Per provare a parlare d’altro, torno sulle elezioni americane, ovvero sull’argomento politico che dal giorno del successo di Donald Trump alle primarie repubblicane del 2016, e poi alle presidenziali contro Hillary Clinton, ha perso ogni parvenza di scienza esatta ed è diventato il modo più facile per smentire le previsioni dei commentatori americani, figuriamoci dei tanti americanisti Bonetto che Fruttero & Lucentini hanno preso in giro ne La Donna della domenica perché nei salotti pronunciavano Bàston anziché Boston.
Sprezzante del pericolo, ecco secondo me che cosa potrebbe fare Joe Biden nelle prossime settimane e mesi: martedì prossimo si vota in Idaho, Mississippi, Missouri, Nord Dakota, Washington e soprattutto Michigan. Secondo i sondaggi, ma anche secondo la composizione dell’elettorato che gli ha dato la vittoria nel supermartedì, l’ex vicepresidente di Obama dovrebbe farcela in Michigan, in Missouri, in Mississippi, con Sanders più competitivo in Idaho, Nord Dakota e nello Stato di Washington. Fossero confermate le previsioni, la strada di Biden verso la nomination democratica si accorcerebbe e si intensificherebbero le voci sulla scelta del vicepresidente.
La formazione del ticket presidenziale è un’altra scienza esatta destinata a essere smentita, perché non è mai facile bilanciare la giusta miscela tra chimica personale, necessità politica, narrazione pubblica e provenienza geografica del running mate. Con Trump, Obama e Bush in realtà è stato tutto molto lineare: l’eterodosso Trump ha scelto come vice un mansueto super conservatore delle praterie che lo coprisse sull’elettorato religioso, mentre i giovani e inesperti Obama e Bush si sono affidati a due personaggi molto noti nei palazzi di Washington, Biden e Cheney.
Le voci sul vice di Biden al momento riguardano la senatrice californiana di origini indo-giamaicane Kamala Harris e l’afroamericana della Georgia Stacey Abrams, ma altri suggeriscono di guardare con attenzione i candidati presidenziali che si sono ritirati, da Pete Buttigieg ad Amy Klobuchar fino a Elizabeth Warren.
Dietro la tesi Kamala Harris e Stacey Abrams c’è l’idea che Biden debba consolidare la sua presa sull’elettorato afroamericano con una vicepresidente di colore. Ma la South Carolina ha dimostrato che Biden è già il beniamino dell’elettorato nero, e dei leader afroamericani come Jim Clyburn, e quindi potrebbe non avere bisogno di un suo doppione che peraltro, nel caso di Abrams, non è ancora testato a livello nazionale, mentre nel caso di Kamala Harris, che potrebbe essere un’ottima Attorney General, va considerato che la California è già saldamente in mani democratiche.
L’ipotesi Elizabeth Warren è la più politica, perché consentirebbe a un Biden che sconfigge Sanders di unificare le due anime del partito democratico, quella liberal e quella più progressista. Warren deve ancora decidere se sostenere Sanders o Biden, ma è possibile che non scelga nessuno dei due: né Sanders, il perdente designato, per non essere associata alla sua sconfitta, ma nemmeno Biden in modo da mantenere la credibilità per aspirare a diventare il leader della sinistra americana.
Ma al di là di tutto, è improbabile che Biden punti su Warren perché, in questo caso, il governatore repubblicano del Massachusetts sceglierebbe il successore di Warren al Senato e regalerebbe al partito di Trump un seggio in più al Congresso.
C’è un’altra strada che gli strateghi di Biden stanno valutando, visto che elettoralmente la formula politica sta funzionando, ed è quella di rafforzare l’immagine di candidato serio, moderato e riformista scegliendo come vicepresidente qualcuno più giovane ma con un profilo coerente con le sue posizioni, un po’ come fece Bill Clinton scegliendo un altro giovane politico riformista del sud come Al Gore.
Il primo nome che viene in mente è quello di Pete Buttigieg, intanto perché Biden ha detto che gli ricorda il figlio Beau, il suo erede politico prematuramente scomparso, ma anche perché è stato lo stesso Biden a dire pubblicamente, la sera in cui Buttigieg ha scelto di sostenerlo nella sfida contro Sanders, che lo chiamerà certamente nella sua squadra. È più probabile, però, che Buttigieg possa avere un ruolo di primo piano nell’eventuale Amministrazione Biden, più che il posto da vice. Vedremo.
Se questo ragionamento politico fila, Biden dovrebbe annunciare come suo candidato vicepresidente Amy Klobuchar, la senatrice del Minnesota che ha dimostrato durante le primarie di essere pronta per il grande palcoscenico della politica americana. Considerato che circola voce che ad agosto Trump mollerà il suo vice Mike Pence per sostituirlo con Nikki Haley nel tentativo di recuperare i voti delle donne dei sobborghi residenziali, per Biden avere al fianco una donna tosta e preparata come Klobuchar vale anche come contromossa, oltre che come decisione ideale per accontentare quella parte dell’elettorato di Elizabeth Warren che è più femminista che di sinistra.
Amy, dunque: svelta, intelligente, simpatica; formidabile sul palco, efficace al Senato, ed eletta trionfalmente nel Midwest, l’area del paese che quattro anni fa contribuì a far perdere le elezioni a Hillary Clinton.
Biden-Klobuchar, dunque. Si pronuncia Klòbusciar.