Nell’Unione ferita dal contagio e divisa su come salvare l’eurozona si aggira un altro spettro: la disinformazione. Gli aiuti di Stato delle dittature sono più veloci della lenta e democratica Europa, i governi stranieri fanno bene ad attaccare i giornalisti italiani perché sono scomodi. Sul web le teorie della cospirazione si diffondono con la stessa viralità delle catene di Sant’Antonio su Whatsapp. Fonti? Nessuna. Effetti? Tossici. Da quando è scoppiata l’emergenza sanitaria, lo European External Action Service (Eeas) ha intensificato la missione che sembra una fatica di Sisifo: correggere le falsità rimbalzate online. Soprattutto se a spingere il masso già ogni giorno sono Cina e Russia.
Nel suo report mensile l’Eeas segnala che da Pechino «i media di Stato e ufficiali di governo promuovono teorie infondate sull’origine del Covid-19». Da fine gennaio, sono stati registrati oltre 150 casi di disinformazione filorussa. Non è un caso che la parola «disinformazione» sia ricorsa nel discorso di Josep Borrell, l’Alto rappresentante per gli affari esteri, in una seduta congiunta di commissioni dell’Europarlamento, il 20 aprile. «Abbiamo bisogno di una narrativa positiva sull’Unione Europea — ha detto lo spagnolo —. Sottolineo l’importanza per l’Unione Europea di combattere la disinformazione dall’esterno, fake news e attacchi cibernetici».
Ripercorriamo quanto l’Eeas ha disinnescato finora. Le più recenti riguardano il primo ministro inglese Boris Johnson. Il 5 aprile viene ricoverato nell’ospedale di St. Thomas. Ore di apprensione: i riflettori mediatici di tutto il mondo sono puntati su Londra, quando l’agenzia RIA Novosti, controllata dal Cremlino, batte la notizia (smentita subito dal governo inglese) che Boris sia stato sottoposto a ventilazione polmonare, millantando fonti al vertice della sanità inglese che non possiede. Non è stato un errore: la RIA Novosti ha aggirato pure la propria redazione londinese — è la ricostruzione — perché l’input è partito da Mosca.
Un’altra vittima delle campagne è Bill Gates. Sono girate in rete notizie sul fatto che il fondatore di Microsoft avesse interessi monetari nell’epidemia, nascosti dietro l’attività filantropica, sino a indicare come obiettivo finale la riduzione della popolazione mondiale. Idee complottarde firmate da Zvezda TV, di proprietà dell’esercito russo, dall’agenzia di Stato Sputnik e sul New Eastern Outlook, riconducibile alla Russian Academy of Sciences. Illazioni, ovviamente, peccato siano state ripubblicate da testate in arabo, inglese, spagnolo, romeno, georgiano e tedesco.
I media russi hanno ospitato sovente teorie che suonerebbero eccessive persino in un film di James Bond. Sul canale televisivo Rossiya 1, per esempio, lo scienziato Mikhail Kovalchuk ha potuto ipotizzare come «il coronavirus potrebbe essere stato creato dagli Stati Uniti per controllare il mondo», in un’intervista di mezz’ora con zero contraddittorio. E la propaganda cerca anche di alimentare tesi no-vax mentre queste cadono – comprensibilmente – in disgrazia nell’opinione pubblica. Eppure negli Stati Uniti un americano su tre è convinto che la malattia sia stata assemblata in laboratorio, come riporta il Pew Research Center.
Merita un capitolo a parte l’Italia. La BBC s’era già interrogata sulla rappresentazione mediatica delle missioni «From Russia with love» nel nostro Paese. Di nuovo, la televisione russa magnificava le bandiere comparse sui balconi al posto di quelle europee. «Questi fan non sono italiani comuni — ha concluso l’emittente britannica —, hanno relazioni d’affari con Mosca. Siamo di fronte a una manipolazione». In altri casi, le bugie sono alla luce del sole.
Ha fatto rumore anche all’estero il caso Iacoboni, il giornalista della Stampa minacciato dal portavoce del Ministero della Difesa Igor Konashenkov per le sue inchieste. Così si mobilita la macchina di Sputnik: si accusa il quotidiano torinese di «sparare sulla Croce Rossa» e si attacca il presunto immobilismo della NATO per far passare in secondo piano gli interrogativi (ancora irrisolti) sui retroscena in termini di intelligence della missione.
Se si filtra il database delle notizie smontate dalla task force dell’Eeas per nazione, si può mettere a fuoco il tenore dell’offensiva diretta all’Italia. In cinque lingue, si costruisce l’immagine di una nazione abbandonata dall’Unione e salvata dagli aiuti spediti da Vladimir Putin.
In realtà, il sostegno della famiglia comunitaria, a quella data (11 aprile), non era mancato: la Germania apriva le sue terapie intensive a pazienti d’Oltralpe; insieme a Austria e Repubblica Ceca, la Francia donava 2 milioni e mezzo di maschere facciali e 30 mila camici protettivi. È un’arma retorica ricorrente: da giorni si vaticinava l’imminente collasso della democrazia occidentale e con essa dell’UE. Previsioni sbagliate, ma velenose.
È la tessera italiana di un mosaico globale che l’Eeas si sforza di ricostruire ogni giorno. L’intento dietro la ragnatela è seminare sfiducia: verso l’UE, certo, ma pure nei confronti dei governi nazionali, delle autorità sanitarie. Dividere, in una parola. Con un certo successo sembrerebbe, se i giganti asiatici battono gli USA tanto nelle coperture RAI quanto nella reputazione di alleati e la fiducia nell’Europa retrocede. Ha ragione Borrell: «Stanno giocando con la vita delle persone, la disinformazione può uccidere». Letale mai come oggi, mentre le difese immunitarie dei cittadini sono indebolite anche di fronte alle mistificazioni.