Perché viaggiamo? A leggere il Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano 2020, sviluppato da Roberta Garibaldi, docente universitario di Tourism Management, keynote speaker per il turismo enogastronomico per l’Agenzia per il Turismo delle Nazioni Unite, la risposta è chiarissima: per vivere esperienze enogastronomiche memorabili. Risponde così il 71% delle persone in viaggio, mentre il 59% dei turisti dichiara che le esperienze a tema li aiutano a scegliere tra più destinazioni.
Interessanti anche le fasce d’età: sono i millennials a guidare il trend, con i “super foodie”, i nati nella Generazione Z, che diventano viaggiatori frequenti e mostrano un alto interesse verso il cibo. Nei due volumi del rapporto si possono leggere le abitudini dei viaggiatori: circa la metà sono “onnivori” e durante il viaggio desiderano vivere esperienze arricchenti, multisensoriali, emozionali e culturali. Alle esperienze enogastronomiche abbinano lo shopping (indicato dall’85% contro il 68% dei turisti generalisti) o i festival musicali (66% vs 45%). I turisti internazionali di tutte le nazionalità mappate si definiscono prevalentemente “eclettici” nella scelta delle esperienze, solo per i francesi prevale il tema dell’autentico, del locale e del gourmet.
I trend sono chiari: vincono i food truck, con il cibo di strada tra le esperienze più vissute e più ricercate sul web, i ristoranti e i bar storici e le dimore storiche sede di aziende di produzione agroalimentare, le visite ai produttori, e infine i corsi di cucina.
Ma cosa cercano i turisti una volta arrivati a destinazione? Se in Francia c’è il maggior incremento di prodotti agroalimentari a indicazione geografica e di micro-birrifici, e in Spagna di vini a indicazione geografica e imprese di ristorazione, l’Italia mantiene il primato su aziende viticole e olivicole. E sui prodotti caratterizzanti: il gorgonzola e la pizza sono i prodotti italiani ad Indicazione Geografica più ricercati sul web tra il 2017 e il 2019, mentre tra i trend topic di internet tra Novembre 2019 e Gennaio 2020 per gli utenti di Stati Uniti, Cina, Francia, Spagna, Germania e Regno Unito figurano gli arancini, l’ossobuco, il Parmigiano Reggiano e il Pecorino romano; tra le produzioni vitivinicole “Sparkling wine”, i vini dell’Alto Adige e il Chianti (dati Semrush).
Tra le Regioni, è un testa a testa Nord Sud: l’Emilia-Romagna è la regione con il maggior numero di prodotti agroalimentari a Indicazione Geografica, il Piemonte detiene il primato per i vini, la Campania per i Prodotti Agroalimentari Tradizionali. La Lombardia vanta invece il primato nell’offerta ristorativa ed è leader del Paese su micro-birrifici e brew pub. La Toscana si distingue per gli agriturismi e il Centro-Sud è la macro-area più dinamica, con i maggiori incrementi nell’offerta.
Le riflessioni di Roberta Garibaldi sul rapporto sono positive, con un’attenzione e un approfondimento in più: «Il turismo enogastronomico può rappresentare uno strumento per uno sviluppo sostenibile delle destinazioni e delle aree rurali limitrofe, avvicinando produttori, ristoratori, operatori del turismo e consumatori, contribuendo ad accorciare la filiera agroalimentare e, quindi generando benefici diffusi sul territorio. A tale scopo, appare opportuno stimolare la diffusione di pratiche enogastronomiche sostenibili di produzione e consumo di cibo più attento all’impatto ambientale, sociale, culturale ed economico. L’enogastronomia sostenibile non è però circoscritta all’ambito della produzione, ma va a comprendere un’ampia gamma di pratiche: è fondamentale preservare e valorizzare la conoscenza culinaria di un luogo che viene trasmessa attraverso il cucinare e le ricette tipiche, che costituiscono il DNA e l’identità del territorio. La sostenibilità passa anche attraverso la preservazione dei punti vendita e dei mercati oltre che dalla salvaguardia del cibo fatto in casa, la trasmissione della conoscenza e l’educazione».
Gli esempi pratici di questo nuovo corso sono innumerevoli, e vanno dalla valorizzazione di piccole realtà rurali, fino a grandi festival a tema che mettono in luce a livello internazionale le nostre tipicità, confrontandole con quelle del mondo.
È il caso del Cous Cous Fest, che alla sua 23esima edizione è diventato parte integrante della comunicazione turistica di San Vito Lo Capo. Il piatto, grazie al concorso internazionale che si svolge ogni anno, è ormai un autentico simbolo di pace e incontro tra culture, interpretato da chef di tutte le provenienze e in grado di raccontare un territorio, un approccio culturale, e i prodotti che rappresentano la regione. Ma è anche il principale veicolo di promozione del territorio, durante l’evento che quest’anno si svolgerà dall’8 al 27 settembre, ma anche prima e dopo, con il supporto dello chef siciliano Filippo La Mantia, vero propulsore dell’evento.
Sulla valorizzazione del turismo lento e attento alla scoperta delle esperienze gastronomiche punta anche la regione Lazio, che vuole spingere i turisti ad andare oltre Roma, come ha sottolineato l’assessore al Turismo della Regione Lazio Giovanna Pugliese durante un evento in occasione della recente Borsa Internazionale del Turismo di Milano: «La sfida è attirare i turisti verso le nostre bellezze e fare in modo che si fermino più a lungo per un turismo lento e di qualità. Sappiamo di avere grandi potenzialità, ma anche grandi responsabilità e sappiamo che dobbiamo puntare in particolare sull’accoglienza, per far capire ai turisti che c’è qualcosa oltre Roma».
Per questo sono importanti le esperienze come il Sistema Castelli Romani e Monti Prenestini, una zona geografica ricca di spunti culturali, paesaggistici, e archeologici che meritano un’attenzione sempre maggiore da parte degli operatori del turismo, come ha sottolineato il presidente del Gal Stefano Bertuzzi: «Questi enti sovraccomunali stanno lavorando insieme per valorizzare le bellezze del nostro territorio. Noi in particolare cerchiamo di far capire l’importanza della cultura del buon cibo e del buon vino come attrattore di un turismo di qualità. La nostra esperienza è focalizzata su un turismo rurale “lento”, legato alle attività del territorio con l’obiettivo di migliorarne la ricettività e la competitività». Esattamente come sostiene da tempo il ristoratore romano che più di ogni altro ha sposato la causa del turismo slow ed enogastronomico, Antonello Colonna, con il suo resort di Labico a fare da baluardo di un modo di fare accoglienza in cui al centro c’è un nuovo modo, a misura d’uomo e fatto di piccoli numeri, per far scoprire luoghi e culture, con un focus centrale sul buon cibo e il bere bene.
E il turismo enogastronomico diventa anche da sfogliare, con le guide che raccontano il territorio italiano con una visione speciale delle tipicità culinarie, non più completamento del viaggio ma motivo stesso della visita. È il caso di Viaggiare in Puglia di MP Comunica e Pugliapromozione, vero e proprio vademecum del cibo e dei prodotti tipici della regione, e del caso unico della guida alle Dolomiti bellunesi, diventate protagoniste di una intera Lonely Planet: di solito focalizzati sugli Stati, gli editori australiani hanno invece scelto questa piccola parte della regione Veneto per un focus sulle bellezze locali, con il cibo come protagonista insieme alle splendide montagne.