La videoricetta che meglio descrive il nostro rapporto con la cucina al tempo della pandemia è dell’utente Tiktok @rileybona, e ritrae la preparazione di una torta alle fragole casalinga: mani solerti stendono la pasta, tagliano fragole e (tocco bucolico) gettano gli avanzi alle galline nel pollaio, quindi intarsiano piccole greche nella pasta, infine infornano.
Non fosse per l’insistenza un po’ ossessiva per il lavaggio delle mani dopo ogni passaggio, sembrerebbe tutto “come prima”: finché un brusco cambio di inquadratura ci mostra un uomo – l’autore di questa strawberry pie così leziosa e instagrammabile, intuiamo – rannicchiato in posizione fetale in cucina, mentre dondola ritmicamente tenendosi la testa tra le mani. Lo straniamento produce un effetto comico – questa è l’intenzione – ma è anche una satira inquietante: ci mostra con spietatezza accurata come la cucina sia diventata una modalità privilegiata per gestire l’ansia collettiva che si è impennata insieme alla curva dei contagi.
La nostra è però una pulsione ambivalente: se da un lato cuciniamo come mai prima – di più, ovvio, ma anche in modo più ambizioso, se ci basiamo sulla penuria di lievito e farina sugli scaffali dei supermercati – dall’altro siamo anche stanchi di farlo. Come sintetizza lo storico magazine di cucina Bon Appetit, che in queste settimane ha orientato sulle necessità morali e materiali della pandemia la sua enorme collezione di ricette: “Dover cucinare ogni sera è un incubo, eppure è l’unica cosa a cui guardo con qualche aspettativa”. Cucinare è necessario, e quindi è un’incombenza: ma è anche la distrazione suprema. E il risultato finisce nello stomaco ma anche sui social (sempre “content”, no?): qui in Italia, le pizze e i pani fatti in casa sono diventati un topos della quarantena.
Nel frattempo, il resto del mondo preferiva il caffè. Non uno a caso, però: a diventare il beniamino dei social (TikTok in particolare, e Instagram subito dietro) è stato un miscuglio che in Corea si chiama dalgona, che non è in realtà ignoto ad altre latitudini: in Grecia, ad esempio, nei roventi pomeriggi d’estate si beve un “frappè”, sospettamente simile.
Il dalgona (anche “whipped coffee”, ma anche “TikTok coffee” per noi elder millennial) aveva tutte le carte in regola per diventare un fenomeno della quarantena: costa poco, gli ingredienti ce li abbiamo già tutti in casa, è bello da vedere, è buono, ma soprattutto: pur semplice da eseguire, richiede un po’ di tempo. Ecco, il tempo: l’unico superfluo di cui disponiamo in quest’epoca di “stretta necessità”. Dopo esserci lungamente lamentati perché ci mancava, tutto a un tratto ci siamo trovati ad averne troppo, eppure non sappiamo che farcene.
Ma ora basta filosofia, passiamo all’azione.
Ecco la ricetta: dosi per 1. Mescolare 2 cucchiai di caffè istantaneo, 2 di zucchero bianco, 2 di acqua bollente. A questo punto, i pigri estraggano le fruste elettriche, chi invece vuole una meditazione attiva impugni una frusta e sbatta il composto per circa 400 volte, come in questo video (ci vorranno 15 minuti). Qui il crepitio dei cubetti di ghiaccio nel bicchiere e il fruscio ritmico delle fruste contro la ciotola creano una sorta di episodio crossover tra un tutorial di cucina e l’ASMR, cioè quella sottocultura Youtube di video dove il suono di una spazzola passata sui capelli, o delle pagine di un libro sfogliate, provoca una piacevole sensazione di formicolio (se ciò che leggete vi suona completamente nuovo, beh, vi si sta per aprire uno dei rabbit hole più soddisfacenti della vostra vita online). Quasi magicamente, il composto diventa sempre più leggero e spumoso, fino ad assumere la consistenza di una meringa. Non resta che riempire un bicchiere di ghiaccio e latte per tre quarti, e colmare con la schiuma di caffè. Mescolare prima di sorbire (ma fotografare prima di mescolare). L’urto combinato di zucchero e caffeina vi offrirà un momento di gioia chimica, quasi un breve volo esaltante sopra le costrizioni di questa quarantena. Postare su Instagram.