Misure anticiclichePer la fase due il governo recluta anche Moretti, l’economista che voleva far pagare (ancora) meno le donne

In un suo studio scriveva: «Potrebbe essere controproducente costringere i datori di lavoro, piuttosto che le donne, a sostenere l’onere economico delle mestruazioni»

William WEST / AFP

Da giorni in molti s’interrogano sulla ragione dell’improvvisa sparizione di Gunter Pauli dai nutriti elenchi dei consulenti reclutati a Palazzo Chigi per affrontare la pandemia: sarà stato forse per quelle bizzarre dichiarazioni circa il fatto che grazie al Coronavirus «la Terra respira di nuovo» o che «la soluzione non è più la disinfezione: la soluzione è rafforzare il nostro sistema immunitario con aria, acqua e cibo sani»? E cosa ci sarebbe di diverso dalle normali teorie anti-sviluppiste e alter-scientifiche del tipico guru dei cinquestelle, a cominciare dal capostipite, Beppe Grillo? 

Sia come sia, ecco che a mitigare almeno in parte la nostra angoscia è arrivata la notizia di un nuovo autorevole ingresso. Nell’ultima commissione approntata in questi giorni, la task force che dovrebbe cominciare a immaginare – con tutta calma, evidentemente – la famosa fase due, è entrato infatti anche l’autorevole economista italo-americano Enrico Moretti, professore a Berkeley, il cui saggio «La nuova geografia del lavoro» nel 2018 era finito anche nell’elenco dei libri preferiti di Barack Obama. 

Trattandosi di quella commissione composta non solo di aridi epidemiologi, ma anche di psicologi, sociologi, manager, chiamati a delineare il modo più razionale di ricostruire la nostra intera vita sociale, è forse utile sapere che Moretti, in un paper scritto con Andrea Ichino e dedicato a «Differenze di genere biologiche, assenteismo e gap salariale» (pubblicato come Discussion Paper per l’Institute for the Study of Labor di Bonn nel luglio 2006 e sull’American Economic Journal: Applied Economics nel gennaio 2009) sosteneva, sulla base di un’ampia ricognizione circa l’incidenza statistica del ciclo mestruale su presenza e produttività femminile sul lavoro, che tali dati avrebbero potuto avere concrete «conseguenze di policy», e in particolare che «potrebbe essere controproducente costringere i datori di lavoro, piuttosto che le donne, a sostenere l’onere economico delle mestruazioni» («Our findings may have policy implications. Forcing employers, rather than women, to bear the monetary burden associated with menstruation may be counterproductive»). 

Una concezione di politica anticiclica, ne converrete, piuttosto originale.

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