È possibile che il movimento Cinque stelle chieda il divorzio da Rousseau e quindi da Davide Casaleggio? La risposta è semplice e spiega come questa ipotesi investa le sorti del governo Conte due. Sono due gli statuti che stabiliscono il ruolo di dominus di Davide Casaleggio. Quello del Movimento, rifondato nel 2017 dallo stesso Casaleggio e Luigi Di Maio, e quello di Rousseau.
Quest’ultimo stabilisce la carica a vita dell’imprenditore milanese, mentro lo statuto del Movimento dice che Rousseau si occuperà per sempre della gestione di alcuni aspetti del partito. Chi ha deciso che Rousseau sia fornitore di servizi del Movimento? Nessuno, o meglio l’hanno deciso Casaleggio e Di Maio di fronte a un notaio. Per cambiare lo status quo servirebbe cambiare lo statuto del Movimento. Come? Su Rousseau.
I parlamentari, e quindi anche Di Maio, non hanno alcuna possibilità di influire sull’associazione di Casaleggio. E allora il divorzio tra Rousseau e il Movimento è tecnicamente impossibile, non esiste una procedura che possa deciderlo. Solo Davide Casaleggio può decidere di sciogliere questa unione che non è stata votata da nessuno, ma imposta.
Soltanto il figlio di Gianroberto Casaleggo può decidere di spegnere i server e con essi il Movimento. Rousseau gestisce i processi decisionali e di e-voting, la comunicazione interna ed esterna, l’anagrafica degli iscritti. Il cuore del primo partito italiano è nelle mani di un associazione privata di natura commerciale su cui il partito non ha nessun controllo.
Casaleggio può in qualsiasi momento far valere la clausola “vessatoria” per cui chi non versa l’obolo di 300 euro al mese alla sua associazione è fuori dal Movimento. Ciò dimostra per tabulas chi è il padrone e quanto inutile sia chiedersi se il Movimento sia di sinistra o di destra: M5S è di Casaleggio. Siamo passati dalla retorica dei pieni poteri a Salvini a quella dei pieni poteri di un imprenditore che con un’entità commerciale gestisce il primo partito italiano per numero di seggi.
Senza Rousseau e quindi senza il controllo sul Movimento, Casaleggio e la sua azienda perderebbero appeal: quello che gli ha permesso di raddoppiare il fatturato in un anno e quasi decuplicare gli utili, dopo un lungo periodo di crisi. Quello, detto chiaramente, che ha permesso a una piccola azienda di acquisire clienti di prima fascia come la multinazionale Philip Morris. Queste partnership commerciali sopravviverebbero a un’eventuale crisi che vedesse il M5S uscire dall’area di governo o all’uscita di Casaleggio dalla gestione del Movimento?
Se Casaleggio mollasse il Movimento continuerebbe a essere interlocutore politico del Pd, riceverebbe ancora le telefonate di Zingaretti?
Se davvero i parlamentari volessero intraprendere una “guerra a bassa intensità” contro il Dominus, per liberarsi del “giogo” non servirebbero documenti o interviste, basterebbero atti precisi. Come per esempio indagare a fondo su quali sono le nomine cui è interessato l’imprenditore-fondatore, a partire da quella sul Garante della Privacy.
D’altronde che in tema di nomine governative Casaleggio conti qualcosa lo ha ammesso lui stesso. «Se fossi stato interessato ai soli soldi avrei forse potuto aspirare a una nomina da qualche centinaia di migliaia di euro di solo stipendio», ha recentemente detto, confermando di avere una qualche influenza sul governo. Per questi motivi sia la “rivolta” di alcuni parlamentari o le generiche accuse di Gianluigi Paragone e Lorenzo Fioramonti, sia le ipotesi di distacco tra Movimento e Rousseau ci sembrano vadano archiviate come pettegolezzi. Ciò non significa che siano prive di significato, anzi.
È evidente che la notizia che il capo politico Di Maio pensi al divorzio da Casaleggio abbia come obiettivo lo stesso Di Maio, qualcuno sta provando a trasformarlo in un target, un obiettivo da abbattere. Una campagna marketing ben orchestrata che però per creare davvero il caos dovrebbe riuscire a convincere Casaleggio, l’unico che può davvero spodestare Di Maio e rompere il patto che ha permesso ad entrambi la scalata. Mentre sempre più spesso si parla (finalmente) di conflitto di interessi, Casaleggio deve scegliere su chi puntare.
Chi può garantire meglio il suo ruolo nella vita politica italiana? Di Maio o Conte?