Hanno un ciclo di vita di 15 anni i turni alla presidenza del Consiglio dell’Unione Europea. Quei sei mesi al vertice sono più di «quindici minuti di fama»: danno allo Stato membro un potere non indifferente: stabilire l’agenda su cui discuteranno i ministri di tutti i governi dell’Unione. Per i più piccoli è l’occasione di promuovere i dossier che rimarrebbero ignorati, per i grandi è un test per capire in che direzione far andare l’Europa. A luglio sarà il momento della Germania a cui non poteva capitare una sorte peggiore. Il suo piano era progettare il futuro dell’Unione, ora dovrà gestire la pandemia e limitare i danni.
La Repubblica federale stava pianificando per tempo l’insediamento. Se erano ancora in fase preliminare le intese con i successori Portogallo e Slovenia, che si alterneranno nel 2021, il programma tedesco era quasi pronto. Risale al 17 marzo l’ultima bozza. Nemmeno quelle diciotto pagine sono rimaste immuni al coronavirus, entrato – come prima riga – all’inizio di ognuno dei cinque capitoli.
Tradotto: prima va superata l’emergenza sanitaria, poi il resto. La priorità di Berlino era la lotta ai cambiamenti climatici, puntando sull’affinare il Green new deal presentato dalla Commissione europea, con l’obiettivo di azzerare le emissioni entro il 2050. In particolare, si indicava l’idrogeno come via alla neutralità carbonica (cioè l’equilibrio tra produzione e assorbimento di anidride carbonica). Per consolidare infrastrutture e mercato, l’Ue avrebbe cercato partner dai quali importare la materia prima in modo sostenibile
Il Covid-19 ha imposto un cambio di rotta. Ha preparato il terreno la lettera che il 6 aprile l’ambasciatore tedesco a Bruxelles ha spedito alla Cancelleria. «La nostra presidenza non potrà svolgersi nel modo previsto — ha scritto Michael Clauss —. D’ora in poi, l’attenzione sarà rivolta alla capacità delle istituzioni europee di agire, alla gestione della crisi e alla ricostruzione. Il successo della nostra presidenza sarà misurato su questo». Senza mettere in pausa l’integrazione.
The #Corona pandemic is a huge challenge that affects all #EU member states, but some are particularly severely affected. Therefore we have to find common answers. – Chancellor #Merkel in today's video podcast on #Europe in times of #COVIDー19: https://t.co/bgg2vJxuPq
— Germany in the EU (@GermanyintheEU) April 25, 2020
Sabato scorso, Angela Merkel ha varato la nuova strategia. Nel discorso, la cancelliera caldeggia l’aumento del contributo tedesco al bilancio comunitario, poi affronta la scadenza. «Finché non ci sarà un vaccino, dovremo convivere con questo virus — ha detto in nel video-podcast alla nazione —. Ciò significa che la presidenza tedesca sarà modellata sulla lotta alla pandemia e sulle sue conseguenze. Dovremo dimostrare di aver agito per la coesione sociale e il miglioramento economico dell’Europa, progettare il suo futuro».
L’ambiente non passa in secondo piano. «Avremo problemi climatici e di salute all’ordine del giorno», prevede la statista della Cdu. Nomina due compiti da assolvere: costruire un sistema sanitario europeo efficiente in tutti i Paesi e crescere meglio, cioè insieme. Anticipa alcune risposte: imposte sulle transazioni finanziarie, scambio di quote d’emissione per il trasporto aereo o via nave.
Domani, mercoledì 29 aprile, il governo si riunirà proprio per aggiornare il programma. Dalle anticipazioni, trapelano i disegni di una «Piano farmaceutico europeo». Dovrà sventare i «colli di bottiglia» nella produzione (quando la domanda soverchia le capacità degli stabilimenti determinando ritardi), garantire le catene di approvvigionamento ed evitare che le aziende dell’eurozona dipendano da fornitori esteri per i componenti chimici.
Da questo punto di vista, la Germania è una superpotenza. Ha più di 660 case farmaceutiche, per una forza lavoro totale di 114 mila persone e un export da 63 miliardi di euro (dato del 2016). In proposito, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha parlato di uno «white deal» da affiancare a quello verde ed ecologico. Bianco è il colore della medicina. «Proteggiamo la salute del pianeta e quella degli esseri umani», è il mantra scandito in un’intervista al Die Zeit.
Digitalizzazione e open data sono la formula per tracciare i contagi e, in prospettiva, mettere in piedi una “tecnosfera” in grado di rivaleggiare con quelle di Cina e Stati Uniti. Infine, la Germania spingerà per un Codice di condotta sui dati sanitari, con regole in comune su trasporti e lavoro nella Fase 2, per creare un’«Identità digitale europea» a ciascun cittadino.
Fino a giugno, è in carica la Croazia, che è una delle ultime a entrare nell’Ue nel 2013. Non ve n’eravate accorti? Potete recuperare sul sito dedicato. Dal primo luglio, toccherà alla Germania; la reggenza terminerà a dicembre 2020. Come detto in apertura, non si tratta di un ruolo di facciata.
Per esempio, l’Estonia (luglio-dicembre 2017) si è focalizzata sull’energia, mentre la Bulgaria (gennaio-giugno 2018) ha promosso l’allargamento dell’Unione. All’Italia è assegnato il primo semestre del 2028, ma ha guidato il Consiglio dell’Ue di recente. Era il 2014 e fra i dossier, con l’Expo di Milano alle porte, spiccarono la difesa del Made in Italy e la regolamentazione degli Ogm.
Nel discorso della Merkel c’è una promessa: «Alla fine della presidenza tedesca, avremo più Europa: un’Europa in grado di affrontare il ventunesimo secolo meglio di oggi». Pandemia permettendo.