C’è il premier Giuseppe Conte, con i decreti e le dirette Facebook. Ci sono i virologi in tv, i presidenti di regione in prima linea, presunti esperti in cerca di visibilità, le conferenze stampa dei commissari. E il ministro della Salute dov’è? Più di qualcuno si chiede se non sia troppo defilato in mezzo ai tanti protagonisti che sgomitano in queste settimane. Dall’inizio dell’emergenza è stato quello che più di tutti, nel governo, ha spinto per le misure drastiche.
È stata sua l’idea, discussa e criticata, di bloccare i voli con la Cina, ancor prima che la pandemia scoppiasse nel nostro Paese. È stato lui a caldeggiare i provvedimenti restrittivi, le chiusure di scuole e attività economiche. Alfiere della linea dura in Consiglio dei ministri, magari in disaccordo coi colleghi. Alla fine la strategia di Roberto Speranza è stata accolta, pur con qualche ritardo e molti messaggi contraddittori di un esecutivo alle prese con un’emergenza epocale e inattesa.
Lavora sodo, il potentino classe 1979, romanista di adozione, una laurea in Scienze Politiche, un dottorato in Storia dell’Europa Mediterranea e un’esperienza alla Barilla da giovanissimo. L’ex capogruppo dem poi entrato in rotta con Renzi, oggi segretario di Articolo Uno, passa le sue giornate al Ministero. Da lì dirige le conference call, monitora la situazione degli ospedali e l’evoluzione dei dati. Lo descrivono come uno che si dà molto da fare, più coi fatti che con le parole. Molto presente al ministero, anche prima dell’emergenza Coronavirus.
Ha appena annunciato un bando per la ricerca sul Covid da 7 milioni di euro, promosso dal suo dicastero. Ma nuovi fronti si aprono ogni giorno e la confusione Stato-Regioni non aiuta. Prima le discussioni sull’uso dei tamponi, con regioni come il Veneto che hanno deciso di farli a tappeto. Ora la disputa sui test sierologici, quelli per scoprire chi è immune, su cui le Regioni vorrebbero procedere in ordine sparso mentre Roma invita alla cautela. E c’è chi lamenta il fatto che in questo momento prevalgano i tecnici sui politici, anche nelle decisioni cruciali.
L’economista Massimo D’Antoni l’ha buttata giù in modo piuttosto netto: «Un pensiero a Speranza, caso unico di Ministro della Salute che riesce a risultare quasi invisibile durante la più grande emergenza sanitaria da un secolo a questa parte». Critiche ingenerose in un momento delicato? Mediaticamente Speranza si vede e non si vede. C’è, ma non troppo. «Un profilo distaccato, laborioso ma umile», secondo Gad Lerner.
Non calca mai la mano, dosa parole e interventi. Non sbrodola e non sproloquia. Invita all’unità, chiede pazienza agli italiani perché «abbassare la guardia significherebbe vanificare tutti gli sforzi fatti». Non cede alle polemiche con le opposizioni (Salvini l’ha definito «coraggioso»), non duella con le Regioni. Nella guerra di tamponi, mascherine e posti letto, il ministro continua a lavorare. Ordinanze ministeriali, riunioni notturne, telefono sempre acceso e qualche tweet.
Alle conferenze stampa ai tempi del Covid, davanti ai microfoni si vedono il capo della Protezione Civile Borrelli, il direttore dell’Istituto Superiore di Sanità Brusaferro o il presidente del Consiglio di Sanità Locatelli. In televisione sfila un’agguerritissima schiera di virologi, infettivologi, immunologi. Da Galli a Burioni, da Rezza a Pregliasco. Gli scienziati prima dei politici.
L’agenda è piena, Speranza decide sulle ospitate tv all’ultimo minuto, in base alle emergenze quotidiane. Intanto imperversano gli esperti, si affermano volti “nuovi”, anche molto vicini al ministro. Come quello del professore della Cattolica Walter Ricciardi, nominato da Speranza suo consigliere al ministero. Lì siede anche il viceministro Pierpaolo Sileri, medico in quota Cinque Stelle che nelle settimane dell’esplosione del Coronavirus si è fatto conoscere dal grande pubblico.
Mediaticamente parlando, Roberto Speranza è un ministro prudente. «Ha paura di bruciarsi in questo momento così delicato», sussurra qualcuno che frequenta i corridoi del Ministero. Le sfide delle prossime settimane sono forse le più difficili, quelle in cui bisogna preparare una riapertura graduale delle attività, quelle della “convivenza col virus” in cui bisogna scongiurare nuove ondate di contagi.
Altrove in Europa, alcuni colleghi stanno giocando la partita della pandemia anche per ritagliarsi un ruolo sempre più centrale nello scacchiere politico dei rispettivi Paesi. Accade in Germania, con il ministro della Salute Jens Spahn, astro nascente della Cdu, considerato l’erede della Cancelliera Angela Merkel. In Italia la scena, oggi, è tutta del Presidente del Consiglio, che ha accentrato gesti e parole dell’emergenza. Speranza non sembra preoccuparsene. Più dietro le quinte che davanti ai riflettori, non sempre al riparo dalle critiche. Comunque premiato dai sondaggi: secondo Ipsos, nell’ultimo mese il ministro della Salute ha guadagnato 12 punti. E nella classifica di gradimento dei leader è terzo, dietro solo a Meloni e Salvini. Non proprio invisibile.