erano essenzialmente una lezione appresa dalla seconda guerra mondiale e dai decenni precedenti, ma ora, l’importanza di quella lezione sta svanendo. Non vi è alcun dubbio sul fatto che, come dice Donald Trump, organismi come l’Organizzazione mondiale del commercio e le Nazioni Unite necessitano di riforme. Ma non metto per questo in discussione la struttura multilaterale del mondo».
Un mondo che adesso sembra interessato, al contrario, a tutelare piccole unità nazionali e i loro interessi puntuali.
«La Brexit è un campanello d’allarme per l’UE” dice, dando a intendere che l’Europa deve rispondere a chi preferisce gli interessi particolari. E per farlo deve “Diventare attraente, innovativa, creativa, un buon posto per la ricerca e l’istruzione… La concorrenza può essere molto produttiva».
Ma perché l’Europa continui a contare qualcosa occorre che faccia tre cose: la prima, trovare il suo posto tra i giganti di USA e Cina. La seconda, mettersi nella posizione di dare le carte sui grandi temi della tecnologia e del digitale, che saranno l’ossatura dell’economia dei prossimi decenni. La terza, diventare militarmente autonomi dalla NATO.
In merito al primo punto, Merkel dice: «Il presidente Obama ha già parlato del secolo asiatico, visto dalla prospettiva americana. Ciò significa anche che l’Europa non è più, per così dire, al centro degli eventi mondiali. L’attenzione degli Stati Uniti sull’Europa è in calo e questo sarà il caso di qualsiasi presidente. Per questo in Europa, e in particolare in Germania, dobbiamo assumerci maggiori responsabilità». Il che significa, detto in termini molto semplici, passare ai successivi due punti: sviluppo digitale e militare.
«L’UE dovrebbe identificare le capacità tecnologiche che mancano e muoversi rapidamente per colmare le lacune: i chip dovrebbero essere fabbricati nell’Unione europea, l’Europa dovrebbe avere i propri hyperscale e dovrebbe essere possibile produrre celle di batterie. Deve inoltre avere la fiducia necessaria per stabilire i nuovi standard digitali globali, come successo, per esempio con il GDPR, che è un gold standard per la privacy ed è la prova che l’UE può diventare un governatore, piuttosto che un osservatore delle regole, quando si tratta di economia digitale. Sono fermamente convinta che i dati delle persone non appartengano allo Stato o alle aziende: bisogna garantire che l’individuo abbia la sovranità sui propri dati e possa decidere con chi e per quale scopo condividerli».
Poche, ma chiare, anche le parole in merito alla politica militare: «La relazione transatlantica rimane cruciale per me, in particolare per quanto riguarda le questioni fondamentali relative ai valori e agli interessi nel mondo, ma l’Europa dovrebbe anche sviluppare le proprie capacità militari. Potrebbero esserci regioni al di fuori del focus principale della Nato dove «l’Europa deve – se necessario – essere preparata per essere coinvolta. Per esempio l’Africa».
Queste le linee tracciate, a poco più di un anno dalla pensione, da Angela Merkel. Ora tocca all’Europa che, dal 2021, dovrà scendere dalle ampie spalle della Cancelliera e camminare, se ci riesce, con le sue gambe.